Castellammare di Stabia. Terme fantasama. Incuria e abbandono, lo stabilimento è a pezzi. Non ci sono fondi per riaprire

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Castellammare di Stabia. Un cigno nel laghetto. Quel che resta delle Terme. Abbandonate a se stesse e per la prima volta nella storia dello stabilimento del Solaro con i cancelli sbarrati. Probabilmente la stagione estiva finirà così, senza uno straccio di speranza per poter riaprire. Con tutti i lavoratori in cassa integrazione e un’azienda divorata dai debiti, non c’è altro da fare. “Non faccio altro che pensare alle Terme”, ha detto il sindaco Nicola Cuomo nel corso della presentazione della giunta. In effetti, con oltre 9 milioni di debiti, l’impresa sembra ardua. La privatizzazione del modello Agnano potrebbe spalancare le porte a una via d’uscita. Una soluzione ancora tutta da studiare. Nel frattempo i dipendenti gridano “fate presto!”. Non solo per la ricaduta occupazionale causata dalla crisi, ma soprattutto perché lo stabilimento è in uno stato pietoso. Strutturalmente è a pezzi, completamente da rifare. Più passa il tempo e più i danni crescono. Non ultimi una serie di raid che, non solo hanno danneggiato lo stabilimento, ma hanno provocato dei furti. Ad esempio quello delle fonti, avvenuto in nottata. Appunto, mancano i fondamentali. Nemmeno una guardiania, che quantomeno riuscirebbe a scoraggiare queste intrusioni notturne. L’incuria e l’assenza di manutenzione hanno fatto il resto. Benvenuti nello stabilimento termale fantasma. Chi è riuscito a visitare l’interno delle Terme racconta in una situazione raccapricciante, di completo abbandono. L’unico segno di vita è un cigno che “governa” ancora il laghetto. L’unico superstite. Per il resto, il danno più lieve è un albero caduto nei pressi del parco idropinico. Per non parlare di elettrodomestici che giacciono nei vialetti, un vecchio palco utilizzato per gli spettacoli al laghetto dei cigni. Bei tempi, anche se di crisi, quando le Terme erano almeno aperte al pubblico. Porte divelte e incuria ovunque. Questo è lo stabilimento termale, che per essere riaperto non avrebbe bisogno solo delle utenze (energia elettrica, gas e acqua), ma di un piano di manutenzione per non utilizzare il termine ristrutturazione. Soldi che non basterebbero mai. E che per ora non possono nemmeno essere stanziati per alleviare il debito nei confronti dei creditori. Servirebbero 9 milioni di euro, cifra che l’azionista di riferimento, cioè il Comune, non può concedere per le evidenti difficoltà anche della stessa amministrazione. Un cane che si morde la coda. E allora l’ultima e unica via d’uscita potrebbe essere davvero la privatizzazione. Quella che a pochi chilometri da Castellammare è stata messa in atto. Almeno questo dovrebbero essere le indicazioni anche del sindaco, che da giorni è alle prese con una situazione paradossale. Sono cento i lavoratori in cassa integrazione, altrettanti (gli stagionali) senza nemmeno un sussidio. Una crisi senza fine. L’immagine del cigno è emblematica. Sperando che non sia l’ultimo canto. (Metropolis)

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