Santa Rosa a Conca incontro alla Soprintendenza

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    Si avvia ad una conclusione l’iter di approvazione del nuovo progetto di restauro dell’ex convento Santa Rosa di Conca dei Marini. In settimana, infatti, è attesa la decisione della Soprintendente di Salerno dove ieri si è svolto un incontro al quale hanno partecipato anche i rappresentanti di Italia Nostra. Il soprintendente Giuseppe Zampinotra qualche giorno potrebbe, dunque, definire la questione, mettendo fine, con un proprio decreto, al procedimento di autotutela avviato con la sospensione dell’autorizzazione (il via libera al restauro conservativo e alle opere di consolidamento fu concesso dal suo predecessore) al vecchio progetto finito lo scorso anno nell’occhio del ciclone. Ancora pochi giorni e si avrà qualche certezza in più circa l’esito delle valutazioni della Soprintendenza orientata, però, ad imporre maggior rigore al restauro conservativo dell’edificio storico collocato su uno sperone di roccia di agghiacciante bellezza. Il restauro conservativo e le opere di consolidamento sono ferme, infatti, già da un anno, in seguito al polverone sollevato nel febbraio del 2005 con la segnalazione di Italia Nostra alla Procura della Repubblica di Salerno. L’associazione ambientalista, attraverso il presidente della sezione di Salerno Raffaella De Leo, chiese di verificare il progetto di riqualificazione dell’albergo avviato con dichiarazione di inizio attività datata 28 gennaio 2004 e presentata (con protocollo n. 2 dello stesso mese) dalla società Santa Rosa proprietaria dell’immobile. “I volumi dello stato di fatto riportati nelle tavole di progetto sembrano alterati rispetto allo stato originario dei luoghi così come riportati nei documenti catastali e nelle pubblicazioni scientifiche”, scrissela De Leo, esattamente un anno fa,  nell’informativa recapitata anche alla Soprintendenza di Salerno e al sindaco di Conca dei Marini. Ma, secondo l’associazione ambientalista c’erano almeno altri tre punti da chiarire su quel vecchio progetto, successivamente sospeso in autotutela dalla Soprintendenza che ne chiese l’immediata revisione. A cominciare dai volumi tecnici e di sicurezza, definiti all’epoca “incongrui per estensione, per altezza dei vani e per le destinazioni dichiarate, tali da far presumere una destinazione d’uso diversa da quella indicata”. Italia Nostra, che giudicò la realizzazione delle due piscine “in evidente incompatibilità con il Piano Urbanistico Territoriale”, sollevò quindi il caso, che giunse anche sul tavolo del Ministro dei Beni Culturali al quale si rivolse il senatore Vincenzo Demasi il quale presentò un’interrogazione parlamentare per sapere se “i vincoli di tutela erano stati rispettati”.
    Mario Amodio
     

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