Elisa D’Ospina top model “curvy” nella giuria di Miss Italia

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    Stefano Piedimonte su Il Mattino  Elisa D’Ospina, vicentina, classe ’83, è una che se la vedi per strada mentre stai camminando con la tua bella rischi di beccarti un ceffone. Top model ”curvy” di fama internazionale e scrittrice, anche quest’anno è nella giuria tecnica di Miss Italia. Data la sua fisicità prorompente e il suo ruolo di portabandiera del curvy, le ho chiesto di declinare il concetto nel Sud, dove le curve sono talvolta un po’ troppo generose. Cara Elisa: estate ormai verso la fine, nonostante il caldo di questi giorni di settembre. Hai fatto bagni in Campania? «Qualche volta. Recentemente sono andata al mare a Capri e a Palinuro, due posti che amo molto». Sai di che parlo, quindi. «Be', considera che nel mio libro (Una vita tutta curve, Giunti, nda), una biografia, racconto la storia di una ragazza che ha sempre avuto delle misure troppo grandi. Il mio problema principale è sempre stato l’altezza, accompagnata da una robustezza fisica che non è mai andata verso l’obesità, ma comunque immagina che in terza media ero già uno e ottanta, con una bella taglia 44-46… Insomma, mi vendevo per una che aveva non dico dieci anni in più, ma quasi». Ok, ma io intendo una cosa diversa. Tu vuoi metterla giù molto ”british”, però c'è il fatto che la Campania è una delle regioni col più alto tasso di obesità in Italia, e in generale nel meridione il problema è più presente. «Più che di Nord e Sud parlerei di epoche. Viviamo in un’epoca in cui l’agio è a portata di mano. Penso ai mezzi di trasporto, l’auto, la metro, c’è una mancanza di movimento. In quest’epoca manca la cultura di muoversi, di fare sport; di mangiare, sì, ma allo stesso tempo di consumare. Una cultura che avevano invece i nostri nonni: si andava nei campi, si tornava a casa e si mangiava in maniera sostanziosa perché si era lavorato tutto il giorno». Ma l'agio di cui parli è più o meno omogeneo in tutto il paese, i casi di obesità invece no. Dire che grasso è bello non è rischioso in un territorio come il nostro? L’obesità è pericolosa quanto l’anoressia, o no? «Partiamo dal presupposto che curvy non è grasso. Curvy, per capirci, era Sofia Loren ai tempi di Miss Italia, curvy è Monica Bellucci, e, senza sparare troppo alto, nella Dolce vita possiamo parlare di curvy. Se confondiamo il curvy con il grasso stiamo facendo un errore enorme. Il ”grasso è bello” per me non è mai esistito. Non l'ho mai detto, anzi. So benissimo che grasso non è bello: parlo di disturbi alimentari nelle scuole con psicologi e psichiatri. Grasso vuol dire malattie, patologie gravissime, addirittura morte, in certi casi». E quindi? Qual è il confine tra lo star bene con se stessi e il diventare obesi e cardiopatici? A furia di amarsi per ciò che si è, non si rischia di perdere il controllo, di essere troppo indulgenti con se stessi e poi, appunto, di ammalarsi? «Occorre volersi bene, e volersi bene è avere come obiettivo principale la salute, che qualche chilo in più lo tollera, però se poi si eccede cominciano a esserci problemi per le ossa, il cuore, le arterie, per tutto l’organismo. L’obesità, sia chiaro, è una vera e propria malattia e fa parte dei disturbi alimentari. Bisogna capire con degli specialisti qual è la nostra forma ideale, e se andiamo troppo oltre il limite, che può essere l’indice di massa corporea o altri parametri medici, dobbiamo prendere provvedimenti. Un po’ sotto o un po’ sopra va bene, ma chiaramente c’è un limite». Uno dei motivi per cui sei apprezzata è l'attività di divulgazione cui hai già accennato. Fra ragazzi, immagino, questi problemi si estremizzano, la forma fisica può diventare causa di emarginazione. D’altro canto l’eccessiva magrezza può diventare patologica. Cosa diresti ai ragazzi se ti trovassi in una scuola napoletana? «Intanto, la cosa che mi rattrista di più è proprio che questi programmi di prevenzione a cui lavoro con personale medico esperto e che sono del tutto gratuiti, proprio in virtù della loro gratuità non ci permettono di arrivare al Sud o al Centrosud, dove ci sarebbe bisogno di parlare ai ragazzi di quant’è indispensabile prendere in mano la vita finché si è giovani. Al Sud, è vero, c’è un’alimentazione molto ricca. In generale, quando vado in scuole dove non ci sono molti casi problematici cerco di far passare il concetto che prendersi cura di se stessi non significa mettersi il rimmel la mattina». Infatti. L’idea che per accudire se stessi occorra comprare, spendere, decorarsi in qualche modo, mentre il fisico va alla deriva, è di un’ottusità incredibile. È come riverniciare un’auto con le ruote bucate, no? Come avere una Porsche a pedali. Si spendono duecento euro dal parrucchiere e poi non si riesce a guardarsi i piedi. Che intendi tu per «cura di se stessi»? «Vuol dire sapere che devo mangiare in maniera leggera, che la domenica magari posso esagerare un po’, ma il resto della settimana devo cercare di controllarmi; avere soprattutto un’educazione alimentare, cosa che manca nel nostro Paese, e per la quale mi sto battendo da anni tra l’indifferenza delle istituzioni. Se non fosse per qualche scuola alberghiera che fa programmi di educazione alimentare o per le iniziative di qualche singolo che come me, con gruppi di specialisti, va nelle scuole a informare su che cosa vuol dire far la spesa, quali sono i prodotti di stagione, cosa sono le calorie, che cos’è l’olio di palma, cosa sono le diete, sarebbe il deserto. Tutta questa disinformazione fa molto comodo alle case farmaceutiche, che mirano a vendere i loro prodotti. Altro argomento di cui parlo spesso è la Terra dei Fuochi. Cerco di fare in modo che capiscano cosa realmente arriva sulle loro tavole, come e perché. Faccio vedere le madri che vivono in quelle terre, faccio capire il dramma mostrando servizi televisivi e articoli di giornale, materiale che ho salvato e che documenta come quel tipo di problema non sia un’esclusiva campana, ma che esiste da Nord a Sud». Facciamo finta che tu sia in una scuola qui a Napoli. Qualche preside di buona volontà ti ha invitata, te e i tuoi specialisti, e devi dare tre consigli, tre, ai ragazzi che ti stanno davanti. Tre consigli basilari, quello che si dice l'abc. «Prima di tutto, i vecchi detti: colazione da re, pranzo da principe, cena da povero. Poi far tanto movimento: soprattutto alle scuole medie e superiori bisogna far fare molta attività sportiva ai ragazzi. Come terza cosa, direi di diffidare da alcuni canoni di bellezza imposti dai mezzi di comunicazione. La parte di questi incontri che seguo io direttamente prevede la visione critica dei media: mostro come donne bellissime, sia dello spettacolo che della moda, utilizzano dei piccoli escamotage per apparire più belle: trucco e parrucco, luci televisive, photoshop, ritocchi estetici». Per chiudere: Miss Italia. Hai notato qualcosa di diverso in questa edizione? Inversioni di tendenza? Fisici più «curvy»? Maggiore indulgenza verso le forme generose? «Fra le 211 ragazze arrivate in prefinale ne abbiamo selezionate 33, che sono le finaliste di quest’anno. Una di loro, stasera su La7, riceverà la corona di Miss Italia. Quest’anno ho trovato molte ragazze dedite al fitness che hanno fatto dello sport il proprio lavoro. Mi fa anche piacere, ma cerco sempre di tirare un freno: se lo fai con cognizione di causa, ok, ma se diventa un’ossessione, allora hai un problema. Il passo da una cosa all’altra, ti assicuro, è molto breve».

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