Delitto Rostagno deciso dai boss, 2 arresti

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    PALERMO – Si apre, dopo ventun anni, uno squarcio di verità sull’omicidio di Mauro Rostagno: il delitto del giornalista-sociologo, uno dei fondatori della comunità Saman, ucciso la sera del 26 settembre 1988 a Lenzi (Trapani), sarebbe stato deciso ed eseguito da boss trapanesi. L’inchiesta della polizia di Stato ha portato alla conclusione che furono i boss ad ordinare l’agguato. Il gip del tribunale di Palermo, Maria Pino, ha emesso due ordini di custodia cautelare su richiesta dei pm della Dda, Antonio Ingroia e Gaetano Paci. I provvedimenti riguardano Vincenzo Virga, già capo del mandamento mafioso di Trapani, attualmente detenuto a Parma, indicato come il mandante, e Vito Mazzara, accusato di essere l’esecutore materiale, detenuto a Biella.

    «VOLEVANO ZITTIRLO» – I magistrati riconducono il delitto all’attività informativa e martellante di Rostagno condotta attraverso l’emittente Rtc Radio Tele Cinè. Un mese prima di morire, il giornalista stava preparando uno scoop. Per Ingroia e Paci che hanno chiesto il provvedimento, il movente è chiaro: «Muovendo forti ed esplicite accuse nei confronti di esponenti di Cosa Nostra e richiamando in termini di speciale vigore l’attenzione dell’opinione pubblica, Rostagno aveva toccato diversi uomini d’onore e generato un risentimento diffuso nell’ambito dell’organizzazione criminale». L’omicidio del giornalista sarebbe stato quindi deliberato in seno a Cosa Nostra: l’ordine di provvedere – sottolineano gli inquirenti – così come riferito dai collaboratori di giustizia è stato dato dall’allora rappresentante provinciale Francesco Messina Denaro (morto da anni e padre del superlatitante Matteo) e il mandato per l’organizzazione e la materiale esecuzione è stato conferito a Vicenzo Virga. Rostagno si era fatto dare una telecamera portatile dai tecnici della sua emittente. La cassetta con le riprese la teneva chiusa in un cassetto, in ufficio, e ne aveva fatto una copia che teneva in borsa: fu la prima cosa che i killer cercarono la sera del 26 settembre 1988, dopo avergli sparato. Il commando utilizzò due fucili calibro 12 (uno dei quali esplose tra le mani di un sicario) e una pistola. Otto colpi diretti alla schiena nel buio del piccolo borgo di Lenzi, fra Custonaci e Valderice, nel Trapanese.

    FONDAMENTALI GLI ACCERTAMENTI BALISTICI – Sono stati alcuni accertamenti balistici a dare un impulso decisivo all’inchiesta che ha portato all’emissione dei due ordini di custodia cautelare. Con la collaborazione tecnica del Gabinetto regionale di Polizia Scientifica di Palermo, tre bossoli e tre cartucce inesplose calibro 12 trovate sul luogo dell’agguato, sono stati sottoposti ad analisi comparative con i dati balistici relativi ad altri omicidi avvenuti in provincia di Trapani con le stesse modalità: l’impiego di un fucile semiautomatico calibro 12 e di un revolver calibro 38. Lo stesso modus operandi, compreso l’utilizzo di una Fiat Uno da parte dei killer, è stato riscontrato in altri tre casi: il duplice omicidio di Giuseppe Piazza e Rosario Sciacca, avvenuto l’11 giugno 1990 nel comune di Partanna; l’omicidio di Antonino Monteleone, commesso in contrada Marausa (Trapani) il 7 dicembre 1990; l’omicidio dell’agente di custodia Giuseppe Montalto, avvenuto il 23 dicembre 1995 a Palma, altra frazione del capoluogo. Per tutti e tre gli episodi la Corte d’Assise di Palermo ha condannato all’ergastolo il killer Vito Mazzara. Dal confronto balistico sono scaturiti ulteriori elementi che hanno permesso l’individuazione di “impronte da cameramento”, identiche per forma e dimensione, su uno dei tre bossoli sul luogo dell’omicidio di Rostagno.

    corriere.it              inserito da michele   De Lucia

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