19 marzo 1978, 40 anni fa l’accorato appello di Paolo VI nella domenica delle Palme: «Preghiamo per l’onorevole Moro»

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Papa Paolo VI, il 19 marzo 1978, in una piazza San Pietro gremita, pronunciava questa parole: “Preghiamo per l’onorevole Moro a noi caro, sequestrato in un vile agguato, con l’accorato appello affinché sia restituito ai suoi cari”. C’erano almeno 50.000 fedeli ad ascoltare il papa quella domenica delle Palme. Paolo VI non era stato bene, tornava ad affacciarsi dal balcone del Vaticano per la tradizionale benedizione dopo un periodo di malattia. La gente lo attende e, naturalmente, a tre giorni dal rapimento Moro, il pontefice non può ignorare quello che è accaduto la mattina del giovedì precedente. Ha un pensiero per gli uomini della scorta, poi lancia un «accorato appello» per la liberazione di Moro. Per il momento non può né vuole fare di più. È il giorno dopo la diffusione del primo comunicato delle Br, i giornali annunciano l’identificazione di tre uomini del commando: Lauro Azzolini, Franco Bonisoli, Innocente Salvoni. In realtà si accerterà che solo Bonisoli fu nel gruppo che ebbe ruoli nel rapimento e nell’uccisione della scorta. Oggi Bonisoli vive a Milano. È libero e lavora in una società di servizi ambientali. È una domenica delle Palme di funerali. Dopo quelli solenni del giorno prima nella basilica di San Lorenzo fuori le Mura a Roma, i cinque uomini della scorta vengono ricordati nei loro luoghi d’origine. «La commozione è forte, molti piangono, anche qualche guardia ha le lacrime agli occhi, ma il sentimento che prevale è la rabbia» scrive Giuliano Zincone sul Corriere della Sera. Sono oltre 10.000 i presenti a Fasano, in provincia di Brindisi, per il vicebrigadiere Francesco Zizzi; 8.000 per l’agente di polizia Giulio Rivera a Guglionesi in provincia di Campobasso. Altrettanti a San Paolo di Jesi, in provincia di Ancona, per l’appuntato dei carabinieri Domenico Ricci. A Casola, in provincia di Napoli, per il funerale dell’agente venticinquenne Raffaele Iozzino, si fermano tutti i paesi dell’area stabiese. «La sua è stata una scelta senza alternative per fuggire la miseria di un umile lavoro nei campi» scrive Peppe Calise nella sua cronaca a tutta pagina sul Mattino. Decine di sindaci presenti e tutti i politici della Dc napoletana che contava: Vincenzo Scotti, Antonio Gava, Francesco Patriarca, Paolo Cirino Pomicino. E poi, due dei tre sottosegretari campani del governo in carica da soli tre giorni: Baldassarre Armato e Paolo Barbi. Manca solo Nicola Lettieri. La sorella dell’agente batte i pugni sulla bara e urla, in singhiozzi: «Rafilù, è questa la legge?». La bara viene portata a spalla da quattro agenti di polizia e due carabinieri. Sulla cerimonia pesano le parole del primo comunicato delle Br diffuso il giorno prima: «La sua scorta armata, composta da cinque agenti dei famigerati Corpi Speciali, è stata completamente annientata. Se non fosse stato per il richiamo di Paolo VI, sembrava che l’Italia avesse già assorbito il colpo del sequestro Moro. Ma è un’illusione, l’apparenza di una domenica che precede la Pasqua. (Gigi Di Fiore – Il Mattino)

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