Intervista a Raffaella Forgione, a cura di Maurizio Vitiello.

Più informazioni su

    Intervista di Maurizio Vitiello – Alle dieci domande risponde l’architetto e ingegnere Raffaella Forgione.

    MV – Oggi è problematico riuscire a entrare in qualsiasi ambito lavorativo. Per il campo dell’architettura e per lo spaccato ingegneristico quali le difficoltà, oggi, a Napoli e in Campania?
    RF – Le difficoltà che si riscontrano nell’accesso alla professione di architetto e ingegnere sono in gran parte dovute al mutamento sostanziale che il mercato del lavoro ha subito negli ultimi decenni. L’abolizione delle tariffe professionali ha assestato il colpo finale, favorendo i grandi studi professionali e le società di ingegneria che spesso, per essere competitivi, sfruttano il lavoro sottopagato prodotto dai giovani iscritti. Il mantenimento dell’apertura di una partita IVA ha costi davvero insostenibili, perché anche in assenza di incarichi un professionista deve pagare i contributi previdenziali annuali, l’iscrizione all’ordine di appartenenza, l’assicurazione professionale, la formazione obbligatoria, oltre alle spese per uno studio, se desidera lavorare in proprio. Naturalmente, come ben noto, non ci sono né ferie né malattia pagate. Forse, per le piccole partite IVA la “flat tax” può rappresentare uno spiraglio di luce dopo anni in cui il professionista si è ritrovato a pagare costi davvero esorbitanti.

    MV – Puoi raccontarci dei tuoi passi in questi due ambiti?
    RF – Ho iniziato a lavorare da libera professionista, aprendo subito la mia partita IVA e non ho mai pensato di lavorare per un altro studio, che non fosse il mio. L’Istituto ecclesiastico proprietario del complesso monumentale dell’abbazia di Santa Maria di Realvalle di Scafati, che era stato il mio argomento di tesi, mi ha affidato il restauro di un convento settecentesco, Santa Maria del SS. Rosario denominato Santa Croce in Castellammare di Stabia, dopo che mi ero specializzata in restauro. Una grande iniezione di fiducia, anche se soprattutto nella fase iniziale è stato molto difficile sostenere le spese di studio. Con l’abolizione delle tariffe professionali e la crisi dell’edilizia le commesse sono diminuite, ma io ho proseguito la mia attività nel settore del restauro e della ristrutturazione di appartamenti storici. Quando ormai avevo consolidato la mia esperienza, mi sono ritrovata per caso a partecipare ad una selezione nazionale per architetti esperti in restauro, che avrebbero dovuto occuparsi del Grande Progetto Pompei e l’ho vinta. E’ stata un’esperienza davvero eccezionale: tra i tanti interventi che mi sono stati affidati, sono stata anche il direttore dei lavori e progettista esecutivo del restauro di apparati decorativi pittorico-pavimentali, oltre che il responsabile del procedimento, progettista e direttore dei lavori di due progetti di valorizzazione dei Praedia di Giulia Felice, prima domus completamente percorribile da un’utenza ampliata grazie all’inserimento di passerelle di acciaio e legno. E’ stato davvero importante l’approccio multidisciplinare al restauro e la possibilità di condividere conoscenze ed esperienze con tanti architetti, ingegneri, archeologi, in un luogo davvero unico al mondo.

    MV – Un giovane sarebbe motivato, oggi, a scegliere architettura all’università?
    RF – Credo che l’architettura sia una delle materie più belle e affascinanti da studiare, anche perché consente di poter fare quello che si desidera nella vita, ti apre panorami impensabili. Come scriveva Victor Hugo, l’architettura è il grande libro dell’umanità.

    MV – Quali le facoltà migliori in Italia?
    RF – In base all’ultima classifica del Censis al primo posto generale si colloca la Facoltà di Architettura di Ferrara (106 punti, l’anno scorso erano 110), seguita da quella di Trieste (101 punti, e non più da quella della Basilicata) e da quella di Catania (91,5 punti).

    MV – Quali le prospettive di miglioramento e gli orizzonti positivi per i giovani e futuri architetti e ingegneri?
    RF – Credo sia importante avere in mente le infinite possibilità che la professione consente di esplorare, non fermandosi a quella del classico progettista.

    MV – Aver lavorato nell’ambito del Ministero dei Beni Culturali cosa ti suggerisce a livello di futuro sviluppo di lavoro delle nuove generazioni?
    RF – Il settore dei Beni Culturali necessita di una riforma vera che riporti la tutela e valorizzazione dei siti al centro dell’attenzione della politica, mentre spesso l’utilizzo dei nostri monumenti si è spinto a travalicare i limiti che i principi della conservazione e del restauro dovrebbero imporre. Sembra che l’unico elemento su cui i passati governi si siano focalizzati sia stato il riscontro economico. Eppure, i dati del Ministero dei Beni Culturali parlano chiaro: numero troppo esiguo di risorse umane rispetto al vastissimo patrimonio culturale italiano da tutelare e restaurare, stipendi davvero bassi, non adeguati alle professionalità che si richiedono.

    MV – Che pensi degli archi-star, italiani e stranieri?
    RF – Hanno certamente il potere di porre l’attenzione sui temi dell’architettura che nel nostro paese non è in grande considerazione. Come ha dichiarato Jean Nouvel :“Spazio, spazio: gli architetti parlano sempre di spazio! Ma la creazione di uno spazio non significa automaticamente architettura. Con lo stesso spazio, è possibile fare un capolavoro o causare un disastro.” Ecco, forse, noi abbiamo assistito a troppi disastri, è arrivato il tempo di ri-cucire il tessuto urbano e anche il senso del vivere moderno, in una nuova chiave che accolga passato e presente, riconoscendo allo spazio un significato che senza mistificazioni di sorta conduca alla centralità dell’essere umano e al contempo preservi la memoria dei luoghi.

    MV – Quali architetture a Napoli sono da salvaguardare?
    RF – Napoli è il monumento di se stessa, è composta da tali e tante stratificazioni che non è possibile scegliere una parte. Dobbiamo avere la consapevolezza di avere tra le mani un gioiello, che come un diamante può avere mille sfaccettature. Va salvaguardata in ogni sua parte, ponendo grande attenzione e cura alla lettura dei suoi vicoli, palazzi, strade, bellezze naturali.

    MV – Quali architetture proporresti per rilanciare il tessuto urbano di Napoli?
    RF – Partirei sicuramente dai luoghi della bellezza negata: Napoli est e Bagnoli.

    MV – Gli architetti possono cambiare il volto di una città?
    RF – Gli architetti creano la città insieme ai loro abitanti. Come ha dichiarato Renzo Piano “quello dell’architetto è un mestiere antico come cacciare, pescare, coltivare ed esplorare. Dopo la ricerca del cibo viene la ricerca della dimora. Ad un certo punto, l’uomo, insoddisfatto dei rifugi offerti dalla natura, è diventato architetto”. Ecco io credo che ogni uomo e ogni donna siano sempre alla ricerca della casa come luogo dell’anima in cui riconoscere se stessi e il mondo, semplicemente per sentirsi accolti e protetti. La città è un luogo multi-culturale e multi-etnico, che, spesso, racconta la storia di persone che provengono dai luoghi più lontani del mondo. Napoli in tal senso è un esempio straordinario e la sua storia può insegnare tanto.

    Più informazioni su

      Commenti

      Translate »