La parola “piena” di Paolo Romano

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Questa sera, alle ore 20, sul palcoscenico del Teatro Del Giullare, i docenti Alberto Granese e Francesco D’Episcopo presenteranno il volume “Mille quadri non dipinti”

Di OLGA CHIEFFI

Questa sera alle ore 20.00, al Teatro del Giullare, in via Vernieri a Salerno, verrà presentato il libro “Mille quadri non dipinti” (Edizione Limitata, 330 copie numerate) del giornalista Paolo Romano. Il volume, che si avvale della prefazione dello scrittore Erri De Luca, è un originale viaggio in un ideale museo dell’immaginario, un lavoro sulla capacità di fascinazione delle parole ed in particolare sul potere evocativo dei titoli, intesi come sintesi di universi verbali archetipici. Il libro di Romano sarà presentato dai professori Alberto Granese (Letteratura Italiana all’Università di Salerno) e Francesco D’Episcopo (Letteratura Italiana all’Università Federico II di Napoli, unitamente al presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Regione Campania, Ottavio Lucarelli, moderati da Gilda Ricci con letture di Carla Avarista con musiche e luci firmate da Virna Prescenzo. Il volume ha rivelato Paolo Romano ha avuto una gestazione lunghissima, ben quindici anni, e la sua prestigiosa prefazione, Erri De Luca l’ha scritta al suo concepimento. Siamo alla cornice, direbbe forse Ernst Bloch, quando la cornice è adeguata non rappresenta una divagazione dalla cosa, ma una introduzione a quel che è incorniciato, che resta, tuttavia, un tentativo di artificiosa definizione. Poiché ad essere incorniciata in questi mille titoli di quadro, sono mille istanti della vita di Paolo Romano, mille istanti resi infiniti dalla parola “piena” della poesia. Paolo Romano e Duke Ellington, da giovani, avrebbero desiderato fare i pittori ma certo non vi hanno rinunciato, l’uno con la parola, l’altro con la musica, anche perché i linguaggi delle arti, s’intersecano, agiscono, si congiungono in quell’istante infinito, in cui il fruitore è invitato  a porre in discussione la certezza, la verità, la casa, le proprie radici per rimettersi sempre in gioco, per vivere nello spazio, senza misure, del mondo, ad armarci e partire per la giusta causa, anche se utopica, a ritrovarsi nell’indefinitezza spaziale annunciata dal titolo del quadro non dipinto che si risolve ogni volta nella totalità dell’istante. I mille istanti di Paolo Romano diventano infiniti, bruciano il tempo. Ma questo è l’istante dell’arte che nessuna forza umana può comprendere in una definizione, e, per conseguenza, il confine tra gli opposti logici che delimitano in ogni momento la possibilità stessa di pensare ragionevolmente (possibile-impossibile, visibile-invisibile, vero-falso, male-bene, sapienza-insipienza, senso-non senso, si-no, verità-finzione), resta infinito, indecidibile e indeciso, libero.

 

 

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