´Aspettando Godot´

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    E’ una domenica mattina, poco dopo ferragosto, siamo pigramente appollaiati su un gradino di casa davanti al prato.

    “Beh, che si fa?” dico a Paolo guardandolo dritto negli occhi.

    “Potremmo provare a vedere se c’è un mio amico… forse è tornato dalla Grecia.”

    “Allora, andiamo!”

    Ci infiliamo in macchina, percorro un tratto di tangenziale, lui è un po’ incerto sulla strada, ma alla fine fornisce le giuste indicazione per andare dal suo amico artista. Scendiamo dalla macchina, suona al citofono, l’amico c’é: “Sono Paolo!”

    “Sali!” gli risponde. Lo seguo fiduciosa. La persona che ci accoglie ha degli occhi meravigliosi e un sorriso cordiale. Glissa gli anziani genitori che fanno ambedue capolino, e ci fa sedere nel suo studio dove vengo travolta da una luce spettacolare. Sul cavalletto una tela raffigura una scena tipica del paesaggio pugliese. Appesi, altri quadri che raffigurano personaggi maschili che sembrano scenografie pronte per un un allestimento. La rappresentazione è la vita,  paesaggi  noti, il bianco della pietra viva che pulsa. Ci sediamo, io e Paolo, uno di fronte all’altra e l’amico sparisce per ritornare subito dopo con due bicchieri colmi di vino rosso locale. Non riesco fare a meno di assaggiare il buon vino catturata dalla seducente gestualità di quest’uomo, che torna in cucina lasciandoci soli. Nei minuti successivi conosco un aspetto diverso del Paolo che ho conosciuto dai miei amici e diverso anche dalla persona che ho ospitato a casa mia. Mi racconta che con Saverio c’é un’amicizia che risale al tempo in cui erano molto giovani. Saverio ritorna portando due fumanti piatti di pasta che sembrano piovuti dal cielo. Abbiamo appena il tempo di ringraziare e tuffarci a capofitto nella profumata piertanza, lui scompare di nuovo in cucina.

    “Ma ti rendi conto che stiamo mangiando uno dei piatti prelibati della cucina mediterranea, cioè la migliore del mondo?” Paolo annuisce con la bocca piena di bucatini, troppo affamato per rendersi conto di alcunchè ma dato il mio giubilo è costretto a convenire che tratta di un pranzetto con i fiocchi!

    Dopo essersi diviso tra noi e i genitori Saverio ci invita a prendere i bicchieri e seguirlo in soggiorno. Accanto a me siede il padre che mi guarda compiaciuto e racconta di avere dei figli che sono tutti artisti, ma che il più straordinario artista di tutti è proprio lui, mentre la madre fa delle apparizioni sconcertanti, con aria minacciosa impugna una bottiglia vuota tra le mani. Saverio è adorabile, finge di non accorgersi della corte serrata che mi fa suo padre e sorride delle invettive sempre più incalzanti di sua madre. Paolo e Saverio parlano tra loro e io ascolto con piacere il feeling che traspare: la trama di una antica amicizia.

    Dopo il caffé scendiamo insieme e sotto il portone e salutiamo Saverio. Percorrendo in macchina la strada del ritorno tra me e Paolo è calato un pesante silenzio. Abbiamo provato una gioia autentica, che sembra svanita nel nulla. Ad un tratto mi giro e guardandolo dico:

    ”Perché ce ne siamo andati? Perché lo abbiamo lasciato solo?”

    “Giusto… perché?” mi risponde

    In un attimo decidiamo di tornare indietro. A casa sua ma ci rispondono che se n’é andato al mare in bici e così andiamo a cercarlo lungo il litorale.

    Scorre dai finestrini dell’auto il paesaggio popolare assolato, pieno zeppo di bagnanti delle domeniche d’agosto, le madri stese al sole, i bambini col pallone, le nonne con i piedi a mollo e il fazzoletto annodato sulla testa, e i padri sbronzi sotto gli ombrelloni, capannelli di gente che gioca a carte  accanto alle teglie di pasta al forno coperte dai tovaglioli.

    “Occhio alle biciclette!”  dico a Paolo guidando, proprio mentre vediamo Saverio che sta inforcando la sua e sparisce in una stradina laterale.

    Ha il volto piacevolmente meravigliato quando ci vede riapparire alle sue spalle. Con grande entusiasmo ci invita a fare anche noi una nuotata. Per Paolo, anche lui appena tornato dalle acque cristalline della Grecia la proposta è a dir poco scandalosa, in più, ambedue siamo senza costume da bagno. Ma Saverio è trascinante e ce la mette tutta a convincere Paolo, chi se ne frega se in mutande, anche solo qualche bracciata come per un bagno rituale. Mi tuffo con il tutto il vestito di cotone che si appesantisce e mi fa sentire una medusa. Poi, guadagnato un  pezzetto di scoglio ci appollaiamo tutti e tre ad asciugarci e a gustarci  una sigaretta.

    E’ Saverio che rompe il silenzio:” Ma lo sai che sei  molto più carina di quello che vuoi far credere?” 

    Sono un po’ stupita con il vestito fradicio che mi si appiccica addosso.  Cala un imbarazzato silenzio, ma corre anche tra noi un gran divertimento che sa di adolescenza, di bellezza e di avventura: gli ingredienti adatti alla nostra stessa vita.

    Saverio tace pensieroso per un po’ poi  esclama: “Io voglio fare l’amore con te!”

    Sono stupefatta dalla schiettezza di quest’uomo, e dal tempo record che ha impiegato nell’esporre la sua espicita avances. Guardo Paolo, che rimane imperturbabile.

    “La riposta è no!”

     “Perché no?”

    Ci asciughiamo, assaporando una serenità e una gioia che non appartengono più alla nostra vita attuale, poi rimontiamo in macchina alla ricerca di un bar, Saverio carica la sua bicicletta nel portabagli e siede accanto a me. Dopo un po’ ripete:

    “Io voglio fare l’amore con te!”

    Sono imbarazzatissima, ma sorrido: “Non è possibile, te l’ho già detto!” 

    Segue un altro silenzio. Cerco di guidare guardando la strada ma sono attratta da quest’uomo che non conosco, che sembra un ragazzo e che mi chiede di fare l’amore con una sconcertante semplicità. Incrocio nello specchietto retrovisore lo sguardo di Paolo: sorride, sembra rincuorato dal mio modo di reagire. 

     

    Ci sediamo al bar del paesino costiero. Saverio fa domande sulla mia vita. Cosa faccio? Quesito cruciale, faccio qualcosa di apparentemente importante e invidiabile… “Lavoro per la televisione…..

    “Quale?”

    “Quella di Stato!”

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