Nullità per Dio

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    Nullità per Dio

     

     

     

     “Sforzati di essere sempre inclinato:

     

    non al massimo,ma al minimo;

     

    non al più alto e prezioso, ma all’infimo e al più disprezzato;

     

    non a volere qualcosa , ma a volere nulla;

     

    non andare in giro cercando il meglio delle cose temporali, ma il peggio;

     

    desidera di entrare per Cristo nella nudità completa , nel vuoto, e nella povertà .

     

    Tu dovresti abbracciare sinceramente queste pratiche e

     

     tentare di superare la forza della tua volontà verso di esse.

     

     Se le mettessi in pratica sinceramente e con discrezione,

     

    scopriresti in loro grande delizia e consolazione”     

     

     

     

    Ecco per cominciare un breve pezzetto preso dall’ opera Ascesa del Monte Carmelo( 1,13 ,)del grande mistico spagnolo cristiano del XVI secolo, san Giovanni della Croce  ,il quale predicava un cammino spirituale di completo rifiuto di se stessi come imitazione dell’umiltà della croce .Una delle sue parole preferite era”nada” , che significa nulla e che in qualche modo si può avvicinare al   vuoto dei  maestri del Buddismo Zen. Infatti nei suoi scritti ,” L’ascesa del Monte Carmelo” e “La notte oscura”, San Giovanni della Croce considerava il cammino spirituale come un viaggio verso l’unione con Dio dove l’anima per riuscire a  compiere questa salita o  ascesa , doveva attraversare la cosidetta notte oscura dei sensi e della volontà , in un lunga via di purificazione della mente , del corpo e dello spirito.

     

    Anche i monaci buddisti hanno un simile compito : far “cadere via” il corpo e la mente prigionieri del gioco della grande inesistenza in un camino di ricerca della liberazione dal dolore attraverso l’annullamento dell’io. Si tratta di un addestramento di lunga durata che comporta l’obbligo di rinunciare alla vita ordinaria e di condurre una vita errante di asceta mendicante (bhiksu), parola che viene tradotte con monaco . Infatti il Buddha quando era in vita fondò la sua comunità, la sangha, e le impose delle regole di vita molto dure e una disciplina (vinaja) severa.. In mancanza di un’autorità suprema che definisse e imponesse l’ortodossia, la sangha si frazionò in gruppi che sostenevano diversi idee sull’interpretazione degli insegnamenti del Buddha. Con l’ordinazione i monaci buddisti  , oltre che eseguire i metodi di concentrazione e meditazione accettano di : radersi barba e capelli; indossare solo una veste giallo-ocra,passato alla storia come tratto distintivo del monaco buddista; astenersi dal furto, dall’omicidio, dalle relazioni sessuali, dalla menzogna, calunnia e qualsiasi forma di spettacolo; mostrare un atteggiamento compassionevole nei confronti di tutti gli esseri viventi, evitando di distruggere alcuna forma di vita vegetale o animale; fare un pasto al giorno , senza carne cruda; accontentarsi del proprio destino, rifiutando dono come campi e proprietà; imparare a purificare i propri sensi, senza contaminarli con le passioni; liberarsi dall’attrazione e dalla repulsione nei confronti di esse. A questo punto va detto, per amore di chiarezza, che questi sono concetti comuni anche al Cristianesimo , il quale però è molto diverso rispetto al Buddhismo. Infatti in esso non essendoci un Dio (si parla solo di bodhisattva, cioè di esseri celesti che hanno già raggiunto l’illuminazione e aiutano gli uomini a raggiungerla), l’uomo deve divenire salvatore a se stesso. “Il cristianesimo , affermava invece  Giovanni Paolo II , è una religione di salvezza …. Per sperare di essere salvato da Dio, l’uomo deve fermarsi sotto la croce di Cristo. Poi, la Domenica dopo il Sabato Santo deve trovarsi davanti al sepolcro vuoto e udire, come le donne di Gerusalemme: ‘Non è qui. E’ risorto’. (Mt 28,6). Tra la Croce e la Risurrezione è contenuta la certezza che Dio salva l’uomo, che Egli lo salva per mezzo di Cristo, per mezzo della sua morte e resurrezione”Quanta speranza in queste parole !

     

    Alla luce di ciò  vorrei salutarvi ricordando un anniversario che cade proprio in questi giorni e precisamente il 23 settembre :la morte di padre Pio da Petrelcina , San Pio il santo stigmatizzato. Molti pellegrini si ritrovano  a pregare nei luoghi natii di questo gigante della cristianità oppure sulla sua tomba  a san Giovanni Rotondo, in un viavai di gente devota , curiosa , dubbiosa ….Tante sono state le polemiche intorno alla vita  di questo umile frate  che faceva del rosario la sua arma preferita e che amava il nascondimento. Ripenso al chiasso del mondo sulla sua recente  esumazione , alle mille parole dette ,ai frettolosi giudizi e  alle tante domande lasciate sospese  e mi viene solo da riportare qui un suo pensiero che ben si ricollega ,credo,a quanto accennato  finora sull’impervio cammino della liberazione dall’io:“ Il perché ha rovinato il mondo …..  Tieni presente Gesù sempre alla tua mente: egli non venne per riposarsi nè per avere le sue comodità, nè spirituali nè temporali, ma per combattere, mortificarsi e morire .Hai visto un campo di grano in piena maturazione? Potrai osservare che certe spighe sono alte e rigogliose; altre, invece, sono piegate a terra. Prova a prendere le alte, le più vanitose, vedrai che queste sono vuote; se invece prendi le più basse, le più umili, queste sono cariche di chicchi. Da ciò potrai dedurre che la vanità è vuota.” iIl 20 febbraio 1971, ad appena tre anni dalla sua morte, Paolo VI, parlando ai Superiori dell’Ordine Cappuccino, disse di lui: “Guardate che fama ha avuto, che clientela mondiale ha adunato intorno a sé! Ma perché? Forse perché era un filosofo? Perché era un sapiente? Perché aveva mezzi a disposizione? Perché diceva la Messa umilmente, confessava dal mattino alla sera, ed era, difficile a dire, rappresentante stampato delle stimmate di nostro Signore. Era un uomo di preghiera e di sofferenza”.

     

     

     

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    Trudy Borriello  

     

     

     

     

     

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