Pompei. Nuovi ritrovamenti intorno alla villa che appartenne a un senatore: un uomo, il suo cavallo, un calesse

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Anfore, bronzi e scheletri. Un paio. Uno di un uomo. L’altro di un equino. Forse un cavallo. Basta scavare, in area pompeiana, per riportare alla luce tesori materiali o scientifici di inestimabile valore. Così come è accaduto, ancora una volta, nel cuore del Pagus suburbanus, ovvero in quel territorio che si stende fuori le mura del centro urbano, a nord e a sud della Pompei romana. La scoperta di questi nuovi tesori è stata fatta a qualche centinaio di metri a nord della Villa dei Misteri, in un terreno che era stato indagato agli inizi del secolo passato e che già allora aveva consentito di intercettare una villa di inestimabile valore. A far partire l’intervento di scavo attuale (che viene fatto con la supervisione degli archeologi dell’ex Soprintendenza autonoma) e le successive scoperte, sulle quali il direttore generale del Parco Archeologico di Pompei, professor Massimo Osanna, dovrebbe dare notizia a breve in una conferenza stampa, sarebbe stato il sequestro fatto dalla Procura di Torre Annunziata nove anni fa. Nel giugno del 2009 i carabinieri della compagnia oplontina, guidati dall’allora capitano Luca Toti, intercettarono un tombarolo che attraverso un cunicolo, scavato a più di sei metri di profondità, stava letteralmente spogliando la villa dei suoi pezzi pregiati, molti dei quali quasi certamente erano stati già immessi sul mercato clandestino e venduti ai collezionisti quando l’uomo venne scoperto, perché gli vennero sequestrati «soltanto» un puteale in creta, una pentola con coperchio, delle macine e un mortaio, fondi di anfore olearie, resti di un palco di corna di cervo e una serratura in bronzo. Insomma una villa che se agli inizi del ‘900 venne stimata di grossa importanza, ora più che mai sembrerebbe poter restituire tesori e documentazioni capaci di fornire nuove tessere per una migliore, più approfondita comprensione di quel grande «mosaico» di storia, cultura, arte e scienza rappresentato da Pompei. Scienza, perché ogni rinvenimento di nuovi reperti organici, come appunto quello di uno scheletro umano, è una vera e propria manna sia per gli antropologi sia per gli scienziati che studiano le patologie antiche e le loro mutazioni. Quei miseri resti saranno difatti studiati nei minimi particolari dagli specialisti. Identico il discorso per lo scheletro di equino. Circa le decorazioni parietali, in genere del cosiddetto III stile (o ornamentale: colonne, candelabri, fiori), vanno registrate tanto le voci che le dicevano «mediocri» sostenendo che «tuttavia esse meritavano di essere conservate» potendo stare alla pari di altre trovate in ben più famose domus scoperte in città, quanto quelle che indicavano il notevole valore delle decorazioni del IV stile trovate nell’ambiente «cinque», con architetture fantastiche di grande scenicità. Ma c’è di più. Ci sono voci, e come tali vanno registrate perché le bocche degli addetti ai lavori sono più che serrate, che dicono di rinvenimenti di «mezzi da trasporto» perfettamente conservati. Forse si tratta di un carretto utilizzato dalla servitù per trasportare derrate e carichi. Ma potrebbe trattarsi anche di qualcosa di più importante. La villa, si dice – ma se non si trova un sigillo non la si può attribuire – sia appartenuta a un uomo politico influente, un senatore della corte di Vespasiano. Certo è che là, in contrada Civita Giuliana, allora area del comune di Boscoreale, il marchese Giovanni Imperiali che scavò su concessione dell’Ufficio Scavi di Pompei, della Direzione del Museo di Napoli e del ministero dell’epoca nel fondo di cui era proprietaria sua moglie, Maria Corsi dei Baroni di Turri e Moggio, trovò di tutto. Trovò un ampio peristilio, stanze affrescate, suppellettili, arredi, oggetti di bronzo e di ferro e il corpo di un uomo che teneva stretto un sacchetto dove aveva messo il tesoro di famiglia: due pesanti armille d’oro massiccio, tre anelli d’oro con pietre incise, due orecchini con perle pendenti, una statuetta d’argento raffigurante Mercurio, un mestolo d’argento e un imbuto, pure in argento. Oltre a numerose monete d’oro e a una collana in pasta vitrea, tra molte altre. E poi venne fuori il settore rustico, con i locali destinati alla produzione del vino e alla sua successiva conservazione. In totale trecento metri quadrati di superficie, ma quella villa-fattoria non venne mai del tutto scavata. Nel 1955, difatti, nuove indagini archeologiche misero in luce altre strutture per-tinenti allo stesso complesso ma poste sul lato sud. Ora lo scavo. Forse definitivo. E nuove scoperte. Importanti. Anche perché la villa potrebbe costituire il «cardine» attorno al quale far «girare» il nuovo ingresso degli scavi di Pompei, dal lato di Porta Vesuvio. Su Civita Giuliana. Come si augurano in molti, puntando sul futuro della «Buffer zone» dell’area nord. (Carlo Avvisati – Il Mattino)  

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