Chi è Lucio del Pezzo l´artista che viene a Positano
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Del Pezzo, Lucio (Napoli 1933), pittore e scultore italiano che sarà in mostra a Positano dal 6 al 18 ottobre dei saloni dell’Azienda di Soggiorno e Turismo di Positano. I suoi esordi si inquadrano nella tendenza neosurrealista e neodadaista promossa dal Gruppo 58 di Napoli, di cui Del Pezzo fu tra i fondatori: le sue opere del periodo 1958-1960 proponevano assemblaggi di oggetti vari, tra i quali anche frammenti di stampe e immagini popolari, come gli ex voto, completati da segni e tracce cromatiche. Dal 1960 si trasferì a Parigi, quindi a Milano, dove gli sono state dedicate mostre monografiche (la prima nel 1974). Dal 1962 Del Pezzo ha sviluppato un suo caratteristico repertorio di ‘quadri’, o ‘sculture’, formati da pannelli geometrici monocromi, sui quali sono applicate mensole o scavate concavità che reggono o includono corpi geometrici regolari (bocce, birilli, uova di legno, busti di manichini, bersagli ecc.), talora vivacemente colorati. Malgrado l’artista abbia spesso indicato nelle sue opere riferimenti al pensiero mitico e a discipline esoteriche, l’effetto dei suoi assemblaggi è piuttosto ludico. Per il tono ironico e per l’inglobamento di oggetti d’uso comune decontestualizzati, tali opere rinviano alla Pop Art; ma sul piano delle matrici formali vi è un evidente recupero di De Chirico, di Morandi, delle silenti geometrie della pittura metafisica. A Napoli, con un manifesto del 5 giugno del ’58, si costituisce un gruppo che assume la denominazione di Gruppo 58, appunto, per iniziativa di Mario Colucci, già aderente alla Pittura Nucleare, con l’adesione di Lucio Del Pezzo, Bruno Di Bello, Sergio Fergola, Luigi Castellano e Mario Persico, corrente d’avanguardia nel filone nucleare e cinetico, che si pone in posizione polemica nei confronti dell’astrattismo e delle sue intemperanze metafisiche per affermare la possibilità di un’arte della “nuova figurazione”, più semplice anche se altrettanto spirituale, senza trascurare i rapporti con la cultura non solo nazionale, ma internazionale: infatti il Gruppo è collegato con il Movimento Nucleare del milanese Enrico Baj e con il movimento nuclearista napoletano, di cui Mario Colucci e Guido Biasi sono i principali protagonisti, e fuori d’Italia con i gruppi Phases a Parigi, Spur a Monaco e Boa a Buenos Aires. Tra i temi centrali del gruppo 58, un’analisi dell’uomo contemporaneo e della società collettiva, con un interesse specificatamente antropologico che coinvolge l’uomo, le sue origini, la sua vita fisica ed emotiva, i suoi dubbi esistenziali, al fine di “stabilire il rapporto fra civiltà e miti primordiali” dal quale derivare le immagini. I rapporti tra il Gruppo 58 ed Enrico Baj, che espongono insieme a Milano alla galleria san Carlo nel gennaio del ’59, sono particolarmente significativi perchè segnano l’inizio di un arricchimento del linguaggio espressivo attaverso una ricerca integrata tra immagine e parola, tra scrittura e disegno (Luigi Castellano), poesia e collage (Mario Persico). L’anno seguente il Gruppo redige un nuovo manifesto, il Manifeste de Naple, sottoscritto anche da Nanni Balestrini e Edoardo Sanguinetti, mentre Luigi Castellano pubblica la rivista d’arte e cultura d’avanguardia Documento Sud (1959) che proseguirà con Linea Sud (1963-67), con la collaborazione di Mario Persico, Stelio Maria Martini e Luciano Caruso. Il Gruppo 58 si colloca all’interno dello sperimentalismo di discendenza surrealista e dadaista che caratterizza molte manifestazioni culturali degli anno ’60, non solo nel campo dell’arte visiva, alla ricerca di una cultura nuova a carattere collettivo, adatta alla realtà sociale di quegli anni, una cultura di valenza universale, unificante tutti i linguaggi artistici nel superamento degli individualismi e delle aprioristiche categorizzazioni “L’universo è buio: noi speriamo, invece, che l’infinito sia azzurro, sia questo cielo di luce pulita senza nuvole, senza confini”. (Gianni Dova) Il Movimento Nucleare viene fondato a Milano nel 1951, ad opera di Enrico Baj e Sergio Dangelo, ed il “Manifesto programmatico della Pittura Nucleare” viene in seguito pubblicato a Bruxelles, con la successiva adesione di Gianni Dova e poi Bertini, Colomba, Mariani, Preda, Tullier. La suggestione dell’epoca nucleare aveva già in passato interessato altri artisti per lo più solitari, dal movimento definito Eaismo ad opera del livornese Voltolino Fontani al periodo nucleare o atomico di Salvador Dalì, ma senza strutturarsi teoricamente come invece fà il gruppo milanese, che fonda la sua rivista “Il gesto” ed organizza la sua prima collettiva alla sede degli “Amici della Francia” a Milano. Nella scia delle teorie atomiche ed einsteiniane, dei progressi scientifici nel campo della fisica e dello studio della materia e dell’energia, i pittori nucleari realizzano opere per lo più astratte o informali, dalle forme vorticose, a spirali, che vogliono rappresentare lo spazio cosmico impregnato di energia, a colori vivaci ed incandescenti, intensi, inusuali, in una interpretazione poetica dell’esplosione nucleare della materia: ancora una volta, vengono messi in discussione i principi tradizionali del dipingere, la forzata razionalizzazione e geometrizzazione dell’arte, la prevalenza della linea e dell’angolo retto, davanti alla dimostrata esistenza di fenomeni della realtà al di fuori delle possibilità percettive dell’uomo. E’ l’inebriante scoperta di un mondo invisibile, fatto di radiazioni cosmiche, di onde magnetiche, di universi alieni, mai prima di allora rappresentati. Formalmente, nel nucleare convergono elementi surrealisti, simbolisti, dadaisti, espressionisti gestuali, riecheggiati anche nei “concetti spaziali” di Lucio Fontana e dei pittori dello Spazialismo. In realtà i pittori nucleari finiranno per esprimere anche le proprie nevrosi e le vane aspirazioni ad una rappresentazione di ciò che non si può rappresentare, giungendo generalmente a posizioni critiche nei confronti di un mondo sostanzialmente ingovernabile ed inconoscibile, pericolosamente in bilico su un imminente disastro nucleare. “L’universo è buio: noi speriamo, invece, che l’infinito sia azzurro, sia questo cielo di luce pulita senza nuvole, senza confini”. (Gianni Dova) Il Movimento Nucleare viene fondato a Milano nel 1951, ad opera di Enrico Baj e Sergio Dangelo, ed il “Manifesto programmatico della Pittura Nucleare” viene in seguito pubblicato a Bruxelles, con la successiva adesione di Gianni Dova e poi Bertini, Colomba, Mariani, Preda, Tullier. La suggestione dell’epoca nucleare aveva già in passato interessato altri artisti per lo più solitari, dal movimento definito Eaismo ad opera del livornese Voltolino Fontani al periodo nucleare o atomico di Salvador Dalì, ma senza strutturarsi teoricamente come invece fà il gruppo milanese, che fonda la sua rivista “Il gesto” ed organizza la sua prima collettiva alla sede degli “Amici della Francia” a Milano. Nella scia delle teorie atomiche ed einsteiniane, dei progressi scientifici nel campo della fisica e dello studio della materia e dell’energia, i pittori nucleari realizzano opere per lo più astratte o informali, dalle forme vorticose, a spirali, che vogliono rappresentare lo spazio cosmico impregnato di energia, a colori vivaci ed incandescenti, intensi, inusuali, in una interpretazione poetica dell’esplosione nucleare della materia: ancora una volta, vengono messi in discussione i principi tradizionali del dipingere, la forzata razionalizzazione e geometrizzazione dell’arte, la prevalenza della linea e dell’angolo retto, davanti alla dimostrata esistenza di fenomeni della realtà al di fuori delle possibilità percettive dell’uomo. E’ l’inebriante scoperta di un mondo invisibile, fatto di radiazioni cosmiche, di onde magnetiche, di universi alieni, mai prima di allora rappresentati. Formalmente, nel nucleare convergono elementi surrealisti, simbolisti, dadaisti, espressionisti gestuali, riecheggiati anche nei “concetti spaziali” di Lucio Fontana e dei pittori dello Spazialismo. In realtà i pittori nucleari finiranno per esprimere anche le proprie nevrosi e le vane aspirazioni ad una rappresentazione di ciò che non si può rappresentare, giungendo generalmente a posizioni critiche nei confronti di un mondo sostanzialmente ingovernabile ed inconoscibile, pericolosamente in bilico su un imminente disastro nucleare.