Castellammare di Stabia. Droga nel centro antico, processo bis. Parte il giudizio d’appello per la gang familiare Vitale

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Castellammare di Stabia. Droga nel centro antico: parte il processo bis per la gang familiare dei Vitale, noti in città con il soprannome di “mariuoli”. Davanti alla prima sezione della Corte d’Appello di Napoli si è aperto il giudizio di secondo grado nei confronti di: Raffaele Vitale, ritenuto dagli inquirenti il capo della gang e che in primo grado incassò sei anni, i suoi figli Pasquale (condanna in primo grado 5 anni e 4 mesi) e Carmela (4 anni e 8 mesi) e la moglie Anna Farricelli (5 anni e 4 mesi), difesi dall’avvocato Antonio de Martino, nonché i complici Umberto Rotondale alias “topolino”, difeso dall’avvocato Ambra Somma, che in primo grado incassò sei anni, Catello Gargiulo alias “marijuana”, difeso dall’avvocato Antonio de Martino, che in primo grado fu condannato a 4 anni e 4 mesi e Nunzio Costabile che incassò 4 anni e 4 mesi. Ebbero tutti i domiciliari. Le difese ora puntano in particolare a smontare una delle prove principali su cui si è basata l’inchiesta che, nel febbraio 2012 portò alla raffica di arresti da parte dei carabinieri della compagnia di Castellammare, vale a dire le intercettazioni con cui gli inquirenti captarono le conversazioni in carcere tra il capofamiglia Raffaele Vitale e i suoi parenti. Secondo i difensori dei 7 imputati quelle intercettazioni non possono essere utilizzate: eppure, proprio ascoltando quelle chiacchierate tra il padre e i figli, gli inquirenti si resero conto che Raffaele Vitale continuava a gestire l’attività di famiglia, lo spaccio di sostanze stupefacenti, appunto. Nel giro di poco più di un anno Raffaele ‘o mariuolo era stato già arrestato, condannato e scarcerato sempre per questioni legate alla droga. Nonostante la detenzione per 32 dosi di cocaina trovate in casa sua, però, l’attività di famiglia – lo spaccio di hashish e cocaina – andava avanti. Affidata agli altri familiari: la moglie, il figlio Pasquale e la figlia Carmela. Dal carcere il capofamiglia dava indicazioni e disposizioni ai suoi stretti parenti sulla ‘roba’ da vendere pure in penisola sorrentina. Era a Vico Equense che il figlio Pasquale avrebbe poi ceduto, insieme al suo amico Nunzio Castellano, parte delle 32 dosi di cocaina che erano rimaste a casa, dopo che il padre era stato arrestato nel maggio 2011. A spacciare c’era pure Catello Gargiulo, alias “marijuana” che si consegnò ai carabinieri il giorno dopo agli arresti dei Vitale. Nel tentativo di ingannare gli investigatori usavano un linguaggio in gergo. La droga, così, veniva chiamata ‘caramella’, ‘torta’ o ‘cannoli’. L’operazione che portò agli arresti venne chiamata “Mickey mouse” dal soprannome “topolino” di Rotondale. (Alessandra Staiano – Metropolis)

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