Salernitana. Perrone: «Sono coerente. Ecco perché vado via»

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    Salerno. “Non pretendo di fare la squadra, ma devo allenarla”, aveva detto Carlo Perrone in tempi non sospetti. E sul contratto “non è una questione di soldi”. La verità del tecnico sta tutta in queste due affermazioni che a distanza di mesi hanno il sapore del vaticinio. Inizialmente si è parlato di “motivazioni personali”. Il gentiluomo Perrone aveva accentrato sulla sua persona le motivazioni dell’addio alla Salernitana già espresse con chiarezza a Marco Mezzaroma nella giornata di martedì ma tenute segrete fino alla nottata di mercoledì quando, a poche ore dalla partenza per il ritiro, l’ormai ex tecnico granata si è fatto da parte rompendo quello che era sembrato un matrimonio solido, nemmeno scalfito dalla mancata riconferma dello scorso anno. Al tecnico laziale non è piaciuta la campagna acquisti e facendosi da parte ha semplicemente evitato di trovarsi a fare da capro espiatorio a una situazione che poteva diventare esplosiva. Perrone aveva fatto una lista di calciatori indesiderati, o comunque non funzionali al progetto Salernitana chiedendo invece di averne degli altri per dare maggiore incisività al proprio gioco. Così non è stato. E non si tratta di un capriccio ma di coerenza, della quale Perrone è sempre stato esempio. “La differenza di vedute è netta – ha detto poi il tecnico interpellato a Radio Manà Sport – sono impopolare, ma la credibilità va oltre qualsiasi cosa. Abbandono una piazza che ringrazio per l’affetto e per il calore, è ancora più difficile farlo dopo due anni di successi. Quando interlocutori che si trovano di fronte restano agli antipodi, è inutile proseguire. Ringrazio la società per l’opportunità, probabilmente non sarei più stato funzionale per gli obiettivi futuri. Difendo le mie idee, non i miei interessi. Nel calcio è difficile, si trovano persone che non dicono, accettano per poi lamentarsi”. Il mister non ha dunque voluto prendersi la responsabilità di guidare una formazione che fino all’ultimo momento ha sperato potesse trasformarsi in quella che lui aveva immaginato prima che gli arrivi e le partenze smentissero quanto invece detto dalla società che gli aveva assicurato una certa autonomia. Il futuro? “Sono senza squadra – ha detto – non so se qualcuno mi chiamerà, vado avanti con la mia mentalità”. (La Città)

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