Torre Annunziata. Matilde Sorrentino fu uccisa nel 2004 per aver denunciato dei pedofili. Stop protezione per i figli

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Napoli. Abbandonati e offesi nel loro dolore una seconda volta. Dopo nove anni il Servizio centrale di Protezione del Ministero degli Interni ha deciso: stop al programma che tutela i familiari di Matilde Sorrentino, assassinata a Torre Annunziata il 26 marzo 2004 per aver denunciato una banda di pedofili. Dai primi di settembre i due figli della donna uccisa a 49 anni con due proiettili al volto e al petto sull’uscio di casa, saranno esposti di nuovo al rischio. Anche se la decisione del Ministero parla chiaro ed ha una motivazione precisa: non c’è più alcun pericolo. Eppure Salvatore, 24 anni e Giuseppe, di 26, sposato e papà di due bambine, di cui una porta il nome della nonna, non hanno più una vita. Né un lavoro, né amici, né una città in cui vivere come persone normali. Dal 2004, l’anno in cui un killer, oggi all’ergastolo, trucidò la loro madre senza pietà, i due figli di Matilde hanno vissuto in una località segreta. Lontano da Torre Annunziata, dove sono nati e vissuti fino a quando erano ancora bambini. La tempesta nelle loro vite tranquille arrivò nell’autunno del 1996,quando Matilde insieme ad altre due mamme denunciò ai carabinieri una banda di pedofili che aveva abusato in una scuola elementare, il terzo circolo didattico di via Isonzo, tuttora esistente, di numerosi minori tra i 5 e i 7 anni. Una scoperta che gettò nella disperazione i genitori dei piccoli e che spinse Matilde a rivolgersi alle forze dell’ordine per fare giustizia per quei bambini, a cominciare da Salvatore, il minore dei suoi figli, che all’epoca dei fatti aveva sei anni. «Sono stata a trovarli pochi giorni fa – racconta Elena Coccia, legale della famiglia – I ragazzi sono disperati. Dopo aver subito il dolore per la perdita della madre, che aveva avuto il coraggio di denunciare chi aveva commesso quegli abomini, e dopo essere stati costretti ad abbandonare il luogo dove erano nati, oggi – a distanza di nove anni – hanno saputo di non essere più protetti dallo Stato. Una decisione che ci trova assolutamente in disaccordo, poiché nessuno può dire con certezza che i familiari di Matilde non corrano più rischi per la loro incolumità». L’omertà della comunità locale e l’ostilità verso Matilde e la sua famiglia iniziarono subito dopo la denuncia della donna ai carabinieri. In seguito, nelle varie fasi del processo, che portò alla condanna di diciassette persone, ritenute colpevoli di aver violentato quei bambini al Rione dei Poverelli, l’odio verso la donna crebbe sempre più. Fino al tragico epilogo del 26 marzo 2004. «Il giorno prima di morire – ricorda Coccia – Matilde mi telefonò. Era impaurita. Mi raccontò che mentre era al supermercato una donna la spintonò bruscamente e la insultò, intimandole di vergognarsi per ciò che aveva fatto e offendendo il figlioletto che aveva subito le violenze. Lei sapeva di essere in pericolo e il giorno dopo fu assassinata». Una storia, quella di Matilde, che a Torre Annunziata molti hanno voluto dimenticare, tranne chi – come i Salesiani – le ha intitolato una casa famiglia per minori. Oggi, trascorsi nove anni, la mamma coraggio del comune vesuviano torna a far parlare di sé. Stavolta perché i suoi due figli (il papà è morto qualche anno fa) non avranno più garanzie di protezione da parte delle istituzioni. «Come faremo a rifarci una vita? Già conducevamo un’esistenza da carcerati. Vorremmo tornare a Napoli,ma chi ci protegge? Non abbiamo un lavoro. Non possiamo prendere in fitto una casa, perché per un contratto di locazione serve la busta paga. I nostri figli non possono avere amici». Il caso dovrebbe arrivare nei prossimi giorni a Montecitorio, poiché Coccia ha chiesto al deputato Pd Vincenzo Cuomo di fare un’interrogazione parlamentare. (Giuliana Covella – Il Mattino)

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