Il Dalai Lama a Roma ma il Papa non lo vedrà. Dialogo in corso con Pechino, sofferto «no» di Francesco

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    Città del Vaticano. Per ora niente da fare, meglio aspettare, l'incontro tra Francesco e il Dalai Lama dovrà attendere tempi migliori. E così salvo sorprese dell'ultimo momento, cosa pur sempre possibile, la via diplomatica al momento resta l'unica opzione possibile. Il pontefice, pur nutrendo sentimenti di amicizia per la massima autorità spirituale del buddismo tibetano, si è visto costretto a rinunciare ad una udienza, anche se di carattere privato. Sullo sfondo di questa sofferta decisione ci sono scenari complessi che riguardano i rapporti accidentati tra il governo di Pechino e la piccola minoranza cattolica cinese, una realtà in continua crescita e sottoposta a diverse fasi tribolate, iniziate quando Mao decise di interrompere i rapporti diplomatici con la Santa Sede cacciando l'allora nunzio apostolico. Da allora è stato un susseguirsi di messaggi obliqui, di timide aperture, di distacchi, di marce indietro e persino di dispetti, come quando in diverse occasioni il governo comunista decise di procedere a nomine episcopali senza il placet del Papa. Nomine caldeggiate dalla Associazione Patriottica che, ancora oggi, continua ad essere in aperto contrasto con il Vaticano. Negli ultimi dieci anni, tuttavia, l'ostpolitik dei piccoli passi ha portato ad un progressivo riconoscimento dei vescovi «illegittimi», tanto che oggi la maggior parte dei vescovi cattolici in Cina sono in comunione con Roma. Un quadro fluido e delicatissimo. Con l'arrivo di Papa Francesco la situazione ha fatto intravedere la possibilità di soluzioni positive da esplorare. Recentemente, per esempio, un quotidiano di Hong Kong, considerato espressione del governo cinese, ha parlato di negoziati in corso, di pourparler, di missive segrete fatte arrivare a destinazione attraverso emissari di fiducia. Nell'attesa di capire quale sarà la prossima mossa la Santa Sede sembra procedere con la diplomazia e le cautele del caso. Per questo Papa Bergoglio e il Dalai Lama si vedranno in un'altra occasione, non ora, anche se il leader dei buddisti tibetani è di passaggio e ha manifestato il desiderio di una udienza papale. Il Dalai Lama parteciperà al summit dei Premi Nobel per la Pace. All'appello mancherà solo Desmond Tutu per via della sua salute malferma. A Roma c'è molta attesa per l'evento. Inizialmente si sarebbe dovuto tenere a Città del Capo, in Sudafrica, per ricordare Nelson Mandela e per festeggiare il ventesimo anniversario della fine dell'apartheid ma quando è circolata la voce che il Sudafrica, su pressione della Cina, non avrebbe concesso il visto di ingresso al Dalai Lama è successo il putiferio. Diversi Premi Nobel, tra cui Jody Williams, fondatore della campagna internazionale contro le mine e l'iraniana Shirin Ebadi, hanno fatto sapere all'organizzazione che avrebbero dato forfait per solidarietà e per protesta. Il trasferimento a Roma del 14esimo summit mondiale dei Premi Nobel è stata la diretta conseguenza di questo pasticcio. Papa Francesco si è trovato così a gestire un dilemma. In virtù della par condicio ha fatto sapere che non darà udienza nemmeno agli altri Premio Nobel, anche se invierà al summit uno dei suoi cardinali di fiducia, l'africano Appian Turkson, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, al quale ha affidato un messaggio affettuoso. La sorte dei cattolici cinesi resta una delle priorità del suo pontificato. Nel penultimo giorno del suo viaggio in Corea, Bergoglio ha teso la mano a tutti i Paesi asiatici e anche a Pechino, spiegando che i battezzati non sono dei conquistatori intenzionati a togliere identità ai popoli. «Il dialogo umano e fraterno e il Vangelo è a beneficio di tutti». (Franca Giansoldati – Il Mattino) 

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