Sorrento: Rapporto Legambiente, ecomostro di Alimuri al terzo posto in italia diventa un affare immobiliare.

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Sorrento: Legambiente, ecomostro di Alimuri al terzo posto.

 

di Vincenzo Maresca.

 

Sorrento. Figura al terzo posto nella speciale classifica nazionale “top five” stilata da Legambiente nel rapporto “Mare Monstrum 2013”, immediatamente dopo gli scheletri di Pizzo Sella a Palermo e le 35 ville costruite nell’area archeologica di capo Colonna a Crotone e davanti al villaggio di Torre Mileto a Lesina in provincia di Foggia ed agli otto scheletri ancora in piedi sulla collina a Quarto Caldo nel parco nazionale del Circeo. Il terzo incomodo è sempre lui. il famigerato scheletro dell’albergo mai terminato a ridosso della scogliera di Alimuri, all’interno della baia di Meta di Sorrento, ma sul territorio di Vico Equense. Dopo mezzo secolo i problemi sono sempre gli stessi con illeciti ed abusivismo edilizio che vanno ad aggiungersi alla pesca di frodo, depuratori difettosi, scarichi fognari ed inquinamento da idrocarburi che Legambiente segnala oggi in crescita, + 2.8% rispetto al 2011 e + 14.4% rispetto a gennaio 2010. Nell’arco del 2012 sono stati commessi 2864 nuovi illeciti, denunciate 4615 persone, proceduto a 1491 sequestri. Nella classifica nazionale per regioni la Campania è al secondo posto, preceduta dalla Sicilia e davanti alla Sardegna. Per l’immagine della penisola sorrentina lo schiaffo dell’ecomostro di Alimuri rimane emblematico, con un attacco legalizzato ad una delle più belle coste del pianeta grazie ad tortuoso parere rilasciato il 23 novembre 1963 dalla Soprintendenza ai Monumenti di Napoli a cui fa seguito la licenza edilizia n.67 del 9 marzo 1964 rilasciata dal Comune di Vico Equense ai soci Raffaele e Vittorio Esposito, Ermanno e Giovanni Apreda, Giovanni Sole, per la realizzazione di un albergo impossibile in località “La Conca”, a ridosso del confine geografico con il limitrofo territorio di Meta di Sorrento. La vicenda dell’ “Ecomostro di Alimuri” da allora è nota a tutto il mondo con lo scheletro in cemento e calcestruzzo che nei decenni ha mietuto vittime a ripetizione tra bagnanti e turisti ma che è rimasto sfacciatamente in piedi come simbolo dell’inerzia politica e burocratica discussa anche in Parlamento. Il mostro di cemento anziché essere abbattuto diventa un affare, viene venduto e rivenduto fino al 1993 raggiungendo l’incredibile cifra di 2miliardi e 700 milioni di lire, importo record per l’epoca per un rudere destinato ad essere buttato a terra. Nel 2007 viene stanziata per la demolizione un’altra cifra record, un milione e 100mila euro ma l’ecomostro è ancora lì.

 

 

 

 

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