Cittadinanza vietrese ad Antonio Tajani – Vietresi sempre pronti a lustrare le scarpe al “potente” di turno, non era meglio Scarrafone?

Vietri sul mare, Costiera amalfitana . Riceviamo e pubblichiamo . Cittadinanza vietrese ad Antonio Tajani – Vietresi sempre pronti a lustrare le scarpe al “potente” di turno – Perché non dare piuttosto la cittadinanza onoraria al senegalese Scarrafone (alias Dogo)?

Antonio Tajani: schiaffi, sconfitte e video-tape

Andrea Fabozzi

il manifesto

18.01.2017

Il personaggio. Storia politica del neo presidente del parlamento europeo: la lenta ascesa di un giornalista monarchico

Un braccio rotto e uno schiaffo in faccia. Sono i due passaggi politici più rilevanti della prima vita di Antonio Tajani. Fino al giorno in cui Silvio Berlusconi lo pescò quarantenne nella redazione del Giornale di Montanelli per farne il primo portavoce di Forza Italia, aprendogli le porte della politica adulta. Il braccio glielo ruppero a scuola, al liceo Tasso di Roma, stessi anni di Veltroni, Gasparri e Gentiloni. C’era il ’68 e lui era monarchico. Anche se più appassionato del biliardino che della lotta politica.

Dopo l’incidente, il padre, generale dell’esercito, e la madre, professoressa di latino, casa ai Parioli, lo convinsero a cambiare scuola; lui quando ne ebbe l’età votò per i fascisti del Movimento sociale. Eppure sul finire degli anni Ottanta fu proprio un fascista repubblichino, l’onorevole Alfredo Pazzaglia, a schiaffeggiarlo in transatlantico a Montecitorio, luogo di lavoro di Tajani nel frattempo diventato cronista parlamentare del Giornale. La colpa: un articolo sgradito sul congresso che doveva scegliere l’erede di Almirante. Tajani conosceva bene l’ambiente: prima che con Montanelli aveva lavorato alla rivista il Settimanale, chiusa quando l’editore (il democristiano di destra Massimo De Carolis, uno dei leader della «maggioranza silenziosa») risultò iscritto alla loggia P2.

Agganciato dal Cavaliere, il debutto di Tajani sul palcoscenico nazionale coincide con un passaggio diventato storia. Fu proprio lui a spedire alle redazioni televisive la famosa videocassetta in cui Berlusconi, filtrato dalla calza di nylon, annunciava la «discesa in campo». Tutte le tv rilanciarono e alle polemiche il nostro, nel ruolo di portavoce, replicò: «È solo un comunicato stampa dei tempi moderni». Candidato alla camera per Forza Italia in Puglia, non era destinato a trovare spazio nel parlamento italiano. La lista fu esclusa per irregolarità. Sembrava una disdetta per il giornalista (nonché ufficiale dell’aeronautica militare), fu invece la sua fortuna. Pochi mesi dopo il partito del Cavaliere lo elesse al parlamento europeo. Da dove non si è più mosso, perché sconfitto nel ’96 nel tentativo di ri-assalto alla camera dei deputati e nel 2001 nella sfida a Veltroni per il Campidoglio.

A lui Berlusconi ha affidato per anni la guida di Forza Italia a Roma e nel Lazio, di lui si è sempre ricordato nel momento in cui ha potuto designare un commissario europeo. Ma a Bruxelles e Strasburgo Tajani non ha mai dimenticato la sua passione giovanile, promuovendo appelli e mozioni per il rientro dei Savoia in Italia. Del resto il neo eletto presidente del parlamento europeo non ha mai trascurato le visite alle tombe reali del Pantheon. E fino a qualche anno fa festeggiava l’anniversario della Repubblica italiana, il 2 giugno, riunendosi con i monarchici per gridare «viva il re».

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