Cassazione, assolto Esposito non ha violato il diritto di riservatezza sulla sentenza Berlusconi

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     La sezione disciplinare del Csm ha assolto il giudice Antonio Esposito, presidente del collegio che ha condannato in via definitiva Silvio Berlusconi al processo Mediaset, dall’accusa di aver violato il dovere del riserbo per un’intervista concessa prima del deposito delle motivazioni della sentenza. Il procedimento disciplinare Il processo disciplinare al giudice della Cassazione, presidente del collegio che due anni fa ha condannato Berlusconi a quattro anni per frode fiscale, si basava su un «atto di incolpazione» inviato dal Pg per l’intervista rilasciata al quotidiano Il Mattino pochi giorni dopo aver pronunciato il verdetto di condanna dell’ex premier. Per quelle dichiarazioni, il Pg della Cassazione aveva contestato ad Esposito tre violazioni disciplinari: il dovere di riservatezza del magistrato; l’aver reso pubbliche dichiarazioni o interviste che riguardano «soggetti a qualsivoglia titolo coinvolti negli affari in corso di trattazione, ovvero trattati e non definiti»; l’aver violato una disposizione interna alla Cassazione in base alla quale a tenere i rapporti con la stampa sia il funzionario di un ufficio preposto. Le accuse del Pdl Fu in particolare un passaggio dell’intervista di Esposito, quello su Berlusconi condannato non perchè «non poteva non sapere ma perchè sapeva» (poi smentito dallo stesso magistrato che contestò al quotidiano di aver manipolato il testo) a far infuriare il Pdl, che accusò il magistrato di aver anticipato le motivazioni della sentenza prima del loro deposito. L’archiviazione del trasferimento Nel novembre 2013 il Csm già archiviò la pratica sul trasferimento d’ufficio per incompatibilità del presidente, pure ravvisando nella condotta di Esposito «profili di natura disciplinare e deontologica» e il Csm non rinunciò a rivolgere a Esposito espliciti richiami prendendo in prestito le parole del capo dello Stato, ricordandogli che i magistrati devono osservare nei loro comportamenti «misura e riservatezza», «non cedere a fuorvianti esposizioni mediatiche», «non indulgere in atteggiamenti protagonistici e personalistici». La delibera passò coi voti contrari del membro laico Pdl Bartolomeo Romano e della Lega Ettore Albertoni e l’astensione dei laici sempre del Pdl, che auspicarono l’avvio di «un’azione disciplinare».ROMA – La sezione disciplinare del Csm ha assolto il giudice Antonio Esposito, presidente del collegio che ha condannato in via definitiva Silvio Berlusconi al processo Mediaset, dall’accusa di aver violato il dovere del riserbo per un’intervista concessa prima del deposito delle motivazioni della sentenza. Il procedimento disciplinare Il processo disciplinare al giudice della Cassazione, presidente del collegio che due anni fa ha condannato Berlusconi a quattro anni per frode fiscale, si basava su un «atto di incolpazione» inviato dal Pg per l’intervista rilasciata al quotidiano Il Mattino pochi giorni dopo aver pronunciato il verdetto di condanna dell’ex premier. Per quelle dichiarazioni, il Pg della Cassazione aveva contestato ad Esposito tre violazioni disciplinari: il dovere di riservatezza del magistrato; l’aver reso pubbliche dichiarazioni o interviste che riguardano «soggetti a qualsivoglia titolo coinvolti negli affari in corso di trattazione, ovvero trattati e non definiti»; l’aver violato una disposizione interna alla Cassazione in base alla quale a tenere i rapporti con la stampa sia il funzionario di un ufficio preposto. Le accuse del Pdl Fu in particolare un passaggio dell’intervista di Esposito, quello su Berlusconi condannato non perchè «non poteva non sapere ma perchè sapeva» (poi smentito dallo stesso magistrato che contestò al quotidiano di aver manipolato il testo) a far infuriare il Pdl, che accusò il magistrato di aver anticipato le motivazioni della sentenza prima del loro deposito. L’archiviazione del trasferimento Nel novembre 2013 il Csm già archiviò la pratica sul trasferimento d’ufficio per incompatibilità del presidente, pure ravvisando nella condotta di Esposito «profili di natura disciplinare e deontologica» e il Csm non rinunciò a rivolgere a Esposito espliciti richiami prendendo in prestito le parole del capo dello Stato, ricordandogli che i magistrati devono osservare nei loro comportamenti «misura e riservatezza», «non cedere a fuorvianti esposizioni mediatiche», «non indulgere in atteggiamenti protagonistici e personalistici». La delibera passò coi voti contrari del membro laico Pdl Bartolomeo Romano e della Lega Ettore Albertoni e l’astensione dei laici sempre del Pdl, che auspicarono l’avvio di «un’azione disciplinare».

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