Bassolino 14esima assoluzione per le cause su emergenza

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Non passa la linea dell’accusa e Antonio Bassolino incassa un’altra sentenza in suo favore: assolto.
Assolto con la formula più ampia, «perché il fatto non sussiste», scagionato a distanza di sette anni dalla notifica del primo atto investigativo: questa volta era finito sotto processo con l’accusa di peculato, in relazione alla gestione della cabina di regia del commissariato anti emergenza dissesto idrogeologico in Campania.
Aula 110, sono da poco passate le quattro del pomeriggio in un Palazzo di giustizia sferzato dal vento delle peggiori giornate, quando il Tribunale pronuncia l’ultima assoluzione per l’ex governatore della Campania: è la diciottesima assoluzione, per la precisione, a partire dalla metà degli anni Novanta, un verdetto che arriva nonostante la richiesta di condanna pronunciata ieri dalla Procura di Napoli. È toccato al pm Valeria Sico nella tarda mattinata di ieri chiedere una condanna a sette anni di reclusione per Bassolino, e cinque per il secondo imputato, Fernando De Angelis, ex responsabile alla contabilità della cabina di regìa nata ad hoc per gestire l’emergenza dissesto idrogeologica in Campania.
Una costola della Protezione civile, quel gruppo di lavoro: uno staff affidato nel decennio scorso alla guida del presidente della Regione, con il compito di armonizzare interventi e risorse in una materia che proprio in questi giorni è tornata alla ribalta dell’agenda istituzionale: il dissesto idrogeologico, il pericolo rappresentato dalla mancanza di cultura per l’ambiente regionale.
IL CASO
Nato nel 2001, il commissariato sul dissesto idrogeologico voleva essere una risposta all’alluvione di Sarno, nello stesso periodo in cui nel Napoletano e in altri spaccati territoriali della nostra regione si verificavano altre sciagure provocate dalla cattiva gestione del territorio.
Ieri dunque un punto fermo sulla storia degli straordinari, sui presunti sprechi individuati all’interno di un preciso gruppo di lavoro.
Soddisfazione da parte del collegio difensivo, rappresentato dai penalisti Giuseppe Fusco, Massimo Krogh, Matteo De Luca, Guglielmo Scarlato al termine di un braccio di ferro serrato con il pool mani pulite della Procura di Napoli. Spiega l’avvocato Krogh: «Si tratta di una sentenza giusta, che ristabilisce la verità dei fatti e l’inconsistenza delle pesanti richieste formulate dall’accusa».
Ma torniamo in aula, anzi, torniamo alle conclusioni investigative sull’emergenza dissesto idrogeologico. Si parte da una relazione del servizio ispettivo di Finanza pubblica, un documento attraverso il quale è stato messo a fuoco il monte degli straordinari concessi agli esponenti della struttura commissariale: in sintesi, sotto i riflettori finiscono alcune ordinanze con cui «i funzionari pubblici beneficiari avrebbero visto decuplicate le proprie indennità».
Straordinari a pioggia e «indennità forfettarie e ingiustificate», secondo i calcoli della Procura di Napoli, che avrebbero raggiunto il tetto di euro 585.538,70, per la sola gestione dei dipendenti in una cabina di regìa che non avrebbe avuto il merito di risolvere la questione dissesto nella nostra regione.
INDENNITÀ DECUPLICATE
In particolare l’attenzione si concentra su un’ordinanza commissariale con la quale venne disposto un aumento di dieci volte delle indennità dei dirigenti con l’obiettivo di scongiurare altre calamità nelle zone a rischio della regione, cioè nelle province di Napoli, Avellino e Caserta.
Un’inchiesta condotta dalla Procura di Napoli negli stessi anni in cui venivano ultimate (o portate dinanzi ai giudici) altre vicende giudiziarie che hanno visto coinvolto l’ex governatore Bassolino. Tutte inchieste che sono culminate in archiviazioni o assoluzioni, che nascevano dalla gestione di una serie di emergenze registrate sul nostro territorio: liquami, impianti di cdr, collaudi, epidemie. Chiara la strategia investigativa coltivata dalla Procura di Napoli a partire dalla fine dello scorso decennio: l’emergenza produce finanziamenti pubblici, appalti sbloccati con la procedura d’urgenza, carriere e rendite di posizione di sapore clientelare. Teoremi che non hanno convinto i giudici, come per l’inchiesta che ieri pomeriggio – a distanza di sette anni dal primo atto garantito – ha prodotto un’assoluzione con la formula più ampia: perché il fatto non sussiste. Leandro Del Gaudio, Il Mattino

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