IRENE KOWALISKA UN LIBRO SULL’ARTISTA VISSUTA A POSITANO

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Dell’artista vissuta a Positano ne parla Lara Adinolfi «Un racconto in cui la realtà dialogava con la favola, a volte con il sogno, in un segno che restava sospeso tra la poesia e la realtà quotidiana». A descrivere così una donna che, nata a Varsavia nel 1905, disegnava emozioni senza tempo, è il libro «Irene Kowaliska 1939» di Vito Pinto e Gianni Grattacaso pubblicato da AreaBlu edizioni. La presentazione oggi, ore 18,30, al San Giovanni di Cava de’ Tirreni. Non a caso nella città metelliana, che custodisce una delle sue opere più preziose e meno conosciute: il mega pavimento in ceramica di sette metri per quattro realizzato «con gli occhi del cuore» per villa Ricciardi. Mentre, nel 1939, l’orizzonte storico si colorava di tinte cupe, Irene aveva davanti a sé «uno spazio di circa ventotto metri quadri sui quali raccontare ricordi, tracciare una identità umana ed artistica», scriveva l’artista. La Kowaliska, tra i massimi esponenti della «colonia tedesca di Vietri», lanciò, attraverso la sua arte, segnali di inquietudine, di disagio intimo, di dolore per quanto stava accadendo alla sua nazione. Certamente, come sottolinea Vito Pinto che ha riscoperto quel pavimento della sala da pranzo, «l’altra sua metà ebraica, quella paterna, non le dava assolutamente fastidio, ma si trattava di vivere una quotidianità tranquilla; i dolori, le sofferenze, i tormenti di donna polacca doveva trattenerli nel suo intimo più profondo, cercando di esprimerli, quando poteva, con i segni d’arte del suo lavoro». E così, «giorno dopo giorno, l’artista componeva la sua opera, metteva in linea i suoi personaggi, dai grandi occhi scuri pieni di tristezza». Ed ora in attesa di ammirare dal vivo la riproduzione a grandezza naturale del manufatto alla presenza, tra gli altri, del sindaco Vincenzo Servalli, di Carmen Chiaramonte, direttrice de «La Nostra Famiglia» oggi a villa Ricciardi, di Dario Dal Verme, Console onorario della Repubblica di Polonia in Campania, di Gerardo Di Agostino, Edizioni area Blu e di Ewa Widak, presidente Associazione italo polacca di Salerno e provincia, si comprende il significato insito nell’affresco di un’epoca. Perché, come annota Pinto, «la storia si fa pathos, sfregio ai luoghi amati, ferita nell’anima; il racconto ceramico si fa silenziosa denuncia alla storia futura di accadimenti laceranti attraverso quattordici figure, un viaggio nei ricordi e nella sensibilità di un’artista già provata e trasferita altrove a vivere una fanciullezza svanita in fretta». Per far affiorare quindi, nella memoria collettiva, una testimonianza da non dimenticare.

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