Figurine Panini, la Cina s’avvicina. Trattative tra la società di Modena e la Nuo Capital per la cessione del 4% del capitale

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    Le figurine Panini finiscono online anche in Cina, un mercato con almeno 600 milioni di giovani e 85 milioni di tifosi dell’Inter più altri 15 milioni in Indonesia. La società di Modena, famosa per i suoi album di calciatori, ha in corso una trattativa con la società Nuo Capital (in cinese significa “promessa”) per la cessione del 4% del capitale. La filiale italiana di Nuo Capital è basata a Milano, dove la famiglia Pao Cheng di Hong Kong ha investito 300 milioni per acquisire quote di minoranza in aziende del made in Italy con un orizzonte temporale di lungo periodo. La partnership con Panini, la cui guida resta saldamente nelle mani dell’attuale proprietà, è finalizzata a far sbarcare le storiche figurine sul mercato internet cinese, attraverso un accordo con una blasonata controparte orientale. Tra i nomi che circolano spicca Alibaba. Le radici delle mitiche Panini affondano negli anni del boom economico del nostro Paese. Quelli messi insieme con l’elastico erano i “doppioni”, a volte con gli angoli sbrecciati e non più immacolati perché ogni luogo era buono per essere smerciate all’amico, fosse dal fruttivendolo o dal macellaio, insomma non era destinate al tuo album. Che era “L’Album” e basta. Quelle “buone” appena comprate dal giornalaio, quando aprivi la bustina prima le annusavi, poi lentissimamente le sfogliavi perché lì dovevano esserci i giocatori “mancanti” o lo scudetto della Roma o del Torino o della Juve o di quel fottuto giocatore che non si trovava mai e che valeva centinaia di “doppioni” allo scambio. Gli anni Sessanta verranno ricordati anche per questo: per la Dolce Vita e per le figurine Panini di Modena, quelle che sull’album hanno la gigantografia di una mitica rovesciata (più tardi si chiamerà “logo”), quella impossibile, irraggiungibile prodezza di Carlo Parola in un Fiorentina-Juventus del 15 gennaio del 1950. Diventò un disegno realizzato da Wainer Vaccari e si trasformò nel sogno Panini, quell’azienda fondata da due fratelli, Benito e Giuseppe, che a Milano trovarono un lotto di vecchie figurine invendute di una edizione chiamata Nannina. I due lo comprarono, imbustarono quei ritratti di giocatori e nel 1961 diedero vita a un colosso stramiliardario nelle lire di allora e stramilionario ancora oggi. Notevole, sulla copertina del primo album, il fisico nordico di Nils Liedholm. Il «ce l’ho ce l’ho, mi manca, mi manca» in quegli anni, e per molto tempo ancora, diventò il refrain di un’epoca di “scambismo” figurineccio colla e calcio, coccoina e capitano, colla e scudetto e formazione e allenatore e panchinari, tutto in formato millimetrico. Come un enorme stadio ululante osservato al microscopio. Per dieci anni, fino ai Settanta, l’album Panini odorò di coccoina e campioni; poi arrivò un’altra rivoluzione, quella della figurina autoadesiva che risolveva molti problemi pratici ed era molto più bella: argentata, corposa, con i giocatori a mezzo busto, belli e tosti che già quando li scartavi li vedevi gonfiare la porta avversaria. Insomma, avevi già vinto ma andavi avanti a «ce l’ho, mi manca» e intanto crescevi ma non ti vergognavi neanche un po’ di continuare la raccolta perché le Panini erano quello che anni dopo si chiamerà “brand”. Insomma «l’album non si discute, si ama». In provincia andavano a ruba le figurine della serie B; oggi che il calcio s’è spalmato su tutta la filiera, dalla C alla A come un alfabeto di tecnica e tattica e 4-3-3 e 4-2-3-1, ogni figurina assume lo stesso valore; una sorta di democrazia da album che rende l’arrivo al traguardo ancora più complicato. Negli anni Novanta arriva la crisi e nel ‘92-‘93 viene stampata l’edizione dell’album con il minor numero di figurine in assoluto. Poi cambia la proprietà insieme alla grafica; la tecnologia e il computer compiranno il resto dell’ennesimo miracolo nel miracolo: perché il mondo va avanti ma la tecnica dello smercio, quel «ce l’ho ce l’ho, mi manca, mi manca» non è mai passata di moda. Ora le nuove mosse di mercato possono dar vita all’ennesima rivoluzione. E la Cina è il terreno più adatto. Ma c’è già chi in Inghilterra prepara la protesta: il “Times” scrive che i genitori si sono stufati perché le bustine sono rincarate fino all’80%. E allora tanto vale farsi l’abbonamento allo stadio. Dicono. (Rosario Dimito e Leonardo Jattarelli – Il Mattino)

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