I GIORNI DEL RICORDO E DELLE RADICI, LA VISITA AL CIMITERO foto

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Il primo ed il due novembre sono i giorni dedicati al ricordo e alle radici. I giorni della visita al Cimitero. Cimitero significa, dal greco, luogo di riposo, ed è il luogo dove si completano i riti funebri che simboleggiano il distacco dalla vita alla morte. L’antropologia odierna e molti storici concordano nel fissare l’inizio della civilizzazione e delle manifestazioni culturali e religiose dell’Homo sapiens proprio al momento in cui esso comincia a seppellire i morti della propria specie. Questi giorni sono dedicati ai nostri cari, ai nostri amici, ai nostri affetti, e alle nostre radici. Noi andiamo al cimitero di Positano, una lunga scala verso il cielo, per una strada che non c’è mai stata e forse non doveva mai iniziare, visto che ha sventrato l’ingresso a Liparlati, ma rimane il cimitero più bello del mondo. Un cimitero che potrebbe diventare storico e monumentale, ospita defunti celebri, come lo scrittore Essad Bay o la figlia di Stefan Andres, lo scrittore tedesco che qui è vissuto e al quale è dedicata la strada terminale per il cimitero. Ma è importante per ognuno di noi, per le proprie famiglie. Lungo la sua strada trovo ricordi e radici.. Bartolomeo, la sua umiltà, il non aver mai avuto niente regalato dalla vita, la sua fatica, il suo schiantarsi dal peso di darmi un pane.. un peso che lo ha ucciso, ma era felice di portarlo.. i suoi sogni e la sua testardaggine.. la sua bontà che mai mi svelava.. era mio padre. E’ ancora con me e mi sorride, sorride ad Anna. La sua forza, è la mia forza. Mia nonna Nennella, che tutti ricordano, stirpe, con Michele, che porta il mio nome, e aveva già l’abitudine, fra i primi a Positano, di leggere i giornali, e chissà se non mi legge, di una razza di “leoni”, mio nonno Salvatore e Camilla di Captach, che portandomi per mano per le scale del paradiso mi ha fatto amare la voglia di raccontare e di scrivere, lei che non poteva scrivere, lei mi è rimasta per sempre nel cuore. Così ognuno di noi trova amici e parenti che qui riposano, ognuno si ferma a ricordare e magari a riflettere sulla propria vita. E dirsi degno di averla vissuta se la si vive senza paura. L’ultima frase, misteriosa e improvvisa, il più grosso gesto d’affetto di mio padre, un padre con il quale non ho parlato molto, ma in un viaggio insieme, un momento felice, si girò e mi disse così “non aver paura”. E forse questo il messaggio che vogliono darci a tutti noi, non aver paura di vivere, mentre loro riposano.

Michele Cinque

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