Il Maiale di Salvatore
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Il Maiale di Salvatore
L’inverno 1943 – 1944 fu uno dei periodi più difficili che conobbe Positano. Dopo lo sbarco di
Salerno, la guerra si era allontanata dalle nostre zone, ma aveva lasciato problemi gravi in tutti i settori. Il più grave era quello dell’ approvvigionamento alimentare. Per ragioni di sicurezza erano stati fatti saltare i due ponti stradali sulla nazionale, così Positano era rimasta praticamente
isolata. L’ unica via di comunicazione con il resto del mondo era la vecchia strada mulattiera che conduce a Santa Maria al Castello, un villaggio di Vico Equense, in montagna, che sovrasta Positano e poi. naturalmente il mare. Quindi la strada più sicura e pratica per approvvigionare Positano era affidata ai pescatori che con le loro barche trasportavano tutto ciò che riuscivano a trovare e di cui Positano poteva avere bisogno.
C’era uno scambio di merci particolarmente attivo con la costa Cilentana. La proverbiale arte di arrangiarsi ebbe modo di svilupparsi e dare il meglio di sé in tale periodo.
Salvatore, noto pescatore positanese ed esperto marinaio, fu tra i primi e più intraprendenti in questo particolare tipo di commercio di quel periodo. Padre di sei figli, in tenera età, sentiva maggiormente il bisogno e la responsabilità di provvedere alla sua famiglia. Pescava tonnetti, merluzzi, dentici, saraghi e ogni altro ben di Dio che il mare di Positano offriva e barattava il pescato con i contadini della montagna con provole di vario tipo, mozzarelle, ricotta, vino, frutta secca e quant’altro gli capitava. Caricava poi il tutto sulla sua barca, un gozzo alquanto capiente, e metteva la prua verso la costa Cilentana. Nei paesi del Cilento barattava poi i latticini con pane, farina, salumi vari ed altri alimenti che era difficile reperire a Positano.Il buon Salvatore aveva così creato una nuova catena alimentare, trasformando il pesce in pane, salumi e in quant’altro gli occorreva.
In uno di questi viaggi, non privi di pericoli di ogni genere, ebbe la singolare opportunità di scambiare alcuni provoloni ed una damigiana di vino con un maiale. Il maiale gli fu consegnato vivo, essendo pericoloso consegnarlo morto. Era merce soggetta al tesseramento annonario e se si veniva scoperti , si rischiava, oltre alla confisca della merce, una denuncia che si concludeva quasi sempre con qualche mese di carcere. Salvatore non si scompose più di tanto: il pericolo era il suo mestiere. Sistemò il maiale in una cesta, lo coprì con un sacco e lo legò con una fune robusta, poichè il maiale pesava circa sessanta chili.. Con a bordo un compagno di viaggio così singolare si diresse verso Positano.
La prima difficoltà fu stabilire l’orario di arrivo, non poteva sbarcare sulla spiaggia di Positano in pieno giorno in compagnia del maiale e portarselo a spasso fino a casa. No è mica un cagnolino, pensò Salvatore , e poi bastava una spiata ed addio costolette alla brace, oltre al resto.
Fece in modo di arrivare col buio, imbavagliò il maiale, lo infilò nel sacco e, con l’aiuto del figlio maggiore lo portò a casa. A questo punto si presentava il problema più serio: come ammazzare il maiale discretamente, senza farlo strillare senza, cioè, creare sospetti.
Imbavagliò la povera bestia e con un coltello da macellaio si accinse all’operazione più delicata, l’uccisione del maiale. Salvatore era un pescatore, sapeva come affrontare un pescecane ed ucciderlo, ma non aveva mai né pescato e tanto meno ucciso un maiale in vita sua. Accadde così che il maiale, liberatosi facilmente del bavaglio emise strilli così acuti da essere sentiti da tutta Positano. Salvatore riuscì ad uccidere il maiale, ma la paura fondata di essere stato scoperto dai militi annonari fu grande e reale. A questo punto ebbe un lampo di genio: Il Parroco.
Il Parroco don Saverio abitava un modesto appartamento con l’ingresso adiacente quello di Salvatore, il suo carattere , forte e determinato ne aveva fatto il padre affettivo e non solo spirituale di tutta la comunità positanese. Ogni positanese che aveva bisogno di qualcosa trovava una porta aperta un amico, un padre su cui poter contare. Inoltre all’epoca c’erano in Positano più di quaranta famiglie fuggite dalla persecuzione nazista, erano in maggior parte Ebrei, Russi bianchi e perfino uno scrittore iraniano. Era povera gente con scarsi mezzi di sostentamento e don Saverio si prodigava al massimo delle sue possibilità per aiutarli con generi alimentari, medicine e di quanto altro avevano bisogno.