Castellammare la sfida senza partiti

Più informazioni su

Castellammare di Stabia al voto. Una bella analisi dell’inviato del Mattino di Napoli Adolfo Pappalardo Nella Castellammare che fu c’era un’unica certezza dalla culla alla tomba: l’appartenenza politica. Che fosse la tessera della Dc declinata sulla gavianea corrente del golfo o quella del potentissimo Pci. Oggi, invece, all’ombra di un Municipio orrendamente ingabbiato per il rischio di calcinacci in caduta, candidati sindaco e schieramenti hanno perso pure il conto dei giri di valzer tra i partiti via via abbracciati. «E alla fine, paradossalmente, il fenomeno da baraccone sono diventato io che non mi sono mai spostato di un millimetro», sospira sornione Tonino Scala, 44 enne ex consigliere provinciale e regionale di Rifondazione, Sel e ora Sinistra italiana che corre con una sola lista, quella di Leu. A dargli una mano Salvatore Vozza, l’ultimo sindaco che riuscì a chiudere il suo mandato nel 2010. Perché da allora palazzo Farnese è riuscito a stritolare e ingoiare ben tre sindaci in otto anni, compreso gli ultimi due democrat per veleni della stessa maggioranza. Altro che canis canem non est (cane non mangia cane) quindi…
LO SCENARIO
Nella società stabiese politicamente fluida i recinti tra partiti sono ormai saltati. E, quindi, trovi Massimo De Angelis, ex forzista ora appoggiato orgogliosamente dal Pd; Gaetano Cimmino, ex segretario locale Pd ma ora in corsa per il centrodestra; Andrea Di Martino, ex segretario di Rifondazione ed ex vicesindaco di area Pd ora a capo di una coalizione di moderati e infine, last but not least, il candidato grillino Francesco Nappi, ex An. Ma nessuno si sente un voltagabbana e, anzi, alza spallucce quando glielo fai notare. «Un progetto in chiave antipopulista. L’intesa sul mio nome nasce dal centrodestra che però, e lo apprendo dai giornali, infine punta su un altro nome all’ultimo minuto. Ma il Pd ha deciso di convergere su di me», dice il farmacista De Angelis, ex candidato azzurro alle politiche che sfata la leggenda di collezionare cimeli fascisti («No, quello è mio fratello»). «Un progetto macronista, dov’è lo scandalo?», rincara il segretario democrat Nicola Corrado. E così Cimmino per il centrodestra: «Ancora con questa storia? Sono stato segretario del Pd per appena 3 mesi e venivo dalla Margherita. Parliamo di 10 anni fa». Che poi, per inciso, è il periodo più buio della storia recente di Castellammare: era il 2009 e 4 killer, di cui 2 iscritti al Pd, uccisero il consigliere comunale Gino Tommasino. E Cimmino era segretario. Storia sepolta di cui nessuno vuole parlare anche se l’ex vicesindaco Di Martino fa notare come lo scenario di domenica sia opaco: «Ho denunciato al prefetto come due consiglieri uscenti e ricandidati con Cimmino hanno scelto, senza sorteggio, gli scrutatori. Mentre un altro, Antonio Atte, fa campagna elettorale regalando, per sua stessa ammissione, pacchi di pasta. Senza parlare di certi candidati…. Ma io e Scala siamo stati gli unici ad aver spedito le nostre liste alla commissione antimafia per farle valutare». Perché poi Scala e De Martino, amici da una vita nel partito ma ora candidati sindaco su fronti opposti, capita di incontrarli nei loro giri elettorali mentre percorrono un tratto di strada assieme. La famiglia è famiglia, of course e De Martino, appoggiato anche da un pezzo del Pd compreso l’ex sottosegretario renziano Migliore, sa bene come in caso di ballottaggio i voti di Scala valgano più dell’oro. Ma attenzione, perché le sciabolate non mancano. «Sono i centristi di Andrea ad aver mandato all’aria le ultime tre amministrazioni», tuona proprio Scala dal balcone della vecchia sede del Pci nel centro storico (negli anni d’oro Botteghe Oscure qui ne aveva ben 4) dove, con fare eduardiano, registra ogni giorno un video elettorale che è seguitissimo.
LO SVILUPPO
Se tralasci il nodo delle antiche Terme (fallite), delle 28 sorgenti d’acqua di cui il Comune ha pagato i diritti di estrazione ma ora non sa cosa farsene, il bubbone vero rimane quello di Fincantieri che dà ora lavoro a 800 persone. Ovvero l’ultima grande azienda rimasta in un comune dove insistono, come castelli della nobiltà decaduta delle tute blu, decine e decine di scheletri di ex grandi fabbriche. Il cantiere navale è l’ultimo avamposto ma dal piano industriale dell’azienda si intuisce che se non si faranno investimenti, per ora non programmati, nel 2020 si andrà alla chiusura. Praticamente dopodomani. Una bomba sociale già innescata. «Puntare sul turismo», dicono in coro tutti i candidati che dell’incubo chiusura non hanno il coraggio di parlare chiaro in questa campagna elettorale. Ma la situazione è nota: perché tra i 600 aspiranti consiglieri ci sono quasi tutti gli ex delle ultime tre consiliature. Maggioranze e opposizioni. Tanto qui steccati e tessere di partito sono ormai preistoria.

Più informazioni su

Commenti

Translate »