ETICA E MORALE

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    L’etica non ha niente a che vedere con la morale. Se mi chiedi qual è il senso della parola etica e in cosa differisce dalla morale, rispondo: l’etologia.

    L’etologia è una scienza pratica che studia i comportamenti animali. Questa scienza può essere estesa anche all’uomo? Certo, anche dell’uomo, in quanto animale, è possibile studiare le maniere di essere. L’oggetto dell’etica sono allora le maniere di essere del singolo uomo. Risponde essenzialmente alla domanda: cosa può fare e cosa non può non fare un certo uomo (per esempio Paolo).

    Di cosa si occupa invece la morale?

    La morale ci consegna il compito di tendere al Bene attenendosi a valori assoluti universali. La legge morale è un insieme di obblighi inderogabili, perentori e sacri che vanno ben oltre la naturalità dell’uomo e la sua etologia. Bisogna attenersi agli imperativi categorici della morale per raddrizzare ‘la radice del legno storto dell’umanità’ che tenderebbe naturalmente al Male. Insomma l’uomo deve tendere al Bene con tutte le sue forze. Kant nella sua filosofia ne ha dato l’immagine più compiuta: la morale è l’atto puro con cui una ‘presunta’ perfezione umana è posta come fine.

    Ma cos’è questo Bene?

    L’idea di Bene è insita nella coscienza soggettiva di ogni singolo uomo, quindi anche di Paolo, ma da dove nasce quest’idea? Nasce insieme all’idea del Dio trascendentale che, per definizione, è sommo Bene.
    Il Bene, come attributo di Dio, è quindi un qualcosa di assoluto, soprannaturale, ‘scritto in cielo’, a priori dell’uomo.

    L’etica non c’entra nulla con tutto questo. Quale prescrizione, quale imperativo categorico ci impone l’etica? Proprio nessuno.
    Nella morale troverai sempre un’operazione di questo tipo: se dici, fai o pensi qualcosa, poi devi sottoporlo ad un giudizio. E’ il sistema del giudizio. La morale è un sistema di giudizio anzi un duplice giudizio: giudicare e essere giudicati. A chi piace la morale piace anche giudicare. Giudicare implica sempre un’istanza trascendentale, qualcosa di ulteriore rispetto alla naturalità in relazione alla quale si esiste e si agisce. Ciò che esprime questa istanza superiore è il valore, l’elemento fondante del sistema di giudizio.

    Nell’etica invece non si giudica mai. In un certo senso, a nessuno toccherà mai quello che si merita, sia come punizione, sia come ricompensa. Qualsiasi cosa uno faccia non verrà mai sottoposto al vaglio dei valori. Nell’etica si rimane sempre all’interno di una singola persona (Paolo per esempio) senza mai cercare valori trascendentali. Possiamo solo chiederci: di cosa sono capace? di cosa è capace Paolo, qual è la sua potenza di agire. Insomma “Cosa può un corpo?”.

    Persone, cose, animali, tutto è definito da ciò che possono. Persone, cose e animali non hanno le stesse possibilità e si distinguono per ciò che è loro possibile. Paolo ha una potenza diversa da Pietro e potrà fare cose diverse.

    Un moralista non definirebbe mai l’uomo riferendosi a ciò che gli è possibile. Piuttosto lo ricondurrebbe agli imperativi morali categorici.

    Dalla prospettiva dell’etica, tutti gli enti, persone, animale e cose, sono disposti in una scala quantitativa di potenza: se ne può avere più o meno. Il discorso etico prende in considerazione solo la potenza individuale, ossia le azioni e le passioni di cui è capace l’individuo. Non più: qual è l’essenza di Paolo, ma cosa può Paolo, cosa è capace di fare e sopportare.

    Tutto ciò non c’entra niente con l’acquisizione di maggior potere. Per definizione, la potenza non è ciò che voglio, è ciò che ho: ho questa potenza o quest’altra, cioè sono situato in un determinato posto nella scala quantitativa della potenza degli esseri. Fare della potenza l’oggetto della volontà è un controsenso. Vale esattamente l’opposto: sarà in funzione della potenza che possiedo che potrò volere questo o quello.

    Cosa ben diversa dal problema della morale che è: Cosa hai il dovere di fare in virtù della tua essenza fatta ad immagine e somiglianza di Dio?

    Luigi Di Bianco

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