A POSITANO NORMA RANGERI, LA PENNA ACUMINATA DEL GIORNALISMO ITALIANO

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Ospite della Rassegna Domina Positano sabato all’hotel Poseidon (ore 21,30 ingresso gratuito) Norma Rangeri con il presidente dell’Ordine dei Giornalisti Ottavio Lucarelli e, forse, Michele Santoro, noto conduttore tv, che, fra l’altro, ha legami familiari con la perla della Costiera Amalfitana. Sempre in crescendo dunque la terza Edizione della Rassegna Letteraria “Domina Positano”, evento culturale di alto livello, organizzato dal Consigliere Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti Angelo Ciaravolo in collaborazione con il direttore della Domina di Positano, Roberto Illiano con il patrocinio del Comune di Positano e dell´Azienda di Soggiorno e Turismo di Positano. Norma Rangeri è uno dei personaggi più interessanti del giornalismo italiano. Un passato da gruppettara, un presente da giornalista impegnata, critica televisiva del Manifesto, trascorre quattro-cinque ore al giorno davanti al televisore. è una delle penne più acuminate non solo della critica televisiva, ma del giornalismo italiano. Nell’89 ha scritto Pci, la grande svolta. Autrice di saggi sulla tv (Lo schermo baby-sitter, Il bello addormentato della televisione, Il lavoro nella tv, Politica e internet), dal 1992 commenta velenosamente fatti e misfatti della televisione italiana nella sua rubrica “Vespri” sul “manifesto”. Dal ’98, ogni domenica, racconta la tv sulle pagine culturali del “Tirreno”. Giornalisti, bellimbusti. Direttori e peones salottieri. Funamboli della politica e conduttori-condottieri. Nientologi, telemammoni e criminologi. Veline, tronisti e comici di regime. Calciopoli, TeleCogne e vanity-reality. Norma Rangeri trascorre 5-6 ore al giorno davanti al televisore. Dice di essere una persona coraggiosa, forse l’unica in Italia ad aver visto tutte le puntate di Porta a Porta. Il peggior tg? “Il Tg1 di fine anni Novanta. Dopo due minuti correvi a sprangare le porte per paura che ti arrivasse in casa qualche squartatore, naturalmente albanese.” Teledivi e mezzibusti. Donnine senza testa e senza veli. Lolite in lingerie. Quindici anni davanti alla tv, raccontati con coraggio e umorismo, da Porta a Porta all’era dei reality, passando per il divorzio in diretta di Al Bano e Loredana Lecciso. In questo libro Norma Rangeri, firma pungente del quotidiano “il manifesto”, autrice di una rubrica di culto sulla televisione, compila il suo personale elenco facendo sfilare protagonisti e comprimari del piccolo schermo. Senza pietà, per nessuno. “Al mattino soffritti, soap, oroscopi e massaggi con fondoschiena in primo piano. Nel pomeriggio cronaca, tanga, e starlette. Di sera, la grande fiera del silicone.” Nel mirino soprattutto l’informazione e la politica-spettacolo: “Uno show completamente sottomesso agli indici di ascolto, che sfi ora pericolosamente il porno, condito da agghindate opinioniste e donne sgabello rigorosamente mute”. Primum auditel, deinde informare: dalle parole dell’autrice emerge un’Italia virtuale dominata dal tubo catodico. Un bel Paese obbediente alla scatola luminosa che Norma Rangeri defi nisce “la succursale di Montecitorio”. I salotti televisivi sono diventati il centro del confronto ideologico e politico della nazione. Arbitri, i conduttori. E chi non si adatta è perduto, anzi, oscurato. Ma, se la tv di qualità esiste, bisogna continuare a cercarla nel terreno minato dalla guerra dell’audience che ha trasformato il servizio pubblico nazionale in una brutta copia della concorrenza commerciale.


INTERVISTA DI SABELLI FIORETTI PER IL MAGAZINE DEL CORRIERE DELLA SERA

“Sono sicuramente l’unica persona che ha visto tutte le puntate di Porta a porta”, dice. -Hai tutta la mia solidarietà- “È durissima perché alla fine diventi il fantasma del palcoscenico. Una specie di mostro”. Sulle tante affettuosità, piaggerie, adulazioni che, all’incrocio fra politica e comunicazione, corrono nell’etere, è una vera esperta.

E’ pericoloso vedere tanta televisione?
«Certamente. C’è il rischio di entrare dentro e di non uscirne più. Di non distinguere più le cose vere e importanti.»

Esempio?
«Quando ci fu la votazione sull’autorizzazione a procedere contro Craxi, il Parlamento la rifiutò, Occhetto ritirò la fiducia, Ciampi si dimise, successe un casino. Ma Francesco Pionati, sul Tg1, dette la notizia come fosse una sciocchezzuola. Non capii nemmeno io l’importanza di quello che era successo. Imparai che l’occhio con il quale si guarda la Tv non è mai avvertito abbastanza.»

Chi credi che sia, all’interno del mondo televisivo, il campione della piaggeria?
«Si può sparare a caso. Ci sono i notisti politici, i quirinalisti, i vaticanisti, perennemente inginocchiati. Quando c’è stato il trambusto sulle nomine Rai in cui la maggioranza se le è date di santa ragione, il notista del Tg2, Attilio Romita, parlava di dissidi politici senza spiegare chi litigava con chi. Quando Berlusconi è andato in Vaticano, Francesco Pionati, sempre lui, assicurò i telespettatori che non si sarebbero ripetute le incertezze della passata maggioranza di centrosinistra. Quando morì Montanelli, il Tg2 e il Tg1 mandarono lo stesso servizio. Ma il Tg2 tagliò la frase in cui si parlava della “storica rottura di Montanelli con Berlusconi giudicato buon editore ma cattivo politico”. Non c’è limite alla piaggeria dei telegiornali. Ho visto perfino il Tg2 intervistare Paolo Bonaiuti, portavoce di Berlusconi.»

Che male c’è?
«C’è che l’intervista era sulla finocchiona e sui vini toscani. Su due milioni di cittadini toscani a chi vanno a chiedere un parere? A Bonaiuti.»

Grande esperto di finocchiona.
«Che cosa pensare di un direttore come Albino Longhi, signore di una certa età, che è anche in via di pensionamento, senza il minimo scatto di orgoglio professionale?»

A che cosa ti riferisci?
«Al fatto che il Tg1 è l’unico telegiornale che non ha dato la notizia della litigata in diretta fra Gasparri, Ventura e Zaccaria.»

Te la prendi con il Tg1 e il Tg2?
«Me la prendo anche col Tg3. Ai tempi dell’Ulivo riuscì a trasmettere sei interviste di sei parlamentari di sinistra nella stessa edizione. Giulietti, Bassanini, Vita, Imbeni, Bellucci e Vacca.»

Il peggiore Tg?
«Dal punto di vista della piaggeria nei confronti dei politici il Tg1 e il Tg2 sono sullo stesso piano. Dal punto di vista della spettacolarizzazione della cronaca nera, il Tg1 nella gestione Borrelli è stato qualche cosa di inenarrabile. Dopo due minuti correvi a sprangare le porte per paura che ti arrivasse in casa qualche squartatore, naturalmente albanese.»

E i Tg Mediaset?
«Mediaset ha un telegiornale e due bollettini di partito.»

Fede è solo uno spettacolino.
«Smettetela di prendere sottogamba Fede. A me Fede non fa ridere. E’ un caso umano e lo capisco. Però parla a 2 milioni di persone che non leggono i giornali. Fede sposta consensi, quelli che servono, in un sistema bipolare, per far vincere uno o l’altro. Prendere sottogamba Fede è da sciocchi, è non capire come funziona il sistema.»

Salvi il Tg5?
«Almeno quando si dimette il ministro Ruggiero ti dice chi era. Non lo scarica in tre secondi come fanno Tg1 o Tg2.»

Perché?
«Forse perché ha la coda di paglia, forse perché non ha sul groppone tutti i politici. Ha solo Berlusconi.»

Come sei arrivata alla politica e al giornalismo?
«Famiglia di origine modesta. Mamma casalinga, papà impiegato alla centrale del latte di Roma. Grandi sacrifici per studiare. Scuola al Tasso.»

Il mitico Tasso.
«Il Tasso della generazione successiva al ’68. »

Si facevano ancora scioperi e assemblee?
«Si, però io non partecipavo. Quelli del terzo liceo facevano casino. Noi del quarto ginnasio, o almeno io, non facevamo niente. Il richiamo all’ordine era più forte. C’era il preside Casotti, che era un vecchio stalinista, un omone gigantesco, una barba lunghissima grigia. Scendeva le scale del Tasso urlando, se la prendeva con quelli che disegnavano sui muri, facevano cortei interni su e giù per la scuola.»

Che tipo di scuola era il Tasso?
«Era una scuola molto aperta. Gli insegnanti di greco entravano in classe recitando le tragedie di Eschilo. Quelli di storia e filosofia aprivano dei dibattiti infiniti.»

La politica?
«All’Università. A Lettere. Difficile resistere al fascino di uno come Colletti che di fronte a mille studenti ci spiegava il primo libro del Capitale. All’Università entrai in contatto col collettivo politico del Manifesto. C’erano Guglielmo Pepe (che poi è diventato mio marito), Rocco Pellegrini, Pigi Battista, Paolo Flores d’Arcais, assistente di Colletti.»

Quando Colletti è andato con Forza Italia che impressione ti ha fatto?
«Tremenda. Come se mi tradisse tuo padre.»

Tu e Guglielmo, invece, siete stati di una coerenza incredibile. Stesso matrimonio, stesso gruppo politico, sempre nello stesso giornale, Guglielmo alla Repubblica e tu al Manifesto.
«Però abbiamo cambiato casa tre volte.»

Come era la vita al Manifesto?
«Avventurosa.»

Pagavano?
«Poche lire, ma pagavano.Tutti uguali. Mi sembra sessantamila lire al mese. Il maestro era Luigi Pintor che però non insegnava niente a nessuno, stava lì e parlava, scriveva, e tu dovevi leggere e ascoltare e capire. A me è stato molto utile Mauro Paissan, che era un po’ più grande di me, aveva un po’ più d’esperienza e mi faceva fare le notizie di 20 righe. A forza di scrivere 20 righe ho imparato il mestiere.»

Chi c’era?
«Mino Fuccillo, Tiziana Maiolo, Paolo Passarini, Gianni Riotta, Pietro Veronesi, Nando Proietti, Francesco De Vito, Lucia Annunziata. Oggi sono in tutti i principali giornali italiani.»

Come sei arrivata alla critica televisiva?
«Dopo le venti righe, la cronaca giudiziaria, la cronaca studentesca, il femminismo, il terrorismo, la P2, la politica, la Dc, Montecitorio.»

Ti divertivi?
«Mi piacevano molto i congressi democristiani, un vero spettacolo. Nella Dc c’era tutto, c’era l’alto, c’era il basso. Poi, pian piano, i politici si sono trasferiti in televisione.»

E tu li hai seguiti.
«Cominciai a recensire i telegiornali. Erano i tempi di Vespa, La Volpe, Curzi. Poi la politica ha invaso tutto il palinsesto, si è spettacolarizzata, è entrata nei talk-show, ha dilagato in tutti i programmi di intrattenimento. Ricordo un pomeriggio, c’era “Solletico” e trasmettevano un film di Zorro. Improvvisamente il film si è interrotto ed è comparso D’Alema che parlava in un convegno. Rai 1, alle 5 di pomeriggio.»

Saranno stati contenti i ragazzini.
«Agghiacciante. Da non crederci.»

C’è qualcosa che ti piace in tv?
«Le Jene e la Gialappa’s mi piacciono molto. Sono politicamente molto coraggiosi perché criticano il loro datore di lavoro senza limiti.»

Dicono: foglie di fico.
«Berlusconi può permettersi di lasciarli a briglia sciolte, sia perché fanno audience, sia perché deve coprire tutto il pubblico, anche i non berlusconiani.»

E “Striscia la notizia”?
«Mi piace meno in questo periodo. Da quando Berlusconi è al governo Ricci non fa più le inchieste che faceva prima. Si limita alle truffe di Wanna Marchi.»

Ma Ricci non fa inchieste, gli capitano.
«E io aspetto che gli capiti di fare qualcosa su Berlusconi.»

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