Schettino si difende con un video ma fra un mese la Cassazione deciderà il suo destino

Meta Sorrento Francesco Schettino il Comandante della Costa Concordia si difende in un video ma il suo destino sarà deciso dalla cassazione il 20 aprile con due diverse richieste La procura generale di Firenze ha chiesto alla Cassazione di annullare la sentenza di appello in cui il 31 maggio 2016 Francesco Schettino fu condannato a […]

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Meta Sorrento Francesco Schettino il Comandante della Costa Concordia si difende in un video ma il suo destino sarà deciso dalla cassazione il 20 aprile con due diverse richieste La procura generale di Firenze ha chiesto alla Cassazione di annullare la sentenza di appello in cui il 31 maggio 2016 Francesco Schettino fu condannato a 16 anni per il naufragio e i 32 morti della Costa Concordia. La pg chiese 27 anni ma l’appello confermò la condanna di primo grado. Udienza il 20 aprile alla quinta sezione dove ci sarà anche Schettino col suo ricorso: tra i motivi, la corte di appello non lo giudicò col “giudice naturale” e, illegittimamente, sottovalutò gli errori di ufficiali e timoniere.

La procura generale di Firenze ha sottolineato, su un piano di legittimità, di dover considerare nella condanna a Schettino, l’aggravante della colpa cosciente, in particolare nella fase dell’emergenza e dell’abbandono della nave, quando si verificarono i decessi. Inoltre, la Pg nel ricorso ha proposto, richiamando le norme, un diverso modo di conteggiare i singoli reati per i quali l’ex comandante della Concordia fu condannato a 16 anni anziché ai 27 chiesti dalla Pg: omicidio colposo plurimo, naufragio colposo, lesioni colpose plurime, abbandono, false comunicazioni. Nelle varie imputazioni, soprattutto sul “peso” da dare ai 32 decessi, la Pg aveva stimato un calcolo complessivo diverso tale da far lievitare, appunto, a 27 anni la pena complessiva.

Completamente diverse, invece, le intenzioni con cui Francesco Schettino ha chiesto col suo ricorso alla Cassazione di annullare, per una serie di omissioni e illegittimità, la sentenza di appello che lo inchioda come responsabile del disastro del 13 gennaio 2012 all’Isola del Giglio (Grosseto). I suoi difensori, avvocati Saverio Senese e Donato Laino, hanno articolato il ricorso in nove motivi generali.

Primo motivo, il fatto che il processo di appello fu celebrato tradendo il principio del “giudice naturale” precostituito per legge tutelato in Costituzione. Ciò perché, dice la difesa, la corte di Firenze assegnò il processo a un collegio diverso da quanto stabilito dalle tabelle per l’organizzazione degli uffici giudiziari. Ma sulle accuse, per Schettino la sentenza va annullata nella parte sulla condanna per naufragio laddove si utilizzano dichiarazioni dell’indagato al pm e al gip durante le prime indagini «ritenendole plusvalenti rispetto all’esame a cui Schettino si sottopose in cinque udienze» e dove si usa come prova le dichiarazioni dell’ufficiale Ciro Ambrosio «sebbene fossero prive di ogni riscontro».

Inoltre si indicano come «illegittime» le sottovalutazioni degli errori degli altri ufficiali e del timoniere. Nel ricorso di Schettino si fa rilevare che l’appello decise in appena un mese, tra il 28 aprile e 31 maggio 2015, rispetto a una mole di 88 faldoni (oltre 60.000 pagine di processo) e che la motivazione di appello, nonostante le quasi 700 pagine, «sembra ridursi ad un riassunto di tutte le doglianze prospettate nei motivi limitandosi a ricopiare interi brani della motivazione adottata dai primi giudici così trascurando di fornire la propria valutazione critica» e «omettendo di fornire una propria motivazione autonoma rispetto a quella del tribunale»

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