Siamo tutti come Esaù?

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    Siamo tutti come Esaù?

     

     

     

    “ Tutto il mondo davanti a te, come polvere sulla bilancia,

     

    come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra.

     

    Hai compassione di tutti , perché tutto tu puoi,

     

    non guardi ai peccati degli uomini, in vista del pentimento.

     

    Poiché tu ami tutte le cose esistenti

     

    E nulla disprezzi di quanto hai creato;

     

    se avessi odiato qualcosa,non l’avresti neppure creata.

     

    Come potrebbe sussistere una cosa,se tu non vuoi?

     

    O conservarsi se tu non l’avessi chiamata all’esistenza?

     

    Tu risparmi tutte le coese,

     

    perché tutte sono tue, Signore, amante della vita,

     

    poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose.

     

    Per questo tu castighi poco alla volta i colpevoli

     

    E li ammonisci ricordando loro i propri peccati,

     

    perché , rinnegata la malvagità , credano in Te ,Signore”

     

    (Sap.11,23,seg)

     

     

     

    Vorrei cominciare  con questo breve riferimento biblico al libro vetero testamentario della Sapienza in quella parte in cui si parla della sapienza che opera nella storia come di  una sapienza divina amorosa verso l’uomo che ha   creato e che lo  ammonisce con dolcezza , come dice il testo, perché vuole solo il bene dell’umanità .E lo voglio paragonare ad un altro testo , questa volta del Nuovo Testamento, la “lettera agli Ebrei”, falsamente attribuita a Paolo in cui l’autore si sofferma a parlare di Cristo  come della nuova Sapienza  e ad un certo punto così recita: ” Noi siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Cristo” (Eb.5,10); ovverosia la salvezza non è ottenuta da Cristo mediante la via religiosa dell’economia sacrificale, ma attraverso la via esistenziale del dono, dell’amore e dell’offerta di sé che avviene nel corpo.

     

    . La lettera è quindi una predica dotta, scritta intorno all’anno 100, e inviata ai cristiani di origine ebraica che si lasciavano prendere dalla nostalgia per il culto fastoso del tempio di Gerusalemme, ed erano tentati di disertare le assemblee cristiane e di ritornare all’ebraismo e alla Legge.. Ad essi l’autore cristiano, un letterato colto di Alessandria e buon conoscitore della Bibbia greca, rivolge un invito alla perseveranza nella fede e nella vita cristiana.,

     

    .L’autore  esorta gli interlocutori di allora , ma in realtà tutti noi oggi  ,a che non ci si lasci “trasportare via” ma che ci si renda sempre più attenti all’ascolto di un messaggio che va ben oltre gli angusti limiti di pratiche rituali e legali che accomunano tutte le religioni. E’ molto significativo il modo in cui , ad un certo punto,esorta alla costanza della fede:” Richiamate alla memoria quei primi giorni nei quali, dopo essere stati illuminati, avete dovuto sopportare una grande e penosa lotta ,ora esposti pubblicamente a insulti, tribolazioni, ora facendovi solidali con coloro che venivano trattati in questo modo … Non abbandonate dunque la vostra franchezza , alla quale è riservata una grande ricompensa. Avete bisogno solo di costanza”( Eb10,32-35).

     

      Ma anche di pace e santificazione “ senza la quale nessuno vedrà mai il Signore , vigilando che non spunti né cresca alcuna radice velenosa in mezzo a voi e così molti ne siano infettati“( Eb12,14)L’infedeltà infatti porte spesso  alla profanazione, di se stessi,  ricorda più avanti l’autore, “come Esaù che in cambio di una sola pietanza vendette la sua primogenitura” (Eb 12,16)

     

      Quindi chi si professa  cristiano, cioè colui che vuole  a seguire Cristo, dovrebbe operare un rottura con le false sicurezze delle istituzioni gratificanti e deresponsabilizzanti. Ecco il messaggio nuovo e sempre valido che questo  testo biblico  sottintende: Non si tratta tanto di portare alla chiesa cristiana  altri  aderenti, quanto di persuadere quelli che già sono in essa a uscire allo scoperto nel mondo secolare, per immettere in esso il potenziale rivoluzionario nell’amore  del Vangelo . In un momento storico-sociale così difficile come quello che stiamo vivendo, la carità non può essere solo il frutto di labbra che lodano il Nome del Signore, ma deve incarnarsi con il fare del bene e il vivere in comunione, come è detto nel testo: “ Non scordatevi della beneficenza e di far parte dei vostri beni agli altri, perché di tali sacrifici il Signore si compiace”( Eb13,16)E’ solo .questa  la vera  koinonia( comunione ) ecclesiale, che sembra invitarci ad agire” nel bene” da un tempo cronologicamente  lontano

     

    E termino invece con un pensiero “più vicino” a noi, di un contemporaneo, don Tonino Bello ,che così si espresse una volta a proposito di come essere dei veri cristiani:

     

     

     

    “ Se la fede ci fa essere credenti

     

    e la speranza ci fa essere credibili,

     

    è solo la carità che ci fa essere creduti”

     

     

     

     

     

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    Trudy Borriello 

     

     

     

     

     

     

     

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