Pablo Picasso, Francesco Truono e l´essenza della Musica

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Le immagini del fotografo salernitano accanto alle 38 incisioni del ciclo Carmen del maestro spagnolo ospiti della Casina del Principe di Avellino

 

“Ho composto il Ragtime sul cimbalon, e l’intero complesso (la versione originale è per 11 strumenti) ruota attorno alla sonorità da pianoforte da bordello di quello strumento…Quando la composizione fu ultimata, chiesi a Ricasso di disegnare l’illustrazione per la copertina. Lo vidi schizzare sei diverse illustrazioni, tutte derivate da un’unica linea ininterrotta” E’ l’Igor Stravinsky  dei “Dialogues and a Diary”, in cui racconta come Picasso concepì, nel 1919, la copertina del suo Ragtime: caratteristica essenziale dell’operare di Picasso è la capacità di cogliere immediatamente l’essenza delle cose e lo notiamo nello sguardo dei volti di donna delle 38 incisioni a bulino del ciclo Carmen raffiguranti diversi visi, costumi andalusi e teste di toro, che mettono a fuoco la personalità dell’artista più famoso del XX secolo, attualmente ospiti di una splendida mostra alla Casina del Principe di Avellino, fruibile sino al 26 aprile. Nessuno può sottrarsi al sortilegio di Carmen “Si avvicinerà leggera, morbida, con cortesia, con la sua serenità africana. La sua felicità è breve, improvvisa, senza remissione – scrive Nietzesche – L’amore vissuto come fatum, come fatalità, cinico, innocente, crudele”. Un canto esotico, inedito, riferito con la disinvoltura di un resoconto di viaggio accompagnerà una tragedia che si consumerà sullo sfondo di una corrida, in pieno sole, dove la morte non ha dove nascondersi.  Picasso realizzò, giungendo ad una ammirevole stilizzazione, le incisioni della Carmen, per illustrare la novella di Prosper Mèrimèe, scritta nel 1845 e resa in seguito famosa dall’ opera di Bizet. Per Picasso, la musica era prima di tutto una questione di amicizia. Le sue relazioni con i compositori del suo tempo erano strette. Poulenc gli aveva dedicato la cantata “Figure umane” e iniziò il suo ciclo di canzoni “Il lavoro del pittore” dai poemi di Elouard con Pablo Picasso. Picasso, da parte sua, mise le prime quattro lettere del pianista Alfred Cortot in uno dei suoi dipinti e fece un ritratto di Satie. Oltre a questo omaggio, una vera collaborazione intellettuale si stabilì tra Satie e Picasso dal 1917. Per certi aspetti la musica di Satie ha punti di contatto con l’affermazione del Cubismo. Come il Gruppo dei Sei, la cui guida era Satie, Picasso lavorò verso la semplificazione delle forme e trovò ispirazione nell’arte popolare. L’abolizione della prospettiva, la simultaneità dei punti di vista e la frammentazione delle forme che il Cubismo raggiunse sono echeggiate nella musica e nell’utilizzo di sonorità ruvide, del collage di suoni disparati e della giustapposizione di brevi violente sequenze in contrasto con i passaggi più calmi. Questa affinità estetica spiega in parte la presenza frequente di oggetti musicali nel lavoro di Picasso. Gli strumenti musicali sono molto utili per la distorsione e la stilizzazione. Rappresentano un insieme di volumi, di linee di forza, ed esprimono l’aspetto profondamente ritmico dell’estetica cubista, in cui le vibrazioni e le risonanze sono latenti. Ma tra le forme artistiche sviluppatesi nel secolo di Ricasso, il ‘900, il jazz è tra quelle che hanno saputo meglio catturare lo spirito, le inquietitudini ma anche le epifanie di un secolo dall’inarrestabile dinamismo. In quanto genere portatore di una peculiare filosofia musicale, il jazz sta dimostrando di poter trascendere il secolo in cui ha fatto la sua comparsa, proiettandosi coerentemente, anzi, vitalisticamente nel nostro Millennio, diversamente da altri fenomeni artistici esplosi, ma anche spentisi. Musica di ieri, di oggi e forse di un domani ormai in essere, il jazz sta finalmente trovando una più chiara e coerente definizione in ambito estetico, in grado di condurre gli addetti ai lavori  ad osservare e vivere il fenomeno da una prospettiva pertinente e feconda, come dimostra la fioritura di studi e soprattutto di pubblico, nei confronti di questo genere, ma possiamo dire sulle musiche afroamericane in genere, che stanno vivendo un periodo significativo di sviluppo. Accanto alle incisioni di Pablo Picasso, troviamo infatti le immagini di Francesco Truono, da un decennio sulla scena jazzistica internazionale con le sue macchine a fissare con la luce delle microstorie, felicemente sorprendenti. Francesco Truono ci propone, volti e strumenti del jazz, indagati a colori. Non solo perché la scarsa luce generalmente presente sulla scena in fase di ripresa consente di approfittare solo di lampi e bagliori che baluginano nel corso della performance, ma anche perché solo la radezza dell’ombra riesce a «interpretare» un genere musicale assoluto, essenziale, estremamente diretto e nello stesso tempo intellettualizzato.
La fotografia di Truono ha, come centro nevralgico della propria poetica, la definizione dell’essenza non tanto del singolo personaggio, quanto del musicista: nelle sue fotografie è il tema del rapporto tra artista e strumento a capeggiare, chiuso in una struttura figurativa estremamente
compatta ed essenziale spesso fortemente scorciata e tagliata ad escludere qualsiasi particolare poco rilevante il cui  merito è di restituire con sue fotografie, la grande intensità del momento creativo dell’artista jazz, strutturando delle immagini di forte dinamicità figurativa.

 

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