Scialba nel primo tempo, aggressiva nel secondo: l’analisi del pari granata a Bari

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    Dopo un primo tempo scialbo, povero di contenuti tecnici ed agonistici, caratterizzato da qualche affanno tattico di troppo, nella ripresa la Salernitana, strigliata da Colantuono durante l’intervallo, si avvale dell’ingresso in campo di Rosina e Rossi, cambia le mansioni tattiche di Kiyine e crea i presupposti per portare a casa il meritatissimo pareggio siglato da Alessandro Tuia. Un punto che fa dimenticare la parziale amarezza patita ad Empoli, dove la squadra comunque aveva fatto bene, e regala serenità al gruppo in vista del finale di stagione.
    Le squadre iniziano la gara con assetti speculari (4-3-3), entrambi attenti a fare densità in fase di non possesso (4-1-4-1), con i quattro esterni d’attacco puntuali a fornire il loro contributo difensivo. La gara è decisamente tattica, condotta dal Bari che si avvale della qualità in fase di costruzione garantita dai due centrali difensivi (Gyomber e Marrone), sempre pronti a supportare in regia il volitivo Basha. Una soluzione tattica che crea qualche problema agli uomini di Colantuono, che si trovano spesso in inferiorità numerica in mezzo al campo. Infatti, le mezzali granata (Odjer e Minala) sono spesso costrette ad abbandonare la loro posizione davanti alla difesa per contrastare le avanzate di Marrone (centrosinistra) e Gyomber (centrodestra). Quando i meccanismi difensivi funzionano bene (esterni d’attacco, Di Roberto e Kiyine, si abbassano e stringono al centro), la manovra del Bari non regala sbocchi particolari. Ma i movimenti collettivi e le marcature da scalare degli ospiti non sono sempre perfetti, compresa la riluttanza della linea difensiva granata ad accorciare sulla mediana; ed allora accade che Iocolano (centrosinistra) ed Henderson (centrodestra) godono di eccessiva libertà tra le linee salernitane di difesa e centrocampo. Problematica acuita dallo sviluppo dell’azione che spesso mette Cissé (esterno d’attacco sinistro del Bari) nella condizione di puntare l’uomo o di dettare il passaggio tagliando al centro. La difesa granata, pur giocando spesso a palla scoperta, si mantiene però solida e vigile. La Salernitana subisce, è costretta a correre spesso a vuoto sulle verticalizzazioni baresi, che finiscono per sfiancare ancora di più un centrocampo strutturalmente incapace di velocizzare la manovra e dar vita a spunti imprevedibili. Ne consegue, pertanto, la difficoltà ad incidere dello già spuntato tridente offensivo granata (Di Roberto, Palombi e Kiyine). Però la squadra di Colantuono resta nei limiti di una sofferenza fisiologica, fin quando l’ennesima verticalizzazione barese trova ancora una volta libero Henderson ai trenta metri; la mezzala scozzese prova un tiro cross che trova la deviazione fortuita di Minala, prima di beffare un Radunovic non irreprensibile. Il tecnico salernitano ordina ad i suoi uomini maggiore aggressività, imponendo a Signorelli di essere più pressante sulla regia dal basso di Basha. Il rimedio è peggiore del male, perché Iocolano finisce per godere di spazio ancora maggiore nella trequarti granata, anche perché Odjer è costretto ad uscire continuamente sulle avanzate di Marrone. Il Bari, in questa fase del match, avrebbe gli spazi e la serenità per assestare il colpo del ko, ma non è abile ad approfittarne. Merito della difesa ospite che regge bene l’urto, anche se in qualche circostanza essa potrebbe organizzarsi meglio nelle uscite sui trequartisti avversari. I granata non riescono a pungere, creando qualcosa solo quando provano ad aggredire lateralmente (Palombi e Di Roberto) l’alta linea difensiva pugliese; purtroppo l’ex cesenate non approfitta dell’intempestiva uscita di Micai e fallisce il gol del pari che sembrava cosa fatta. Sul finire del primo tempo s’inizia ad intravedere la svolta tattica che balena nella mente di Colantuono: Kiyine funge spesso da trequartista ed inizia a dettare ai compagni le verticalizzazioni in grado di attivarlo. Ma le azioni non hanno alcun sviluppo rilevante, con l’arbitro che sancisce la fine parziale delle ostilità.
    Il secondo tempo si apre con il doppio cambio effettuato da Colantuono: dentro Rosina e Rossi, fuori Signorelli e Di Roberto. Rivisitazione tattica del match che rende ancora più palese il cambio di strategia calcistica intravisto nei minuti finali della prima frazione di gioco. La Salernitana passa al 4-3-1-2, con Rosina ad agire da trequartista e le due punte (Palombi e Rossi) a giocare piuttosto larghe, salvo accentrarsi e fare densità con il fantasista ex Toro in alcuni momenti del match. La mossa dell’ex trainer atalantino sortisce effetti immediati. Innanzitutto, Kiyine recupera il ruolo di mezzala, che è quello in cui si esprime meglio, cominciando finalmente ad entrare in partita e ad essere incisivo. Il nuovo tridente granata suggerisce alla linea difensiva barese di restare bloccata, ciò consente alla Salernitana di far valere la superiorità numerica a centrocampo, di trovare spesso Kiyine smarcato nella trequarti biancorossa e, infine, di sfruttare con i cambi di gioco del marocchino, soprattutto a destra (Casasola), le sovrapposizioni degli esterni bassi granata. Il Bari è in difficoltà, perché anche l’attacco non partecipa con continuità alla fase difensiva, lasciando Basha e compagni in balia del maggior tasso tecnico di una Salernitana rivisitata negli uomini e nella tattica. Gli ospiti sfiorano il pari con Palombi che, servito da Rosina, trova solo la deviazione di piede di Micai. La Salernitana ha più qualità, sfrutta meglio gli spazi a disposizione e, pur non creando tantissimo, esercita una pressione costante sulla retroguardia locale. I granata guadagnano punizioni decentrate ed alcuni tiri dalla bandierina: su uno di questi, calciato da Vitale, Tuia s’avvita in area barese, colpisce di testa il pallone e lascia pietrificato l’incolpevole Micai. Grosso prova a mescolare le carte, nel tentativo di riprendere tra le mani il pallino del match, inserendo Busellato e Brienza al posto di Nenè e Iocolano. I galletti si schierano con un 4-3-3 versatile, chiedendo a Brienza di agire a tratti da centravanti di manovra/trequartista, con Improta e Cissè leggermente più decentrati. I granata, contando su un vivido Rosina, conservano la superiorità numerica nella zona nevralgica ma non riescono a sfruttarla in pieno, perché spesso la circolazione del pallone è lenta e macchinosa. Quando la sfera viene mossa nei tempi giusti, la sovrapposizione di Casasola diventa quasi sistematica, mentre Palombi incespica sull’immediata verticalizzazione operata da Minala. Il Bari resta sostanzialmente in soggezione rispetto ai rivali, ma qualche larvato tentativo offensivo ritorna a proporlo, soprattutto con l’imprevedibilità di Brienza (tiro centrale parato da Radunovic) e agendo sull’asse di destra composto da Sabelli, Busellato ed Improta. Kiyine e Vitale sono spesso in inferiorità numerica sul giropalla barese, ma il terzetto di Grosso sbaglia quasi tutto sul piano della rifinitura e della finalizzazione. Colantuono comprende che la manovra offensiva dei suoi comincia a scemare, percepisce un lieve incremento di incisività della fase offensiva barese, ed allora si copre per portare a casa almeno un punto. L’opzione conservativa consiste nell’ingresso in campo di Schiavi (fuori Palombi), con la squadra incardinata su un robusto 5-3-1-1, il cui fine è quello di anticipare la mossa finale (Floro Flores) di Grosso e, soprattutto, di proporre un’opposizione più corposa e celere sulla fascia sinistra. Missione compiuta, perché il 4-2-3-1 del Bari non punge, con la Salernitana che potrebbe addirittura sbancare il San Nicola se il tiro di Casasola fosse più angolato e potente. La partita termina con un pareggio che serve soprattutto ai granata, i quali compiono un altro importante passo verso la salvezza. Il Bari, invece, è costretto a mordersi le mani: l’intera posta in palio avrebbe proiettato Brienza e compagni a soli due punti dalla seconda in classifica.

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