Fiocco di neve, il dolce che sa di Napoli. Nasce al rione Sanità la piccola brioche con il ripieno di crema al latte

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Non è la panna, come sarebbe fin troppo facile immaginare al primo assaggio, ma una delicata e soffice crema di latte e ricotta di pecora il segreto del Fiocco di neve, l’ultimo arrivato nella famiglia numerosissima dei dolci napoletani. A differenza delle tante golosità «storiche» sedimentate nel tempo e nel gusto, la brioscina dal cuore tenero non ha natali illustri, alla corte di principi e imperatori, come ad esempio il babà, di cui poter menare vanto. No, il fiocco di neve è nato in uno dei quartieri più popolari del centro storico di Napoli, il rione Sanità, per iniziativa di un pasticciere, Ciro Scognamillo, 43 anni, figlio e nipote di panificatori, attivi nel quartiere di Totò fin dal 1920, e che si fregia del soprannome di famiglia, Poppella, che è anche il nome della pasticceria di cui è titolare e che da due anni ha aperto un’altra sede in via Santa Brigida, a pochi passi dallo struscio di via Toledo e della Galleria Umberto. «È cominciato tutto nel 2011 – esordisce Scognamillo – quando mi venne l’idea di creare un dolce semplice, che facesse la gioia di grandi e bambini. Forte dell’esperienza di famiglia, pensai subito a preparare un impasto lievitato otto ore per fare le brioche e a un modo per renderle più allegre e appetitose. Così montai la crema di latte a cui aggiunsi panna e crema di ricotta di pecora. Ultimo tocco, una bella spolverata di zucchero a velo». Dosi e preparazione restano tutt’oggi un segreto mentre gli ingredienti del Fiocco di neve sono ormai noti a tutti. Tant’è che non esiste in Campania laboratorio artigianale di pasticceria che non sforni dolcetti simili, almeno per forma, a quelli di Poppella. Proprio come succede con sfogliatelle, babà e zeppole, patrimonio mondiale di Napoli. «Li hanno battezzati in mille modi diversi, perché il nome non possono copiarlo, è brevettato – riprende il creatore della delicatessen – all’inizio questa cosa di essere imitato mi faceva molto arrabbiare, mi dava fastidio che qualcuno potesse approfittare di un’idea che era venuta a me, poi invece mi sono reso conto che per me era tutta pubblicità. Più mi copiano e più vengono da me a prendere il vero Fiocco di neve». Ma riprendiamo la storia del dolce «made in Naples»: «I primi tre anni non andavano bene – continua Ciro – e per far conoscere i miei Fiocchi di neve partecipavo a varie manifestazioni pubbliche in cui li regalavo». Il 15 giugno del 2015 furono cinquemila le ghiotte palline donate ai bimbi disabili al termine di un evento alla Mostra d’Oltremare. «Dopo quell’esperienza – racconta Scognamillo – passai dagli abituali venti pezzi venduti la domenica a circa cento». Il passaparola, ma soprattutto il passaFiocco, cominciava a funzionare. A settembre l’exploit: «Poppella» diventa vero e proprio fenomeno commerciale e la pasticceria si riempie di clienti. Tutti vogliono quel dolcetto, che costa un euro a pezzo, di cui hanno sentito parlare da un amico, un parente, un semplice conoscente. La domenica diventa così da record: i pezzi venduti sfiorano quota sedicimila. Non si fa in tempo a prepararli che terminano. Lavorazione artigianale, produzione industriale. Lunghe le file di clienti in attesa, un grande successo che non si è mai registrato neanche per altri dolci di più recente creazione come la ricotta e pere e la delizia al limone «inventati» dal maestro pasticciere della Costiera amalfitana Sal De Riso. Oggi, nei due locali di Poppella, la media nel giorno festivo si è attestata sui diecimila Fiocchi. Che ormai stanno varcando i confini campani: a Milano, ad esempio, già li conoscono e degustano. L’affermazione del giovane pasticciere non lascia però indifferente la criminalità organizzata che nel febbraio 2017 prova a intimidirlo sparando di notte alle vetrine del suo negozio. Ma la reazione dell’artigiano è ferma: «Io da qui non mi muovo, siamo noi i più forti, non loro». E quasi in contemporanea inaugura il secondo locale e sperimenta nuovi gusti di crema per il ripieno: fragola, cioccolato e pistacchio. E qualche variazione sul tema. «Mi rendo conto di aver rivoluzionato i gusti dei napoletani – si inorgoglisce Ciro che non a caso si è fatto tatuare sul braccio la sua «creatura» – oggi facciamo le feste per i 18 anni con le piramidi di Fiocchi e prepariamo i numeri con la pasta brioche farcita. Sono riuscito in un’impresa che di solito si porta a compimento a 60 anni e mi ritrovo spesso a farlo notare ai miei tre figli, affinché ne siano fieri e non disperdano mai questo patrimonio». Non a caso Ciro Scognamillo ha inaugurato di recente un laboratorio per avviare i giovani all’arte pasticciera a pochi passi dal negozio di via Arena Sanità dove, si dice, i suoi avi avrebbero avuto come cliente persino il grande Totò. «Anch’io ho tra i miei affezionati alcuni vip del calcio e dello spettacolo – conclude – e la cosa più bella sa qual è? Che vengono tutti da soli, con i piedi loro, a volte quasi in anonimato. Io non ho bisogno, come fanno altri, di pagare le agenzie che ti portano la gente che conta». (Gabriele Bojano – Corriere del Mezzogiorno)

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