Pompei. Caccia a muffe e batteri killer sugli affreschi delle domus. Patto con l’Ordine dei biologi: due anni di lavoro

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Pompei. È iniziata con una ricognizione sulle murature e sui materiali lapidei delle insula e la lotta dei biologi italiani ai vegetali e agli organismi che minacciano i tesori degli scavi di Pompei. Un primo sopralluogo è stato effettuato da un gruppo di studiosi esperti di interventi di salvaguardia dei siti antichi d’interesse storico-scientifico. L’obiettivo era quello di rendersi conto dello stato dell’arte prima di iniziare le indagini finalizzate ad azioni di difesa. L’intervento segue la firma della convenzione, il dieci ottobre scorso, tra il soprintendente archeologo, Massimo Osanna, e il presidente dell’Ordine nazionale dei Biologi, Ermanno Calcatelli. L’accordo punta ad approfondire le conoscenze sugli organismi vegetali presenti nelle aree archeologiche in maniera da poter distinguere tra la vegetazione che danneggia gli scavi e quella che li protegge e che dunque va favorita. Il piano di studi, che sarà portato avanti con il «Laboratorio di Ricerche archeoambientali», attivo a Pompei dal 1994, durerà due anni e vedrà all’opera, in una prima fase, tre biologi coordinati da Giulia Caneva, docente all’Università di «Roma 3». E tuttavia non saranno solo scavi e affreschi che verranno studiati e indagati. Anche il ricco patrimonio di testi cartacei, disegni, schizzi, tra i quali sono numerosi quelli custoditi sin dai primi ritrovamenti, nella prima metà del 1700, verrà analizzato per verificarne lo stato di salute. Il Consiglio nazionale dell’Ordine dei Biologi ha deliberato l’attivazione di tre borse di studio da ventimila euro all’anno per altrettanti laureati. Il bando per la selezione dei borsisti sarà attivo tra qualche settimana. «Contiamo di poter essere operativo con i nostri esperti entro la fine di gennaio 2015» annuncia Calcatelli «studieremo gli organismi presenti sui reperti utilizzando microscopi e laser scanner, ed elaboreremo programmi e modelli digitali specifici, con un lavoro di confronto con la documentazione storica sulle aree archeologiche». E, se in un primo momento le indagini verranno indirizzate a saperne di più sulle aggressioni subite da murature e materiali similari, in una fase successiva si andrà a indagare sugli infestanti che sono più difficili da individuare: alghe, batteri, licheni e funghi che negli anni distruggono decorazioni, stucchi, pitture e affreschi sia perché attaccano il supporto (intonaci) sia perché agiscono sulle molecole del colore sfarinando la pellicola pittorica. Per le indagini è previsto anche che si utilizzino dei drone, i piccoli aerei teleguidati e forniti di telecamera per meglio fotografare la situazione dall’alto. (Carlo Avvisati – Il Mattino)

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