Pdl spaccato, Alfano non aderisce a FI: fallita l´estrema trattativa alla vigilia del Cn

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    ROMA – La vigilia di quella che da tempo si annunciava come una drammatica resa dei conti nel Consiglio nazionale del Pdl, è stata spesa da Silvio Berlusconi nel tentativo di un’estrema mediazione tra i due schieramenti del partito. Naturale crocevia della trattativa, palazzo Grazioli, che ha visto svolgersi il frenetico giro di consultazioni del Cavaliere. Quella che poteva sembrare decisiva è stata la riunione con Angelino Alfano e gli altri ministri azzurri. E in qualche modo lo è stata, ma attraverso il fallimento dell’operazione di ricucitura che avrebbe portato in serata il segretario del Pdl a proclamare, davanti ai suoi, la separazione dai lealisti berlusconiani, la non adesione alla nuova Forza Italia, la cui nascita sarà ufficializzata al Cn di oggi al palazzo dei Congressi e, naturalmente, la non partecipazione delle colombe all’assemblea dell’Eur, assieme alla costituzione di gruppi autonomi alle Camere sotto il nome di ”Nuovo Centrodestra“. «Mi trovo qui – ha detto Alfano – per compiere una scelta che non avrei mai pensato di compiere: non aderire a Forza Italia. Questa mia scelta – ha aggiunto – nasce dal fatto che queste settimane mi hanno dato la riprova di quanto abbiano prevalso le forze più estreme all’interno del nostro movimento». Poi, dal vicepremier, la rivendicazione del lungo percorso politico al fianco di Berlusconi a cui ha confermato la propria vicinanza: «Siamo amici del presidente Berlusconi a cui ribadiamo amicizia e sostegno. Lo sosterremo all’interno del governo, a iniziare da una giustizia più giusta e dall’abbassamento delle tasse». La decisione del segretario dopo il fallimento dell’ennesimo vertice di tutti i ministri azzurri col Cavaliere: tre ore spese inutilmente, che però avevano acceso qualche speranza di soluzione. Tant’è che era stato convocato un Ufficio di presidenza del partito che si sarebbe dovuto riunire in serata per modificare il precedente documento dello stesso organismo, in particolare sul nodo della stabilità del governo in caso di decadenza da senatore di Berlusconi, e – altra pregiudiziale dei governativi – prevedere i doppi coordinatori nella nuova Forza Italia. Possibilità di intesa, però, fallita – con conseguente annullamento dell’Ufficio di presidenza – soprattutto per le pressioni dei falchi sul Cavaliere. NESSUNA CAPITOLAZIONE D’altra parte, nessuna capitolazione da parte di Alfano, forte dei numeri sciorinati sul tavolo dell’ex premier, che davano dalla sua 30 senatori (26 Pdl e 4 Gal) e 26 deputati. In grado, quindi, di formare ampiamente i gruppi in entrambe le Camere e, soprattutto, di garantire la maggioranza del governo a palazzo Madama. Camera, questa, dove si registravano le prime conseguenze della rottura con le dimissioni da capogruppo del Pdl di Renato Schifani e del suo vice, Giuseppe Esposito, entrambi passati al Nuovo Centrodestra. Scandalizzate e zeppe di richiami al «tradimento» le reazioni dei lealisti allo strappo del vicepremier: il suo più diretto avversario, Raffaele Fitto, afferma che «da Alfano è venuto un atto gravissimo contro la sua stessa storia e contro Silvio Berlusconi, i nostri programmi e i nostri elettori. Il vero popolo di centrodestra giudicherà», sentenziava il capofila dei falchi di FI. Mentre Daniele Capezzone riduceva la svolta delle colombe ad «attaccamento non nuovo a poltrone e poltroncine». La storia della drammatica giornata di ieri non può dimenticare la mossa con cui Berlusconi ha cercato di mettere i filogovernativi pidiellini davanti ad una scelta secca: o con me e Forza Italia o contro di me e fuori dal partito. E’ in estrema sintesi, il contenuto di una lunga lettera-appello indirizzata a dirigenti e parlamentari del Pdl, in cui il Cavaliere, piuttosto che rispondere alle richieste delle colombe gettava la palla nel loro campo proponendosi come fautore dell’unità del partito e lasciando a loro la responsabilità dell’eventuale rottura. Tra l’atro, il Cavaliere metteva il partito davanti «allo spettacolo che la nostra classe dirigente ha offerto in questi giorni» chiedendosi «perché i moderati italiani dovrebbero unirsi a noi quando siamo noi i primi a dividerci». La lettera concludeva poi con una sorta di ultimatum: «Domani al Cn sarà l’occasione per confrontarci e discutere. Ognuno, dopo aver ascoltato e parlato, sarà libero di fare le sue scelte. Ricordandosi della responsabilità che il voto di milioni di persone ci ha affidato e che a loro e solo a loro ognuno di noi è chiamato a rispondere».

    DI MARIO STANGANELLI IL MATTINO.IT

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