L"armonia" della tastiera di Costantino Catena

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Abbiamo incontrato il pianista che si esibirà questa sera nella Chiesa di San Giorgio in Salerno, alle ore 19,30 con il quartetto Savinio, nell’ambito della rassegna “Armonia” promossa dall’EPT

 

Di Marina Pellegrino

 

Incontriamo il Maestro Costantino Catena, uno dei grandi interpreti del nostro tempo che ha fatto del pianoforte una vera e propria ragione di vita. Formatosi al Conservatorio Giuseppe Martucci di Salerno, sotto la guida del Maestro D’Ascoli, e specializzatosi con i migliori pianisti attivi in Italia, tra i quali Bogino, Bechterev e Ciccolini, il Maestro Catena ha espresso il suo impegno nella musica nel corso di  una carriera attiva, brillante e fresca. Grande interprete delle composizioni del compositore ungherese Franz Liszt, Costantino Catena ad oggi è uno dei migliori pianisti di livello internazionale in circolazione. Conosciamo profondamente il Maestro attraverso un’intervista gentilmente rilasciataci in occasione del suo prossimo concerto in formazione col Quartetto Savinio, nell’ambito della rassegna “Armonia – note di primavera nei luoghi d’arte”, ideata e organizzata dall’Ente Provinciale per il Turismo di Salerno, che ha avuto inizio il primo aprile e terminerà il 17 maggio, nei luoghi di Amalfi, Salerno,Palinuro, Ravello e Nocera. Marina Pellegrino: Partiamo dalla sua storia pianistica Maestro. Lei ha seguito un percorso accademico, suppongo.Quali sono state le tappe principali della sua formazione? E quali le eventuali difficoltà, se ne ha incontrate? Costantino Catena: La mia formazione pianistica, come quella di quasi tutti i pianisti campani, è partita dalla cosiddetta “scuola vitaliana”: durante i miei  anni di studio al conservatorio, fino al diploma, sono stato guidato dal M°Luigi D’Ascoli, allievo di Vincenzo Vitale e Carlo Bruno. In seguito ho integrato ed allargato questa formazione con l’aiuto di pianisti come Konstantin Bogino, Boris Bechterev, Aldo Ciccolini, Bruno Mezzena, Joachin Achucarro, Michele Campanella ed altri. Sicuramente una delle difficoltà principali è stata quella di riuscire a raffinare un percorso tecnico/musicale che tenesse conto di entrambi gli aspetti e non li considerasse parti separate di un unico evento, quello appunto musicale. In questo ho trovato determinante in particolare l’aiuto di Konstantin Bogino, che io considero un grande didatta, capace di trasformare in veri musicisti gli studenti che si affidano a lui. M.P.: Una domanda generale riguardo al concetto di interpretazione. Abbiamo una partitura, dunque un testo dettagliato e ricco di informazioni celate da una scrittura davvero particolare, oserei dire quasi soggettiva. Qual è il suo concetto di interpretazione, che margine di libertà ha l’artista? Cosa vuol dire interpretare secondo Costantino Catena? C.C.: Quando mi pongo il problema dell’interpretazione di un brano penso innanzitutto alla sua comunicabilità. Se vogliamo che il messaggio musicale giunga a tutti dobbiamo fare in modo che le sue articolazioni grammaticali, logiche e agogiche siano perfettamente comprensibili: è come parlare con un interlocutore in una lingua a lui comprensibile o in una lingua a lui sconosciuta. Una volta compiuta questa analisi, reso chiaro e comprensibile il messaggio in modo che possa giungere a tutti, le emozioni avranno ampia possibilità di essere comunicate senza il pericolo di essere fraintesi. Il margine di libertà (che è sempre una libertà “coerente”) può essere molto ampio, con i miei studenti uso spesso fare esempi tratti dalla recitazione: anche le parole della poesia “L’infinito” di Leopardi sono uguali per tutti, ma invito chiunque a leggerle e declamarle come, per esempio, Carmelo Bene. La capacità di un grande attore di smontare, sottolineare, analizzare e approfondire il testo in modo che emerga chiaramente tutta la sua struttura agogica e grammaticale è una cosa che dovremmo prendere più spesso a modello per l’interpretazione musicale.  Mi piace particolarmente il concetto spinoziano di interpretazione come necessità di andare oltre il senso letterale, che preso di per sé risulterebbe incomprensibile. M.P.: Ne approfittiamo per parlare del compositore il quale la terrà impegnato nel suo prossimo concerto il 20 aprile nella Chiesa di San Giorgio in provincia  di Salerno, con il quartetto Savinio. Un programma monografico e davvero travolgente e affascinante, apprezzato da un pubblico non “di nicchia”. Cosa pensa di questo tormentato musicista? Soprattutto ci parla del quartetto e del quintetto che eseguirà in questa magnifica formazione da camera?  C.C: Credo che Schumann sia il compositore romantico che meglio rappresenti la “Sehnsucht”  (Schneider dice che Schumann è tutto un vasto e molteplice“perché?”): questo senso di esaltazione romantica e di ricerca infinita è sempre presente nella sua musica e il suo genio è assoluto, nella sua complicatissima scrittura non c’è mai una nota fuori posto o inutile, tutto è finalizzato a regalare emozioni all’ascoltatore. In Schumann, musicista romantico per eccellenza, è la poesia stessa che si fa musica. Spesso però viene trascurato dai pianisti, probabilmente perché le sue pagine nascondono troppo dolore, il muto dolore del folle, che si può far sentire solo con la musica: egli ha cercato disperatamente di combattere la sua follia trasferendola nelle sue opere.  Al contrario, il quartetto e il quintetto hanno un carattere più sereno e meno inquieto, e questi due capolavori assoluti sono tra i più belli della musica da camera con pianoforte che siano mai stati scritti. Il quartetto è un gioiello di straordinaria eleganza formale e strumentale, che suscita intense emozioni dall’inizio alla fine, dalla calma serenità del primo movimento alla esuberante gioia di vivere del Finale,passando per il tenero e malinconico lirismo del famoso Andante cantabile. Il quintetto è un lavoro superbamente riuscito, spontaneo e toccante nell’ emozione. Come diceva la sua compagna di vita, la grande pianista Clara Schumann (a cui è dedicato il quintetto e di cui è stata la prima interprete),“esso è un lavoro magnifico, pieno di forza e di freschezza”. Rispetto al quartetto, che io ritengo più omogeneo dal punto di vista emotivo, il quintetto oscilla tra esplosioni di felicità e depressioni, tipiche della scrittura schumanniana. M.P.: Secondo lei quanto complica l’esecuzione il suonare in una formazione da camera? Qual è il segreto per creare quell’amalgama che coinvolge il pubblico? C.C.: Quando si fa musica da camera l’amalgama è assicurato dal livello dei musicisti, quando è omogeneo non ci sono problemi nel suonare insieme e le idee di ognuno contribuiscono a creare un prodotto di qualità. Il pubblico percepisce che la formazione è immersa nel “flusso” della performance e si lascia coinvolgere emotivamente. Naturalmente come dicevo prima il flusso si può creare solo a patto che il livello tecnico e musicale dei musicisti sia omogeneo e venga da un profondo lavoro di analisi e di studio insieme. M.P.: Collabora da tempo con il Quartetto Savinio? C.C.: Sì, con il Quartetto Savinio c’è da tempo un proficuo rapporto di collaborazione che sta sfociando in lavori e progetti per il futuro: dal 23 al 27 giugno registreremo questo programma (Quartetto e Quintetto di Schumann) perl a casa discografica giapponese “Camerata Tokyo” e in estate suoneremo insieme in vari festivals europei. M.P.: Ci parla del rapporto con Camerata Tokyo? C.C: Il rapporto con i giapponesi di Camerata Tokyo nasce nel 2011, quando mi chiesero – in occasione del bicentenario lisztiano – di registrare un cofanetto che comprendesse tutta la musica di Liszt per violino e pianoforte. L’anno successivo ho registrato per loro ancora un doppio cd di Liszt (Venezia e Napoli, comprendente tutte le musiche che Liszt ha dedicato a queste due città) e da quel momento ne sono nati in pochissimo tempo molti altri, quasi tutti da solista, nonché un invito al prestigioso festival di Kusatsu. I prossimi lavori con loro saranno ancora Schumann (Studi sinfonici e Sonate op. 118), Chopin (Sonata n. 2, Barcarola, Fantasia, Polacca-fantasia), un cd per flauto e pianoforte con il famoso flautista Mario Ancillotti e il Quartetto e il Quintetto di Schumann con il Quartetto Savinio, di cui abbiamo parlato prima. M.P.: Parliamo di pubblico. Talvolta oggi si sente parlare di distanza tra la musica classica e i giovani, poichè, magari anche per un pregiudizio, i contenuti della classica sono considerati ormai “estranei” al mondo moderno Cosa ne pensa? C.C.: Penso che sicuramente ci sia un problema, tra il pubblico e la musica“colta”, ma che non sia un problema di contenuti, perché la musica, quando è di qualità, è immortale come tutte le altre arti. Nessuno per esempio penserebbe che Picasso oggi sia inutile perché appartenente al passato: quello che comunica un’opera d’arte prescinde dal tempo, ed il bello artistico resta tale in eterno. Il problema credo che risieda altrove: nell’abitudine, prima di tutto. Mi è capitato spesso, dopo un concerto, di sentirmi dire “però è stato bello!”, come se ci si aspettasse necessariamente – quel “però” ne è la dimostrazione – noia e mancanza di comunicazione, come se la musica classica fosse un museo senza nemmeno una guida, ecco. Poi nella cristallizzazione di riti, come quello del concerto, visti spesso come inaccessibili dai giovani per i più svariati motivi, a partire dalla location per finire all’abbigliamento (anche il frac per esempio può risultare fortemente straniante, tra un po’ sarà un capo introvabile). Ancora, la società dei media spesso impone il pensiero unico e le mode, e il pubblico fa e segue semplicemente quello che – per interessi diversi – gli viene proposto. Non ultimo c’è anche un problema di musicisti: spesso la prassi concertistica e il meccanismo truce dei concorsi generano musicisti che fanno tante note e poca musica, e questo il pubblico lo percepisce benissimo. M.P.: Infine Maestro vorrebbe aggiungere dell’altro riguardo la rassegna “Armonia”? C.C.: Vorrei esprimere un plauso all’Ente Provinciale del Turismo di Salerno, ente organizzatore della rassegna “Armonia”, che ha fortemente voluto questo concerto: i tempi sono piuttosto grami per la cultura (abbiamo visto qualche giorno fa che l’Italia è agli ultimi posti nel mondo occidentale per la spesa in cultura e istruzione), e questa iniziativa assume particolare rilievo e importanza in un contesto di scarsa offerta culturale di qualità, qual è il nostro.

 

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