Positano, sulla Villa di Zeffirelli articolo de La Stampa

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MICHELA TAMBURRINO NAPOLI
Una storia fantastica quella di Franco Zeffirelli e del suo buen retiro a Positano, una storia di divi e sregolatezze finita in modo inglorioso, con un sequestro in piena regola. Fortunatamente nessuno li potrà vedere questi sigilli apposti dalla Guardia di Finanza di Salerno a protezione cautelativa delle «Tre Ville», (la magione arabeggiante suddivisa appunto in tre corpi successivamente costruiti) perché nascosti da vegetazione e frutti e fiori che si specchiano direttamente a mare. Ed è proprio questa eccessiva prospicienza che ha allarmato il sostituto procuratore Penna; costruzioni su demanio marittimo, impossibile da tollerarsi oltre.

Sette richieste di condono
Eppure sta lì da anni la più colpevole di tutte, la Villa Le Rocce. Sette le richieste di condono partite negli anni dalla proprietà, cambiata almeno due volte. Il regista se ne duole assai e giura che mai più quegli ingrati lo vedranno da quelle parti. Per la verità già da tre anni se ne era allontanato, liti tra vicini di agio, fatti poco edificanti. «E’ una cosa inaudita – tuona l’artista – Questa è una causa già risolta nel 1994 che la “mafietta locale” è riuscita a far riaprire forse per ostacolare la mia presenza a Positano. Tanto non ci andavo da tempo, infatti avevo già portato via la maggior parte delle mie cose».

Le sue «cose» non sono, come è possibile immaginare, una batteria di pentole antiaderenti ma i quadri di Matisse regalatigli da Coco Chanel, una collezione di mobili fiorentini del ‘400, ceramiche italiane, soprattutto napoletane e siciliane del ‘700 e svariate altre suppellettili di pregio. Perciò non è peregrina l’affermazione che scaturì spontanea dalla bocca di Carla Fracci, una delle sue ospiti più assidue, che ebbe modo di dire: «E’ il posto più bello del mondo, Un punto fermo». Ciò dicendo pensava anche alla bella vasca idromassaggio ricavata da un pollaio, rimesso al mondo grazie alle maioliche antiche dei maestri artigiani arrivati appositamente dalla limitrofa Vietri sul Mare. Nelle stanze arabeggianti partorite si consumava dal dolore Maria Callas, abbandonata dall’amato Onassis o Liz Taylor che adorava passeggiare per i terrazzi a gradoni sul mare. Tutto perduto? Gli indagati, sono otto, in concorso tra di loro per abusi d’ufficio, falso ideologico commesso da pubblici ufficiali in atti pubblici e truffa. Tra loro, l’amministratore unico della società proprietaria di «Tre Ville», Ipa srl, i due soci dell’Ipa che sono i figli adottivi di Zeffirelli e lo stesso regista, come conduttore dell’immobile.

Eppure l’artista non ha mai figurato come proprietario della villa (che a un certo punto voleva acquistare perfino Berlusconi, poi sconsigliato dai suoi avvocati). Lui si è sempre definito «ospite privilegiato», da quando i 4.315 metri quadrati di terreno edificato in parte, gli fu affidato dagli eredi di un giornalista americano, Donald Downes (che a sua volta grazie ai consigli di Zeffirelli l’aveva acquistata dalla duchessa di Villarosa) «Perché continuasse a farla vivere». E Zeffirelli la fece trionfare. Al riparo dei limoneti, il regista partorì i suoi film migliori. Lì Christopher Hampton, approfittando della fornitissima biblioteca, lesse per la prima volta «Le relazioni pericolose» di Laclos e ne fece un film. Lì le gemelle Kessler amavano ripensare alle coreografie di Don Lurio. Lì Sting compose una canzone. Dalle isole vicine, di proprietà, arrivavano in barca Eduardo De Filippo e il grande ballerino Nureyev. Si è sempre fantasticato di notti movimentate e di tant’altro. Ora i sigilli, per cristallizzare il mito.

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