Amalfi blitz dei carabinieri arrestati due pezzi da novanta della ’ndrangheta calabrese






PETRONILLA CARILLO Erano appena usciti da un noto ristorante di Amalfi e stavano ammirando alcuni gioielli in una vetrina, forse per un cadeau da portare alle loro compagne al rientro dalla Costiera, quando sono stati bloccati da alcuni agenti della squadra mobile e portati immediatamente a Salerno in caserma per le procedure di rito. Il fatto è accaduto tra le 21.15 e le 21.30 di giovedì sera in piazza Duomo ad Amalfi davanti agli occhi di decine e decine di persone. Gli uomini del vicequestore Carmine Soriente e del commissario capo Luigi Sorrentino hanno arrestato, in esecuzione di altrettante ordinanze di custodia cautelare, due pezzi da novanta della ’ndrangheta calabrese, Pasquale Giampà, 45enne pregiudicato reggente dell’omonimo clan per conto del cugino Francesco «o’ professor» ora detenuto in carcere, e Antonio De Vito, pregiudicato 34enne di professione imprenditore ma molto legato alla cosca malavitosa. Entrambi sarebbero coinvolti in una pressante attività estorsiva ai danni di un imprenditore vibonese. A coordinare le indagini, la squadra mobile di Catanzaro (diretta dal vicequestore Francesco Rattà) e un pool di investigatori dello Sco e del commissariato di Lametia Terme. I due arresti avvenuti l’altra sera in Costiera rientrano nell’operazione «Progresso» grazie alla quale sono finiti dietro le sbarre del carcere di Catanzaro anche altri due pregiudicati ritenuti braccio operativo della cosca. I quattro arrestati sarebbero responsabili di una richiesta estorsiva ai danni di un imprenditore che, proprio nel periodo di Pasqua, aveva consegnato nelle mani del racket una prima trance di denaro, circa 1200 euro. Secondo gli inquirenti, Pasquale Giampà è il reggente del clan: colui che dispone i «servizi» e da ordini. Antonio De Vito, invece, è un costruttore che orbita negli ambienti della malavita organizzata calabrese. I due, secondo quanto ricostruito dai poliziotti, erano ad Amalfi per «motivi di lavoro». Un particolare, questo, sul quale stanno ora indagando entrambe le questura di Catanzaro e di Salerno. Per capire la natura degli affari del clan Giampà. Due le piste battute: eventuale riciclaggio di denaro sporco (provento dell’illecita attività estorsiva) o attività da avviare nel settore edilizio tra Salerno e la Costiera. Gli ordini di esecuzione erano stati firmati dalla procura calabrese appena qualche ora prima. Ma i due pregiudicati erano nel mirino della polizia. È bastato dunque il raccordo tra le due squadra mobili per assicurare i due pregiudicati alla giustizia. L’accusa per entrambi è di estorsione, aggravata dal metodo mafioso. Gli arrestati sono stati condotti dietro le sbarre del carcere di Fuorni. Contestualmente in Calabria sono state eseguite altre 2 ordinanze di custodia cautelare.

Il Mattino