CALCIO NAPOLI: INVECE DELLA UEFA IL NAPOLI ORA PENSA ALLA SALVEZZA

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    Il Napoli firma la propria resa con l’Empoli, il pubblico del San Paolo – accorso in massa per l’ennesimo abbraccio con la squadra – contesta Reja e tutti diventiamo consapevoli della crisi nella quale gli azzurri sono piombati. Il tecnico, tuttavia, resterà al suo posto: continuerà, dunque, a navigare nella bufera che soffia sulla città del calcio. Per decifrare le matrici di questo ennesimo punto critico bisogna risalire al 20 gennaio scorso, quando si consumò la lite negli spogliatoi e lo strappo tra De Laurentiis e l’allenatore. Da allora nulla era destinato a restare come prima: venne minata quella tranquilla normalità che ora il club cerca disperatamente. Dopo essere stato protagonista e pietra dello scandalo, Eddy Reja rischia di diventare adesso per il Napoli un’occasione persa. Si parla troppo di lui, riveste un’importanza – legata all’eterno dilemma «meglio tenerlo» o «meglio esonerarlo» – che distrae dagli obiettivi davvero impellenti. Il problema di questo Napoli non è se l’allenatore debba essere accompagnato alla porta e nemmeno attendersi da lui che faccia lo spaccamontagne. Anzi, questa contraddizione forse può considerarsi superata. La vera preoccupazione deriva, piuttosto, dagli evidenti limiti di una compagine la cui forza sembra svanire partita dopo partita e la cui identità appare indecifrabile. Oggi non è né una formazione d’attacco e d’avventura e neppure un gruppo coeso, pratico che bada a raccoglier punti lasciando i fronzoli agli altri. Si è forse ecceduto nei dibattiti, ma di norma, mentre si discute dei princìpi, la vita reale scorre e pretende riscontri. Nel calcio attuale non sono ammessi rallentamenti: non vi è il tempo. E la finalità del Napoli è comunque continuare a crescere come squadra e come club. Putroppo il giorno del tonfo con l’Empoli lascia sul campo una fotografia nitida: questa squadra è soltanto una formazione iscritta alla lista della zona retrocessione. E come tale dovrà comportarsi, ben al di là dei moduli tattici che sono soltanto il mezzo per raggiungere un traguardo, non il fine. Lo scopo ora è ottenere quanto prima la permanenza in serie A, magari giocando non bene ma guadagnando in umiltà. Una serie di avvenimenti ha comportato il calo di tensione all’interno dell’organico ed ha forse contribuito a delegittimare Reja. Questi ha instaurato con i suoi effettivi un rapporto solido ma, ovviamente, non sufficiente ad evitare i rovesci. All’atto pratico il suo Napoli somiglia ad un convoglio che si avvia ad ogni impresa nella convinzione di una propria superiorità, salvo poi ritrovarsi smentito dal campo. Troppo a lungo ci si è cullati su questo stato di torpore invece di accorgersi della consapevolezza smarrita e della necessità di consumare le unghie per restare aggrappati all’obiettivo. Chissà, forse anche ieri sarebbe stata accettabile la sconfitta se fosse venuta in fondo a un infortunio, a un colpo a tradimento, a una partita sofferta ma dominata. Non c’è stato invece mai gioco, solo routine, solo espedienti affidati alla casualità, all’estro delle circostanze. I limiti della squadra azzurra sono ben visibili, al pari del carico che si porta dietro, in termini di attenzione ambientale e di potenziali sindromi da insuccesso. Forse solo ora cominciamo a capire cosa significhi davvero affrontare un campionato di serie A e quanto siano remote le ambizioni coltivate, almeno quanto è vicino il dilemma sulle sorti dell’allenatore.

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