ACCADDE OGGI IL ROGO DEL TRENO PIACENZA -SALERNO DOVE MORIRONO QUATTRO TIFOSI DELLA SALERNITANA foto

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    MEMORIA VIVA. Dopo 14 anni nessuno ha dimenticato Ciro Alfi eri, Enzo Lioi, Peppe Diodato e Simone Vitale

    Quante dediche nel loro ricordo Il loro ricordo ha sempre accompagnato la Salernitana. Da quel maledetto 24 maggio 1999, le società che si sono alternate negli anni e soprattutto i tifosi non hanno mai smesso di onorare la memoria di Enzo, Peppe, Ciro e Simone. Dalla dedica di Lombardi per la promozione in B del 2008 alla splendida scenografi a di un mese fa per celebrare il ritorno dei granata in C1. Domani, all’Arechi, la Salernitana alzerà (salvo clamorose sorprese) il primo trofeo della sua storia. Quale migliore occasione per ricordarli…

     

     

    L’incubo cominciò al risveglio. Perché non era un brutto sogno. Era tutto vero. Accadde oggi, il 24 maggio del 1999. Era un lunedì. Il cielo su Salerno era terso, eppure non splendente come al solito a cavallo tra il tramonto d’una primavera e l’alba d’una nuova estate. Per chi aveva visto Piacenza- Salernitana, ultima giornata di quel campionato di serie A, s’annunciava una giornata triste, perché la squadra granata era retrocessa e quella delusione sportiva pareva un macigno dal peso insostenibile per portarselo addosso in una settimana che stava per cominciare. C’erano stati 10mila tifosi del cavalluccio marino in Emilia. Chi aveva viaggiato in auto e pullman aveva fatto rientro a casa nel cuore della notte. Un tragitto di ritorno infi nito. Dilatato dalla delusione, dallo sconforto per quel pareggio del Garilli (che all’epoca chiamavano ancora Galleana) che aveva condannato la formazione di Oddo alla B. Una carovana silenziosa s’era rimessa in marcia lungo l’A1 in direzione Sud. Ricordo l’autogrill di Pontecorvo, quei bagni sporchi da fare schifo e un tifoso sulla trentina con la faccia rivolta al muro e lo sguardo fi sso verso un punto indefi nito del vuoto. Aspettavo il mio turno, quando mi accorsi che non era lì per «fare la pipì», semplicemente piangeva, e s’asciugava le lacrime con una sciarpa in lana della Gsf, strofi nandosi sugli occhi il simbolo ricamato di Popeye. Quell’immagine resta, però diventa nulla a confronto di quel che di lì a qualche ora sarebbe accaduto. Il mattino del 24 maggio, dopo un’odissea che persino chi c’era fece fatica a raccontare sino in fondo, il treno speciale Piacenza- Salerno, che trasportava oltre un migliaio di supporters granata (troppi) di ritorno dalla trasferta, fu dato alle fi amme a pochi chilometri dalla stazione del capoluogo. Una follia, l’ultima, d’un viaggio infernale. Il vagone numero cinque di quel convoglio di passione, che sarebbe poi diventato di morte, venne avvolto dalle fiamme. Fu una corsa per saltar giù e salvarsi la vita. In quattro non ci riuscirono. Ciro Alfi eri, Enzo Lioi, Peppe Diodato e Simone Vitale rimasero carbonizzati nel rogo. A quest’ultimo la storia riconobbe il sacrifi cio d’aver aiutato altri ragazzi a scappare, lui ch’era – oltre che pallanuotista – un vigile del fuoco. Erano tutti giovanissimi, da quel giorno sarebbero diventati gli «angeli granata», vittime d’una tragedia senza senso, che li strappò alla vita nel fi ore degli anni. A rivederle ancora oggi, le immagini di quel giorno di quattordici anni fa, la gola s’annoda, lo stomaco si blocca, il cuore va da sé ed accelera i suoi battiti: la mente riporta indietro, magari alla galleria di Santa Lucia, se non ci fosse stata… O a quello stop che il treno fece a Nocera, se da lì non fosse mai ripartito… E questi assillanti e ormai effi meri interrogativi svaniscono nella nuvola di fumo che avvolgeva la stazione di Salerno, dalla quale uno ad uno venivano fuori i ragazzi che avevano seguito la Salernitana a Piacenza. Chi veniva trasportato in ambulanza, perché ce l’aveva fatta a salvarsi la pelle, e chi come Ciro, Enzo, Peppe e Simone aveva trovato il prematuro capolinea della propria esistenza. Quel giorno cambiò molto, e non solo nella vita di quattro famiglie che non rividero più i propri cari. Cambiò la percezione – almeno in una larga parte del popolo salernitano – d’una sensazione, di gioia o dolore, fi glia d’un evento sportivo. Già, perché le lacrime di quel tifoso nel motel di Pontecorvo, seppur sincere e genuine, diventano nulla al cospetto di quelle d’una madre e d’un padre che piangono il loro fi glio. Perché tutto ciò? Quattordici anni dopo nessuno ha dato risposta, perché risposta non c’è. Resta solo il ricordo, quello sì, sempre vivo, come dimostra la commovente scenografi a con cui la Curva Sud dell’Arechi un mese fa ha salutato il ritorno della Salernitana in C1. Gocce di memoria per non prosciugare una speranza, ché quel 24 maggio del 1999 sia una lezione da tramandare alle nuove generazioni. Non è la solita e sterile retorica posttragedia, è che per chi ha vissuto quel giorno, adesso, nulla è più come prima. Né mai lo sara

    fonte:metropolisweb

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