NAPOLI, L´AMAREZZA DI DE SIMONE DOPO GLI ATTACCHI DI VELARDI

Più informazioni su

Nonostante l’intervento di Riccardo Muti, l’amarezza rimane e ci vorrà molto tempo a smaltirla. «Non meritavo uno schiaffo del genere da Napoli», si sfoga Roberto De Simone che all’ultima accusa (dell’assessore Velardi) di essere un «santuario», di essere «invidioso», per un attimo, quasi gli scappa l’unica risata di tutta questa faccenda: «Un santuario? Non lo sono affatto, forse, mi si confonde con il Conservatorio. Sull’invidia, poi, non capisco: uno come me di chi dovrebbe esserlo? Di Velardi? Di Scialò?». De Simone ieri pomeriggio è arrivato a Bari dove sta curando l’allestimento della Turandot. «Tutta questa vicenda – dice – mi ha amareggiato parecchio. E ora stare un po’ lontano dalla mia amata città non potrà farmi altro che bene. Basta, sgombro il campo e mi levo da mezzo per un po’». L’autore de «La Gatta Cenerentola», rispetto a due giorni fa, si dice più tranquillo: «Muti è un amico che si è indignato per quanto accaduto e ha voluto telefonarmi per darmi la sua solidarietà e dirmi che non devo sentirmi offeso perché nel mondo c’è molta gente che mi stima». E di telefonate, ieri prima di mettersi in viaggio, il maestro ne ha ricevute parecchie nella sua casa-museo di via Foria. «Mi hanno rasserenato» sussurra prima di sfogarsi ancora una volta ripercorrendo tutta la vicenda. «Io ho semplicemente ritirato il progetto che avevo preparato per il Conservatorio quando – racconta – mi è stato detto che avrei dovuto inserirmi in un progetto più ampio richiesto dalla Regione. Un progetto costato dieci milioni di euro e che io non conoscevo. Per questo, solo per questo, ho preferito defilarmi con il mio lavoro che stavo preparando, come sempre, gratis». Nessun veto, quindi? «Sarei un pazzo – spiega – solo a pensare una prevaricazione del genere, non è nella mia persona». E come sia arrivata questa comunicazione, De Simone lo chiarisce con tutti i dettagli. Compreso una lettera portata a mano da una persona per conto di Pasquale Scialò, coordinatore del mega progetto «Città cantante». «Mi chiama Eugenio Ottieri, che conosco da anni, per farmi visita. E, mentre si parla di Turandot, mi porge una lettera senza intestazione in cui mi si dice, per la prima volta, che la mia mostra farà parte di un progetto più ampio, e mi si intima di mettermi in contatto con i collaboratori di Scialò per definire i dettagli. Ho deciso così di defilarmi ma non ho mai vietato alcunchè a nessuno: che la facciano loro. Mica possono obbligarmi!». Eppure l’assessore al Turismo non la pensa così e spedisce una lettera dai toni piccati e offensivi a De Simone che ci resta male. Molto male. E così anche due giorni fa quando da Milano, Velardi ha rincarato gli attacchi contro di lui. «Un politico, una persona di potere non può dare certi giudizi. Io accetto – dice – tutte le critiche sui miei lavori ma sulla mia persona non le posso tollerare. Perché schiaffi così da questa città a cui ho dato tanto – dice con la voce incrinata – mi hanno ferito. Cose che non merita una persona che ha portato il nome di Napoli in giro per il mondo. Solo per amore e affetto perché io lavoro gratis per il Conservatorio e vivo solo della mia pensione da 900 euro al mese». È l’ultimo sfogo prima di ribadire un sogno purtroppo naufragato. «Si parla di intellettuali complici o emarginati – dice riferendosi al potere bassoliniano – ma io alla Regione non ho chiesto mai nulla. Ci provai solo tre anni fa auspicando che si restaurasse l’antico conservatorio di Sant’Onofrio a Capuana dove aveva studiato il Pergolesi. Non se ne è fatto nulla. Ma io non ne ho fatto un dramma». (Adolfo Pappalardo, Il Mattino)

Più informazioni su

Commenti

Translate »