Il dito di Bossi all´inno di Mameli? Vilipendio ma non da ministro»

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    VENEZIA – Il «gestaccio» di Umberto Bossi verso l’inno di Mameli configura l’ipotesi di vilipendio, ma non commesso in veste di ministro. A decidere sul dito medio alzato dal leader del Carroccio nel corso di un comizio il 20 luglio scorso dovrebbe così essere l’autorità giudiziaria di Padova e non il Tribunale dei ministri.

    LA DECISIONE – La sussistenza dell’ipotesi di vilipendio, ma con l’ esclusione del reato ministeriale, è contenuta nelle richieste finali trasmesse dal Procuratore aggiunto della Repubblica di Venezia Carlo Mastelloni al collegio dei giudici del Tribunale dei ministri. Spetta adesso al collegio decidere se accogliere o meno le richieste avanzate dal Pm veneziano.

    LA VICENDA – La vicenda, che aveva suscitato un vespaio di polemiche e prese di posizione a livello politico, è legata alle frasi e al gesto con il dito alzato da Bossi durante il congresso della Liga Veneta-Lega Nord a Padova. In quell’occasione, il leader della Lega aveva offerto alla platea dei militanti leghisti un passaggio dal forte valore polemico su quella parte dell’inno di Mameli che parla dell’Italia «schiava di Roma». «Non dobbiamo più essere schiavi di Roma – aveva affermato Bossi – L’inno dice che »L’Italia è schiava di Roma…’ Toh! dico io«. E aveva accompagnato le ultime parole con il ‘gestaccio’. Un atto che non era passato inosservato e che aveva portato la Digos patavina a inviare una apposita segnalazione alla Procura della Repubblica di Venezia ravvisando l’ipotesi di reato ‘ministeriale.’

    IL FASCICOLO – Da qui, l’apertura di un fascicolo come ‘atto dovuto’, ma anche l’impossibilità di compiere atti istruttori in quanto la competenza per le ipotesi di reati ministeriali è dell’apposito Tribunale. Il 6 agosto scorso Mastelloni aveva tratto le prime conclusioni trasmettendo il fascicolo al Tribunale del ministri, che ha una delle sedi a Venezia, e ora ha fatto pervenire le sue richieste finali. A sostegno delle sue tesi, il magistrato ha ribadito che l’inno di Mameli deve essere considerato inno nazionale e che è emblema dello Stato: un brano che rappresenta un momento di comunione tra il pubblico e i rappresentanti delle istituzioni civili e militari nel corso anche di cerimonie che onorano la memoria dei soldati e di tutti coloro che sono morti in nome e in onore dell’Italia.

    CORRIERE.IT           Inserito da Michele De Lucia

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