Stefano, Enrico e la montagna spirituale

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    Alzando lo sguardo verso le numerose vette rocciose che li sovrastano, Enrico riflette a voce alta: “Viene naturale fare una similitudine tra questa montagna che con sforzi fisici cerchiamo di scalare e la montagna spirituale la cui vetta alcuni cercano di raggiungere. Come quelli che ci siamo lasciati alle spalle sui bordi del lago, molte persone arrivano in vista della montagna spirituale ma mai si arrischiano a scalarla. Per risparmiarsi la fatica, si accontentano di ascoltare le storie di chi è arrivato in cima”.

    “Tu saresti uno di quelli che è arrivato in cima alla montagna spirituale?” interrompe con tono canzonatorio Stefano.

    “Certo che no” risponde Enrico “ma non mi accontento di guardare la montagna da lontano. Cerco di inerpicarmi lungo il pendio, senza guide esperte, per trovare un sentiero verso la cima. A volte inciampo e scivolo giù per la scarpata ma la speranza è sempre quella di trovare il mio sentiero per la vetta. Perché non c’è un singolo sentiero, o un certo numero di sentieri, ce ne sono un’infinità, tanti quanti sono gli individui”.

    Enrico e Stefano, pur essendo molto diversi, sia fisicamente sia come carattere, sono amici fraterni. Sono entrambi nati e cresciuti a Erchie. Il primo a lasciare il paesello natio è stato Enrico che, dopo il liceo, su suggerimento del professore di matematica, si era iscritto alla facoltà di fisica dell’università di Trieste. La laurea non gli era stata di aiuto a trovare un lavoro come ricercatore e alla fine si era accontentato di fare il programmatore in una società di informatica. Erano gli anni del boom di Internet e dell’era digitale e il settore offriva molte possibilità di sviluppo e carriera.

    “Credo che il sentiero verso la cima della montagna spirituale sia ben segnato dagli insegnamenti di Gesù e della Chiesa” interviene Roberta.

    “La mia impressione è un’altra“ risponde Enrico “ i credenti, secondo me, sono come i turisti che girano intorno al lago, che vedono la montagna, ma piuttosto di arrampicarsi lungo l’irto sentiero della ricerca spirituale, si accontentano delle storie fantastiche che raccontano i preti. Per i pochi credenti che tentano la scalata l’impresa è senza speranza. Non perché il messaggio di Gesù è sbagliato ma perché il percorso indicato duemila anni fa non va più bene ai giorni nostri. Il sentiero indicato da Gesù ha cominciato a franare quattrocento anni fa e continua a franare sempre più rovinosamente per le scosse telluriche della scienza e del progresso tecnologico.”

    “Cominciamo bene“ interrompe Stefano “siamo appena partiti e voi due avete già cominciato a sparare concetti astratti che non stanno né in cielo né in terra. Un montagna spirituale? Gli insegnamenti della Chiesa? Senza parlare di un personaggio mitico, Gesù, della cui esistenza, come ci viene raccontata, non si ha alcuna prova storica. Lo sapete, vero, che nessuno dei quattro evangelisti ha conosciuto Gesù? Scrivevano delle sue gesta quasi un secolo dopo i fatti raccogliendo i racconti mirabolanti che il popolino si raccontava come fanno adesso su Facebook quelli che si scambiano le bufale”.

    Dopo la sparata Stefano riprende fiato anche perché la pendenza e il peso dello zaino cominciano a farsi sentire.

    Riprende dopo qualche secondo: “Siamo in contatto con la realtà, anzi, siamo immersi nella realtà, ad ogni passo sentiamo la terra, i sassi, le radici affioranti sotto gli scarponi, se ci guardiamo intorno vediamo alberi, arbusti, rododendri, genziane e altri fiori bellissimi, in alto le montagne ci dominano e più in alto l’azzurro del cielo ci abbaglia, se stiamo zitti sentiamo lo scrosciare dell’acqua nel canalone. Questa è l’esperienza della nostra coscienza nell’immanente. Questo è quello che conta e che dovremmo apprezzare camminando in silenzio piuttosto che sparare cazzate trascendentali”.

    Cala il silenzio e, in effetti, il rumore dell’acqua che scende tra le rocce assume subito una certa supremazia nell’ambiente montano.

    Luigi Di Bianco 

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