UN DISEGNO DI LEGGE PER ABOLIRE L’IMPUNIBILITÀ DEGLI STATALI

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    Dipendenti corrotti, i licenziamenti saranno più facili

    Il governo: chi lavora nel pubblico perderà il posto anche se si sceglie il patteggiamento

    GIUSY FRANZESE Roma. Nessuna clemenza. Nessuna giustificazione. Il dipendente pubblico che si macchia del reato di corruzione sarà licenziato. Anche se patteggia la pena e quindi, dal punto di vista giudiziario, riesce ad ottenere uno sconto. Una volta che il reato è stato accertato e giudicato il rapporto fiduciario tra lavoratore e datore di lavoro, ovvero l’ente pubblico, è ormai crollato e quindi il dipendente corrotto non può tornare al suo posto. È l’altra faccia della meritocrazia che il ministro delle Riforme e Innovazione nella Pubblica Amministrazione, Luigi Nicolais, ha intenzione di far decollare. Premi a chi si comporta bene e svolge il suo lavoro con impegno e risultati visibili. Multe e sanzioni, fino al licenziamento, per chi non lavora, oppure lavora poco e male, o addirittura approfitta della sua posizione di pubblico ufficiale per commettere reati. La linea dura nei confronti dei dipendenti pubblici corrotti è stata approvata dal Consiglio dei Ministri prenatalizio (22 dicembre 2006) con il via libera al disegno di legge presentato dal ministro Luigi Nicolais intitolato ”Integrazioni e modifiche alle disposizioni sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare nella P.A.”. Esattamente il giorno prima lo stesso ministro aveva diramato una circolare (n.5/2006) sul ricorso ai co.co.co (collaborazioni coordinate e continuative) e agli incarichi di consulenza esterni. Una pratica molto diffusa che negli anni passati aveva fatto lievitare di non poco le spese delle varie amministrazioni pubbliche. Con la circolare il ministro ha voluto ricordare tutte le norme esistenti in materia e i paletti che già esistono nel ricorso a tali tipi di contratti: incarichi temporanei e a soggetti altamente qualificati solo nel caso in cui all’interno dello stesso ente non ci sia nessuno con quelle specifiche competenze; limiti di spesa. Il tutto, naturalmente, con lo scopo di stringere ulteriormente i cordoni della borsa ed evitare abusi. Non molti giorni prima Nicolais aveva varato un’altra direttiva, che obbliga la pubblica amministrazione a prevedere specifici obiettivi e lega i bonus dei dirigenti ai risultati. «Quando sono arrivato ho notato che tutti i quattrocentomila dirigenti del pubblico hanno una valutazione ottima. Non è possibile. C’è qualcosa che non va» osserva il ministro. La carota ma anche il bastone, quindi. Obiettivo ultimo dei vari provvedimenti – tante tessere di uno stesso puzzle – è quello di arrivare ad una pubblica amministrazione più efficiente. «Voglio restituire dignità al settore statale» afferma Nicolais. Conseguenza logica: chi si è mostrato indegno è fuori. È il destino che attende, appunto, i dipendenti pubblici che si sono macchiati di corruzione, concussione e peculato, in base al disegno di legge che il governo ha appena presentato in Parlamento (che dovrà a sua volta approvarlo affinché diventi operativo). Attualmente il licenziamento scatta se, con rito ordinario, il dipendente viene condannato ad una pena di almeno tre anni. Un limite che, insieme al patteggiamento, per molti ha significato la salvezza del posto. Patteggiando, infatti, si può ottenere lo sconto di un terzo della pena (nel caso di tre anni viene ridotta quindi a due anni). Il provvedimento Nicolais equipara, invece, chi subisce la condanna piena a chi patteggia. E obbliga, gli uffici amministrativi a comunicare tra loro lo stato dell’arte del procedimento penale. Cosa che oggi non avviene automaticamente. Per le condanne ad una periodo di reclusione superiore ad un anno la relativa sentenza dovrà essere trasmessa anche all’Ispettorato della Funzione pubblica, consentendo così al ministero di monitorare i comportamenti delle amministrazioni.

     

     

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