Napoli. PAN. Bambini e musei, cittadini a regola d’arte. Un progetto di Luigi Filadoro.

Più informazioni su

    Articolo-intervista di Rita Felerico – L’arte linguaggio di formazione: creatività e didattica.

    L’evento inaugurato al Pan – Palazzo delle Arti Napoli – il 23 ottobre 2018 (e resteranno in mostra i disegni realizzati fino al 29) è il frutto di un percorso di ricerca e di impegno didattico che l’artista Luigi Filadoro persegue da tempo.
    Bambini e musei – cittadini a regola d’arte, così si legge nella locandina che accompagna e descrive una esperienza coinvolgente, dove protagonisti sono stati gli alunni e gli insegnanti di diversi circoli didattici, supportati da istituzioni quali la Certosa e il Museo di San Martino, il MANN, il Museo Madre e il Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa.
    Il Comune concede il patrocinio, sostenendo l’idea ispiratrice che nell’intervista di seguito riportata l’ideatore del progetto, l’artista Luigi Filadoro appunto, chiaramente descrive, dando spazio a riflessioni sul senso dell’arte oggi, sul suo valore educativo e sul suo ruolo di azione come strumento di cultura, di scambio esperienziale e di progettualità sociale.

    D. Luigi come nasce l’idea di questo progetto? e qual è la motivazione più forte che lo anima?
    R. Mi ha sempre interessato l’arte intesa come processo e la didattica è un “procedimento” dove il coinvolgimento e la partecipazione sono molto amplificati. Da anni sensibilizzo i dirigenti scolastici sul ruolo che l’artista può avere nella scuola e come può essere utile la sua presenza costante e la sua progettualità senza scopi apparenti e al di fuori di quel “previsto” che i progetti sempre richiedono. Ne ho trovato parecchi per fortuna, e alcuni di loro sono presenti in questa mostra con le loro scuole. I luoghi periferici, nei quali principalmente agisco, vivono una marginalità che è esclusione concreta dalla fruizione del bello, perciò il Museo come obiettivo mi è sembrato un luogo laboratoriale adatto, e anche spazio di incontro e di scambio tra bambini di scuole diverse e, in molti casi, di etnie diverse. Desideravo un coinvolgimento più attivo e ho proposto di riportare il “racconto” – iconico, ovviamente – e rielaborare l’esperienza utilizzando gli strumenti della grafica d’arte per produrre poster e guide. I bambini si sono molto appassionati e hanno vissuto il Museo in tutta libertà per fare “disegni dal vero”. Ci sono due motivazioni che animano questo progetto: senza dubbio, generare un senso di appartenenza verso il patrimonio artistico e l’arte, e quindi declinare un senso di “cittadinanza” attraverso la conoscenza storico-artistica del proprio territorio. Ma sempre, e sottolineo sempre, la motivazione più vera è ascoltare i bambini e i ragazzi nei loro pensieri, emozioni e espressioni e lavorare alla costruzione di uno spazio comune, autentico nel quale si riconoscano e imparino a sperimentare la propria soggettività.

    D. Rispetto alle tue esperienze precedenti cosa ha in più questo evento? E cosa rappresenta nel tuo percorso didattico e concettuale?
    R. Intanto ha propositi didattici più ampi. Farò l’allestimento nelle sale del PAN con i ragazzi di un liceo napoletano e ragazzi di scuola media inferiore di un istituto comprensivo di Ercolano con i loro genitori; poi, la mostra diventerà aula didattica decentrata, perché è tappa di una formazione rivolta a docenti, che ha per tema l’arte e l’inclusione. Ospiterò docenti delle scuole dell’ambito 14 che aderiscono al “Piano nazionale per la formazione dei docenti” organizzato dall’Istituto Comprensivo “46° Scialoja Cortese” e faremo “lezione” in maniera informale a partire dai lavori esposti. Poi, durante la sua permanenza al PAN le scuole che si prenoteranno potranno visitarla e fare laboratori gratuiti. In generale, chiarisce meglio una “poetica” che include la didattica e va nella direzione di opera ibrida, diffusa e partecipata e con riferimenti sempre più riconoscibili. In fondo, ci ritrovo tutte le passioni e i riferimenti artistici precedenti, che sono diventati elementi didattici costanti; forse quel che è veramente nuovo è il piacere del colore, le cui possibilità trovo entusiasmanti!

    D. Puoi in breve raccontare un episodio o un aneddoto che sia simbolo di questa esperienza?
    R. Dopo un laboratorio in un museo, durante il quale facevo incontrare due classi di quartieri differenti per una mostra su Beuys, poi realizzata nell’aprile 2017, una bambina nel salutarci mi abbracciò forte e mi disse “Maestro, grazie che ci vuoi bene!” , cogliendo in maniera precisa il quoziente affettivo e comunitario, che queste esperienze contengono. E’ un episodio che ricordo con molto affetto e che dinanzi alle tante difficoltà che spesso si presentano mi indica una strada precisa.

    D. Arte che si fa vita, non esperienza solipsistica. Quanto e cosa secondo te i bimbi di oggi porteranno nel loro futuro di uomini?
    R. Difficile dire. Ultimamente, però, ho incontrato bambini di una scuola di Ercolano con cui tre anni fa ho fatto un bel lavoro esposto al Museo MAV e ti assicuro che ho ritrovato una gioia incredibile e intatta e un’attesa per questo incontro. Forse questo aspetto “affettivo”; poi, metto sempre in evidenza – con strumenti e modi comprensibili ai piccoli – che l’arte è espressione di idee, che le immagini hanno un loro specifico significato: spero che conservino questo modo d’indagare e di incuriosirsi, e tutti i racconti che le opere ci suggeriscono … in fondo le immagini non sono mai prive di conseguenze, costruiscono un immaginario.

    D. Noi e l’arte contemporanea. Si può delineare un rapporto?
    R. Penso sia più naturale e ovvio di quel che si pensa e lo sperimento, continuamente, con i bambini e i ragazzi. Probabilmente non siamo abituati a considerare lo sguardo come “dispositivo” per conoscere, non comprendiamo fino in fondo l’aspetto “relazionale”, che lo sguardo può intrattenere con un fenomeno, estetico in questo caso. Nelle ragioni e negli auspici di molte neoavanguardie più recenti lo spettatore è considerato come elemento dell’opera, come colui che la completa con il suo fruire colto e competente. Gli specchi e la soglia di Pistoletto, le scritte dell’arte concettuale, che interrogano lo spettatore, le tante “macchine artistiche” che cercano un contatto per essere animate vanno viste in questa direzione. Poi, il mercato, come in tutti gli ambiti, ha assunto il ruolo di mediatore esclusivo. La mostra “Assemblaggi creativi” fatta nel 2017 nelle sale della collezione farnese del Museo Archeologico Nazionale di Napoli puntava su Joseph Beuys, sul suo impegno ambientalista, sulla sua visione dell’arte come generatrice di arricchimento della condizione e del benessere esistenziale degli individui. Ci hanno partecipato oltre 700 bambini, che hanno guardato con simpatia e affetto a questo artista col cappello di feltro e la zappa in mano e hanno dato, di fronte alla visione di video e performance che ho utilizzati per presentarlo, interpretazioni, talvolta, veramente sorprendenti! Sono aspetti che a mio avviso non vanno trascurati, così come mai bisogna dimenticare che, nonostante l’arte contemporanea per sua natura intrattiene un rapporto intimo con l’effimero, è una cosa seria e come tale va proposta anche ai bambini.

    D. Le tappe della mostra e del progetto. Il tuo sguardo futuro?
    R. La mostra andrà in altri luoghi e ci sono già molti contatti e qualche data. Lo sguardo sul museo non si è esaurito in questa fase, anzi tutt’altro: questa mostra è la messa a punto di un metodo che si arricchirà di altri capitoli. Oltre il museo, però, guardo a contesti “professionali”, dove ci sono saperi e modalità poco frequentati dalla scuola e verifico l’interesse e la curiosità dei bambini e dei ragazzi e il loro ruolo, come sempre, attivo e partecipato… e già ci appassioniamo ad altri progetti: in fondo è la natura e il ruolo dell’arte, quando è “dimensione”, generare e dare a vedere ulteriorità!

    Più informazioni su

      Commenti

      Translate »