Giovanni Allevi: Angelico convulso

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Teatro Verdi tutto esaurito per il pianista-compositore che ha presentato la sua suite orchestrale “Angelo ribelle” in veste di direttore

Teatro Verdi ai piedi di Giovanni Allevi lunedì sera. Per l’attesissimo concerto del nuovo genio della musica contemporanea, il novello Mozart in jeans e Converse, che ci ha ricordato un po’ il Lee Curreri, il Bruno pianista e compositore intollerante alla rigidità della scuola, del serial Saranno Famosi, simbolo dei famigerati anni ’80. Si sprecano i termini per definire questo giovane, ma ormai quarantenne compositore, che si è costruito l’immagine del ragazzetto della porta accanto, al quale ci sembra poter perdonare tutto, grazie a quell’eterno sorriso stampato in volto: genialità, passione, originalità. Allevi si reputa anche filosofo e siamo costretti, a questo punto a citare la definizione di genio che ci offre Kant nella “Critica del Giudizio”: “Il talento di scoprire, si chiama genio. Ma questo nome si dà soltanto a un artista, cioè a colui che sa fare qualcosa, non a colui che conosce e sa molto; e non lo si dà ad un artista che imita soltanto, ma ad uno che è adatto a produrre in modo originale l’opera sua; e infine glielo si dà solo quando il suo prodotto è magistrale cioè quando merita, come esempio, di essere imitato”. Ovvero il genio dà la regola all’arte. Allevi ha principiato il suo concerto seduto ad un magnifico gran coda Bosendorfer. Pianista poco pulito, dal tocco incolore e a volte pesante, ha proposto Downtown, L’orologio degli Dei, Back to life e Piano Karate. Gli echi sono infiniti e non lontanissimi, a cominciare dal filone minimalista di Michael Nyman, del principio degli anni ’70, per passare a qualche ammiccante disegno ritmico appartenente al jazz della west-coast, nonché a qualche flash di sostakoviciana memoria. In assenza di Daniel Oren, si è poi messo alla testa dell’orchestra Filarmonica Salernitana, che presentava quale primo violino Gabriele Pieranunzi, autentica guida della formazione. L’orchestra se l’è cavata egregiamente barcamenandosi tra diversi cambiamenti di tempo della suite orchestrale Angelo Ribelle: Whisper, dal ritmo vivace e un po’ “fanfarato”, sulle tracce di Leonard Bernestein, sul quale si innesta una melodia a tratti spiccatamente orientaleggiante, a seguire Keep Moving, altra miniatura orchestrale, seguito dal più lungo e polifonico A Perfect Day, caratterizzato da una scrittura complessa e da una melodia molto ritmica. Echi new-age per il rarefatto Corale, prima di attaccare il liberatorio Angelo Ribelle, un tema stentoreo affidato agli ottoni, stranamente sferraglianti, (le sette trombe dell’Apocalisse?) sorretto da un ostinato degli archi. Ultimo set per pianoforte e orchestra, forse più godibile. Il primo pezzo, Foglie di Beslan, è basato su un semplicissimo tema in 4/4, costituito da una scala prima ascendente e poi discendente, compresa tra le note si e fa. La melodia viene enunciata dall’orchestra e ripresa poi al piano con abbondanza di note ribattute, e poi proposta ancora diverse volte, con differenti sfumature, fino a raggiungere l’apice tra il quarto e il quinto minuto, con il tutti dell’orchestra e del pianoforte e con un accompagnamento molto marcato dal punto di vista ritmico. Nel complesso un po’ ruffiano ma efficace, questo incipit si candida fin d’ora a fare da colonna sonora per qualche film. “Come sei veramente” è stata ri-arrangiata per orchestra e la melodia semplice e comunicativa è stata appesantita di inutile ciarpame armonico. In “Prendimi”, Allevi si è scatenato in un gioioso tema che corre senza posa lungo le note di una scala di mi maggiore. Brevissima sezione centrale più lenta, jazzata, e poi torna, incontenibile, il motivetto iniziale, in cui si fa anche il verso al minuetto rococò.

Chiusura del concerto con 300 anelli, un brano di carattere contrastante. Una prima parte lenta, con  lavoro cerebrale di orchestrazione, e una seconda parte nella quale il pianoforte protagonista gioca con un motivetto spiccatamente ritmico, in un solare do maggiore dotato di un finale godibile e divertente, quasi da ballare. Ben quattro i bis per accontentare un pubblico, non eccessivamente caldo: Whisper, Keep moving, Prendimi e Aria. Niente di nuovo, quindi, per il nostro presunto genio: il segreto è che Allevi  incontra il sentire di neofiti, appassionati e anche pseudo-critici, poiché la sua musica rassicura l’ascoltatore nell’affrontare le “rapide” di una illusoria “diversità”, costruita da un puzzle formato da coordinate di reperti di ogni tipo, che si riconoscono in buona parte delle sue composizioni, creando, così, inconsciamente, la percezione di un ordine che riesce a catalogare sentimento e sensazioni, riconducendoli alle tranquillizzanti regole di un micro-universo risolto e funzionante.

Olga Chieffi

 

 

 

 

 

 

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