AD AMALFI LE EMOZIONI DELLA GRANDE POESIA NEL RICORDO DI SALVATORE QUASIMODO

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    Mi mancava da tempo il fragore della libecciacia che , qualche volta, schiaffeggia con violenza d’amore la scogliera di Amlafi. L’ho avvertita con intensità nella notte tra venerdì e sabato scorso da una finestra dell’Hotel La Bussola che s’apre nella piccola rada del porto. Mi pungeva le narici l’afrore dello iodio e del sale che si condensava quasi nella velatura del piovasco che affiochiva la luce dei lampioni.E mi incantavo alle cascate d’argento  effimero  di schiuma ad ingioiellare scogli.  Nn riuscivo a prendere sonno con cuore anima e pensieri ancora terremotati sotto l’effetto dello tsumani di emozioni.

    Fu sede del Liceo Classico negli anni ’60. Vi approdai, giovanissimo docente di Latino e Greco di prima nomina, con la testa piena di sogni ed il cuore in tumulto d’amore per la bellezza della città  Al capolinea dell’autobus mi salutò il volto pensoso di Flavio Goia, che mi indicò l’orientamento di vita con la bussola della Grabde Storia.Ne fui ferito di dolcezza nel profondo.. Vi portai nel gennaio del 1966 il mio Amico e Maestro Salvatore Quasimodo, ancora fresco di Nobel. Fu un bagno di entusiasmo con professori alunni ad applaudirlo ed a stringerglisi intorno in un impeto di ammirazione/devozione per una icona della Poesia carnalizzatasi in quell’uomp piccolo di statura, ma grandissimo di Spirito, simpatico e contagioso con il lampo magnetico deglli occhi furbi ed il sorriso teneramente complice

     Ero reduce da una straordinaria serata al Salone Morelli del Palazzo di Città dove Lo avevamo ricordato a più voci:Daniele Milano, giovane e motivato assessore all cultura, Giovanni Camelia, intellettuale di buon livello, Giuseppe Gargano, storico rigoroso, il figlio del Poeta,  Alessandro, che ha prestato voce e cuore alla  poesia del padre, Francesco D’Episcopo, critico acclarato con linguaggio da poeta ed anima pervasa e  fecondata dal culto della bellezza, con la mia  guida commossa a penetrare  nel “creato” di un Maestro,C’era la folla delle grandi occasioni sotto lo sguardo soddisfatto di Giuseppe Cobalto, Presidente del Centro di Storia e di Cuktura Amalfitana e di Alfonso Del Pizzo, sindaco della città, che avaevano fortemente voluto l’evento. Il pubblico, numeroso ,(tanti i giovani), entusiasta e commosso, ha sottolineato con appla

    usi frequenti, lunghi, caldi e convinti i passaggi più significatrivi del ricordo di  un grande “profeta” dell-anima, Quasimodo, appunto, uno di quelli che più degli altri compiono un tour, “un viaggio profondo nelle  regioni del cuore e della mente, i poeti, gli scrittori, quelli che si innamorano dei posti, perchè trovano

     in essi un rispecchiamento della propria natura, ma talvolta anche un superamento di essa in quell’infinito, che deve continuarsi ad intendere come sostanza pregnante dell’anima e supplemento ineludibile di vita“, come scrive da par suo l’ottimo prof, D-Episcopo nel suo deliziossimo e gradevolissimo libretto “Amalfi:Repubblica delle Lettere, che fa da prologo alla scopera di una città/mondo, che è stata, è  e resta “capoluogo dell’anima” attraverso le imnagini di Quasimodo, Afeltra e Jovine.

    Amalfi attraverso la partecipazione emotiva di un parte numerosa e significativa dei suoi cittadini ha riscritto e rivissuto, sull’onda dele riflessoni colorate di tre rappresentanti della letteratura italiana del secolo scorso, una bella pagina della sua storia letteraria. Io  sono stato e sono partcolarmente felice di esserne stato, in parte, commosso coprotagonista. perchè, con l’avanzare degli anni, sento sempre più forte e morbosamente invasiva la mia “amalfitanità“, che ha profumo e sapore di antico.

    E quando nel pomeriggio di ieri l’amica Agnese Martingano, amabile di grazia e di sorriso oltre che di generosità contagiosa mi ha accompagnato a Salerno per la destinazione del mio “esilio dorato” di Roma, ho lanciato dalla curva del Luna il mio sguato d’amore al grappolo colorato delle case di Vagliendola che caracollano a mare e con il campanile di San Biagio che cerca cuspidi di cielo.

    E dentro mi cantavano i versi di una mia poesia: “Si frantuma la rabbia dei marosi/ed è pioggia d’argento sugli scogli/Calma apparente a guardia d’uragano/ l’equilibrio del cuore a sovvertire/:::E’ bella Amalfi a velatura triste/ del piovasco a reticolo di sole”.

    Lancio lo sguardo /carezza di tenera malinconia all’Hotel Cappuccini Convento e gli occhi mi danzano dolore in memoria di quel 14 giugno del 1968 e ripeto tra ne e me la mia litania poetica di morte a lacerazione interiore: “L’insolenza del sole a mezzo giugno/mi denudò, crudele, il cuore a lutto./il sole miscelò lo iodio e il sale/a friggermi ferita da dolore./ E sui Lattari a cupole di cielo/zagara e mirto a gara di profumi/scortarono il tuo canto a folle volo. Mi salutasti a smorfia di sorriso/eredità d’amore senza amore./ e fu per te per me “subito sera“.”

    Ps:

    Lungo il viaggio ho conservato dentro il profumo/sapore del soufflé di limone, che abbiamo gustato a “La Caravella” Alessandro Quasimodo ed io(con la partecipazione amichevole di Agnese Martingano e la figlioccia Liliana D’Alessandro) in memoria del passaggio del Maestro che lo battezzò “Il sole del piatto”.E’ stata una ulteriore prova della sensbilità di Antonio Dipino, operatore di grande professionalità meritatamente pluristellato ma anche incomparabile amalfitano generoso di calda accoglienza. Lo stesso dicasi di Rino Mangieri.Entrambi  hanno omaaggiato Alessandro in nome e in ricordo del Padre per eredità di amore. Anche questo è segno unico ed irripetibile altrove dell’accoglienza calda di Amalfi, “capoluogo dell’anima” Così come ne sono testimonianza di grande sensibilità per altri versi le notazioni di emozione su FB di Alma Porpora, Carmen Consiglio e Salvatore d”Amato che raccolgo con grande commozione ed un pizzico di orgoglio nella mia qualità di erede spiritale dell’Autore dell’Elogio di Amalfi”, quale mi sento e di fatto sono.

    Giuseppe Liuccio

    G.liuccio@alice.it

     

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