Sensazionalismo giornalistico: che ne pensate?

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    Sensazionalismo giornalistico: che ne pensate?

     

     

    27/11/2013 ore 20:53

    Giornalismo allarmista text

    Potremmo chiamarlo giornalismo “allarmista”. Anche se probabilmente sarebbe meglio definirlo cattivo giornalismo e basta. Far leva sull’emotività è da sempre uno dei modi migliori per coinvolgere il lettore cercando di portarlo, seppur virtualmente, al centro della storia narrata. Nulla di male, se non per il fatto che, troppo spesso, si finisce per affidarsi esclusivamente alla paura ed al ≪pericolo≫, creando atmosfere d’allerta anche quando, effettivamente, non ve n’è motivo. Il che, seppur potenzialmente vantaggioso dal punto di vista del numero di copie vendute, rischia di tramutarsi in un vero e proprio boomerang a causa di un progressivo aumento della sfiducia verso chi scrive da parte di chi legge, sempre più abituato a sentir parlare di prossime catastrofi e cataclismi finendo così per considerarli semplici artifici retorici, non prestandovi eccessiva attenzione anche nello sciagurato caso di reali situazioni di crisi.

    Essere giornalista – Nel momento in cui riporta una storia od un avvenimento, il giornalista si trova puntualmente nella difficile posizione di dover riportare ≪il fatto≫ nella maniera più chiara ed oggettiva possibile, assicurandosi allo stesso tempo di rendere comprensibili agli occhi dei propri lettori gli eventi. Ma non sempre è sufficiente. Può capitare che la preferenza di un articolo rispetto ad un altro non sia solamente legata agli argomenti trattati, ma anche al modo in cui questi vengono trattati. Difficilmente un articolo composto da un freddo elenco dell’accaduto attirerebbe l’attenzione di molti lettori. Ma altrettanto difficilmente gli stessi lettori si sentirebbero completamente informati nel momento in cui gli venissero offerte sole opinioni personali (magari nemmeno richieste). È l’attento equilibrio tra ≪oggettività≫ e ≪soggettività≫ che rende un “pezzo” veramente interessante e che lo fa realmente preferire ad un altro. Non deve di conseguenza sorprendere l’attenzione, da parte di chi scrive, nell’individuazione di nuove formule e modalità utili ad attirare l’attenzione del proprio pubblico, qualche volta anche ≪osando≫ un po’ più del solito.

    La moderazione del reale – Il giornalista deve tuttavia sempre ricordarsi che il compito primigenio del suo lavoro è quello di portare informazione di qualità. L’abbandonarsi a semplici esercizi stilistici travisando completamente la sostanza dei fatti rischia non solo di ottenere l’effetto opposto a quello desiderato (l’assicurarsi il coinvolgimento dei lettori), ma di far perdere valore e credibilità alle proprie storie. Un problema che si manifesta con ancora più prepotenza nel momento in cui la sostanza viene subordinata allo stile. Di esempi al riguardo ne abbiamo sotto gli occhi molteplici quasi ogni giorno: non è affatto raro acquistare un giornale od ascoltare un telegiornale la cui notizia principale sia un allarme a causa del traffico, dell’influenza o della classica ondata di maltempo. Quante, delle numerose allerta diffuse, si traducono poi in reali situazioni di crisi? Poche, se non quasi nessuna. Finendo così per essere percepite come vuoti racconti, anche qualora fossero avvenimenti reali (o comunque prossimi).

    La difficoltà del professionista – Questo è solo uno dei tanti esempi che dimostrano per quale ragione essere un “vero” giornalista richiede grande attenzione e professionalità. L’utilizzo delle giuste parole, la scelta della tecnica più consona a raccontare un fatto e l’attendibilità delle fonti sono solo alcuni degli aspetti chiave per garantire un giornalismo di qualità. Qualità più che mai necessaria, specialmente per uno Stato democratico che fa, per sua stessa natura, dell’informazione e dell’attualità la linfa vitale per il proseguimento della propria esistenza. Le scelte che ogni giorno devono essere prese all’interno di moltissime redazioni non possono risultare legate solamente alla spettacolarità della notizia, ma anche e soprattutto alla sua correttezza.

     

    Riportato da Alberto Del Grosso

    Garante del Lettore

     

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