A3, un chilometro costa 20 milioni

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    ROMA — Dicono gli esperti che si sarebbe fatto prima a costruire un’autostrada nuova. Soprattutto, si sarebbe speso meno. Per costruire la Salerno- Reggio Calabria ci sono voluti circa undici anni (dal 1963 al 1974) e una somma che oggi corrisponderebbe a 5,6 milioni di euro a chilometro. Per ammodernarla, di anni ne serviranno quattordici (dal 1998 al 2012) e si spenderanno 20,3 milioni al chilometro. Il conto è di 9 miliardi di euro, cioè 152 euro per ogni cittadino italiano, neonati e vegliardi compresi. Naturalmente, salvo sorprese. Per avere un’idea di che cosa significa una cifra del genere, basti pensare che per la realizzazione ex novo del tracciato collinare dell’autostrada tirrenica sponsorizzato dall’ex ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi e che l’attuale maggioranza contestava per l’impatto ambientale e i suoi costi eccessivi dovuti a gallerie e viadotti, era stata prevista una spesa di 14,9 milioni a chilometro.

    DUE CORSIE — Ma chi pensa che, dopo aver tirato fuori tutti questi quattrini, la sgarrupata A3 lascerà il posto a una highway californiana, resterà probabilmente deluso. Dei 443 chilometri, i primi 53 saranno a tre corsie più quella d’emergenza. Gli altri 390 rimarranno a due corsie, come oggi, più quella d’emergenza. Molto più belle, molto più larghe, molto più sicure. Ma sempre due: per una strada sulla quale passano 3.000 (tremila) Tir al giorno. Per non parlare dei disagi. Già ora ci sono 148 chilometri di cantieri. E oggi, primo ottobre, è la data prevista per l’inizio dei lavori sul tratto compreso fra Bagnara Calabra e Reggio Calabria. Nei giorni scorsi il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi non ha nascosto di essere terrorizzato, arrivando al punto da suggerire il rinvio dell’apertura del nuovo cantiere. Ma il suo collega delle Infrastrutture Antonio Di Pietro non ci sente. E neppure l’amministratore delegato dell’Anas, Pietro Ciucci: il rinvio comprometterebbe tutta la tempistica dei lavori. Almeno però Bianchi è riuscito a ottenere un centinaio di milioni di euro dalla Finanziaria per alleviare un po’ l’emergenza nell’area dello Stretto agevolando il trasporto dei Tir via mare da Messina al porto di Gioia Tauro, che farebbe scavalcare ai mezzi pesanti la terribile strettoia di Reggio.
    IL «GIRONE» — Un pannicello caldo. Ma è meglio di niente. Da mesi il tratto calabrese è un girone dantesco. I disagi vengono giustificati dall’Anas con il fatto che i lavori devono essere fatti «in sede», senza interrompere la circolazione dei veicoli. Ma questo spiega soltanto in parte perché il calvario sia destinato a durare, nella migliore delle ipotesi, ancora fino al 2012. Un giorno di ottobre di tre anni fa l’ingegner Carlo Bartoli, direttore centrale dell’Anas, ha allargato le braccia: «I gravi problemi della Salerno-Reggio Calabria partono da un’errata concezione dei progetti, che ha rallentato enormemente i lavori». Ma se la colpa vada addebitata (come sempre!) a chi c’era prima, o piuttosto le responsabilità non vadano cercate semplicemente, come ha detto non più tardi di un paio di mesi fa Fausto Bertinotti, alla «impotenza della politica», di cui l’autostrada A3 sarebbe secondo il presidente della Camera «il monumento», poco importa. Quello che conta è il risultato. E purtroppo l’autostrada Salerno- Reggio Calabria non è nemmeno un’eccezione. Qualche mese fa Di Pietro ha portato in Parlamento dei dati che dimostrano come un chilometro di linea ferroviaria ad alta velocità costi 13 milioni di euro in Francia, 15 in Spagna e 44 (quarantaquattro) in Italia: dove i cantieri si sono aperti 13 anni fa e non c’è ancora un tratto completo di linea funzionante. Intendiamoci, che la faccenda sia nata male e sia stata gestita peggio ancora, non c’è alcun dubbio. Tutto cominciò con una legge del 1961. L’autostrada l’aveva fortemente voluta l’allora leader socialista calabrese Giacomo Mancini che in seguito, come ministro dei Lavori pubblici, avrebbe gestito direttamente l’operazione. I lavori durarono lo spazio di tre cicli elettorali: quello del 1963, quello del 1968 e quello del 1972. E ne furono fortemente influenzati: una deviazione o uno svincolo non si negò a nessuno. È così che l’autostrada A3 in 443 chilometri di tracciato ha una cinquantina di uscite: una mediamente ogni 8,86 chilometri. Particolarità che ha sempre rappresentato un deterrente formidabile per il suo «pedaggiamento». Quando l’Italstat ci aveva messo gli occhi sopra, si calcolò che il costo per realizzare i caselli avrebbe imposto un pedaggio tre volte superiore a quello praticato sul resto della rete.
    NIENTE CONTROLLI — Ma senza caselli, vuol dire anche senza controlli. Quindi, terra di nessuno. Così sulla Salerno-Reggio Calabria è successo di tutto. Dagli scheletri rinvenuti nei canali di scolo, agli agguati a poliziotti e carabinieri a colpi di lupara, alle rapine con abbordaggio dei veicoli in transito: la più tragica finì con l’omicidio del piccolo Nicholas Green. La Salerno-Reggio Calabria poteva costare pure il posto a un ministro della Repubblica, quando nel 2005 il centrosinistra presentò una mozione di sfiducia nei confronti di Lunardi per un clamoroso ingorgo con centinaia di auto intrappolate sotto una tempesta di neve. Proprio Lunardi, che nel 2001, sedendosi sulla poltrona di responsabile delle Infrastrutture, aveva promesso: «L’autostrada sarà pronta nel 2004-2005. Ho già chiesto che si paghi il pedaggio». A promettere aveva cominciato nel 1987 Bettino Craxi: la Salerno-Reggio Calabria sarebbe stata sistemata con 1.000 miliardi, ovvero 983 milioni di euro di oggi. Cinque anni più tardi i miliardi erano diventati già 5 mila. Altri cinque anni e il preventivo salì a 6 mila. Nel 1999 il procuratore nazionale Antimafia Piero Luigi Vigna ammonì: «Nel Mezzogiorno arriveranno migliaia di miliardi per grandi opere fra cui il raddoppio della Salerno- Reggio Calabria. La mafia è già al lavoro». I lavori erano cominciati da un anno ma andavano a rilento. E continuarono così. Nel 2004 la Fillea Cgil denunciò che di quel passo sarebbero finiti nel 2040. Intanto il conto era salito a 6,9 miliardi di euro. Ancora tre anni e si è arrivati alla bellezza di 9 miliardi, con la previsione di chiudere nel 2011-2012. E mancano sempre i caselli
     

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