Caso Orlandi la Procura indaga su tomba del capo della banda della Magliana sepoltonella Chiesa di Sant´Apollinare

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    Caso Orlandi la Procura indaga su tomba del capo della banda della Magliana sepoltonella Chiesa di Sant’Apollinare L’esame delle impronte digitali, reso possibile dal buono stato di conservazione del corpo, ha confermato le impressioni emerse dai primi accertamenti seguiti all’apertura della bara dell’ex boss della Banda della Magliana per dare una svolta nell’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. I presenti, uscendo dalla basilica, avevano subito rivelato che nella tomba ”c’è il corpo di un uomo corrispondente a quello di Enrico De Pedis”.

    Dopo gli accertamenti esterni seguiranno altre ispezioni mediche coordinate dal medico legale Cristina Cattaneo (recentemente nominata dalla Corte d’Assise di Roma per fare chiarezza anche sulla morte di Stefano Cucchi e in passato impegnata anche nel caso di Yara Gambirasio) e il gruppo Labanof di Milano, coadiuvati da un’equipe di antropologi e archeologi forensi. Poi il cadavere del boss sarà trasportato all’istituto di Medicina legale della Sapienza per il test del Dna che ne accerterà l’identità. Oltre alla bara, sarà ispezionata anche la cripta in cui era tumulata e, in particolare, l’ossario che si trova annesso alla chiesa di Sant’Apollinare: duecento cassette con resti che precedono l’editto napoleonico sui cimiteri.

    ”Sono state aperte – ha spiegato l’avvocato Piergentili – tutte e tre le bare che custodiscono i resti di De Pedis. La salma è stata scoperta e sono stati eseguiti i prelievi, presumibilmente prelievi di tessuto visto lo stato di conservazione del corpo. Non mi risulta

      siano stati rinvenuti oggetti o foto. Oggi – ha sottolineato – è stato fatto un passo importante come importante è la collaborazione tra autorità italiane e Vaticano, un passaggio centrale per fare chiarezza”.

    Il “trasloco” della salma dovrebbe avvenire nei prossimi giorni anche se a Sant’Apollinare è arrivato anche il carro funebre che dovrebbe trasportare le spoglie di De Pedis che, subito dopo gli accertamenti disposti dalla Procura, dovrebbero essere traslate in un cimitero romano, probabilmente quello di Prima Porta.

    I legali dei familiari di Enrico De Pedis, Lorenzo Radogna e Maurilio Prioreschi, sono entrati nella chiesa di Sant’Apollinare a Roma dove nel cortile è stata aperta la tomba del boss della banda della Magliana per l’ispezione dei resti e prelievi. L’atto istruttorio si svolge in accordo tra Vaticano e Procura nell’ambito dell’inchiesta del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e del sostituto Simona Maisto sulla scomparsa della cittadina vaticana Emanuela Orlandi, avvenuta in circostanze ancora misteriose il 22 giugno del 1983 all’età di quindici anni. L’apertura del sarcofago è avvenuto nel cortile della basilica dove la polizia scientifica ha allestito una tenda per le operazioni e messo in campo alcune precauzioni sanitarie da prendere a causa delle esalazioni che potrebbero fuoriuscire una volta aperto il sarcofago.

    Per tutta la mattinata, fino al termine delle operazioni, la basilica nel cuore della capitale è rimasta off limits, protetta da un cordone di agenti di polizia ed alcuni carabinieri. Un assedio iniziato nelle prime ore della mattina. Non solo agenti di polizia e carabinieri, ma anche cronisti, fotografi, cameraman si sono riuniti nella zona intorno alla chiesa dove nella cripta è sepolto De Pedis, ucciso in un regolamento di conti il 2 febbraio 1990 a Campo de’ Fiori. Tanto che la polizia ha dovuto transennare la strada per permettere ai mezzi di entrare all’interno dell’edificio che ospita anche la Pontificia Università della Santa Croce. Presente il procuratore aggiunto, Giancarlo Capaldo, e il capo della squadra mobile di Roma, Vittorio Rizzi. Anche i turisti si sono fermati sul sagrato incuriositi. La perizia sui resti è stata disposta dalla Procura di Roma. L’avvocato Radogna assiste la vedova De Pedis, Carla Di Giovanni, mentre Prioreschi assiste i due fratelli del boss della Magliana.

    ISPEZIONE A SANT’APOLLINARE, BASILICA ASSEDIATA

    Il fratello di Emanuela Orlandi, Pietro, era arrivato accompagnato dal suo legale, Nicoletta Piromallo, nonostante non fosse stato convocato ufficialmente ma ha chiesto di presenziare alle operazioni di apertura della tomba. “Finalmente si può mettere un punto a questa pista, una delle tante. Che Emanuela non era nella basilica di Sant’Apollinare non avevo dubbi – ha detto all’uscita – La mia non è una battaglia ma un atto d’amore nei confronti di mia sorella. Ha subito un’ingiustizia, non le hanno permesso di vivere la sua vita”. “La banda della Magliana se ha avuto un ruolo eè stato solo di manovalanza, i mandanti sono sicuramenti altri altrimenti non si spiegano ventinove anni di silenzi da parte delle istituzioni – ha aggiunto – Sono contento perché oggi da parte della magistratura eè stata dimostrata la volontà di fare chiarezza. Devo ringraziare chi ha aderito alla petizione per fare verità sulla scomparsa di Emanuela, ad oggi sono 80mila, più il gruppo Facebook che 11.600 iscritti. Non si può restare ancora nel silenzio e far dimenticare questa vicenda ed è giusto cosi se non vogliamo che giustizia non sia più un’utopia”. “Non ho potuto assistere all’apertura del sarcofago – ha poi continuato – Quanto fatto è un passo importante. E’ un dubbio che andava fugato. Emanuela è stata rapita perché era cittadina vaticana”.

    Anche Pasquale Lo Russo, cugino di Emanuela, si era presentato alla basilica per dire “Poco fa ho sentito la mamma di Emanuela, che è mia zia. Mi ha chiamato. Lei voleva venire ma non se l’è sentita. Io non credo nella pista della banda della Magliana”. In mano ha una foto di Emanuela , con in calce la scritta di aderire alla petizione per far luce sulla vicenda. “Quando ho saputo della scomparsa ho pensato a una scappatella amorosa. Non avrei mai pensato ad una cosa del genere. Grazie all’interessamento del papà e poi a Pietro che hanno avuto questa caparbietà di poter andare avanti per cercare di portare a galla la verità oggi si sta verificando qualcosa di buono sperando che sia positivo – ha continuato il cugino – Spero che la verità venga a galla. E’ un’incognita cosa c’è nella tomba. Qualcosa verrà fuori”.

    La decisione della Procura di riaprire la tomba è arrivata in seguito alla testimonianza dell’ex compagna di ”Renatino” De Pedis, Sabrina Minardi, la quale rivelò che a sequestrare Emanuela Orlandi fu proprio il boss. E a una telefonata alla trasmissione televisiva ”Chi l’ ha visto” del 2005: “Riguardo al fatto di Emanuela Orlandi – disse – per trovare la soluzione del caso, andate a vedere chi è sepolto nella cripta della basilica di Sant’Apollinare e del favore che Renatino fece al cardinal Poletti, all’epoca”. Capaldo già circa due anni fa fece un sopralluogo nella cripta. Una visita che fu organizzata informalmente dopo l’audizione, quale persona informata sui fatti, di Pedro Huidobro attuale rettore della basilica che collaborò all’iniziativa. Esaminando la cripta è emerso come al suo interno sia sepolto, in una piccola stanza con porta autonoma le cui chiavi sono in possesso solo del rettore e di Carla Di Giovanni, vedova De Pedis. Una tomba costruita in modo analogo a quelle papali, proprio da uno dei marmisti che lavorò per la Santa Sede. Oltre a ciò, nella cripta, vi è un ossario, ove sono posti, senza alcuna indicazione o identificazione, gli scheletri di soggetti che in precedenza erano depositati senza alcun criterio nello spazio sottostante la basilica i cui cunicoli, ora chiusi, permettono di raggiungere la scuola di musica frequentata da Emanuela.

    De Pedis fu ucciso il 2 febbraio 1990 in un regolamento di conti a Campo de’ Fiori. Sepolto inizialmente al cimitero del Verano in un loculo di famiglia, la vedova riuscì a farne tumulare la salma a Sant’Apollinare grazie al via libera dell’allora arcivescovo vicario di Roma, Ugo Poletti, ottenuto anche in relazione a una dichiarazione scritta di monsignor Pietro Vergari, anch’egli già sentito dagli inquirenti. Allo stato nell’ambito di questa inchiesta risultano infatti indagati Sergio Virtù, Angelo Cassani, detto ‘Ciletto’, Gianfranco Cerboni, detto ‘Gigetto’. Tutti soggetti che hanno fatto parte del gruppo che ha infiammato la capitale tra gli anni Settanta e Ottanta. Gli indagati sono stati individuati sulla base di una serie di riscontri oltre che dalle dichiarazioni di pentiti della banda della Magliana. Tutto ripartì da dichiarazioni rese in diversi momenti da Sabrina Minardi, ex compagna per un periodo di Renatino.

    “Finalmente lo hanno fatto”. Con queste parole l’avvocato Lorenzo Radogna, legale di Carla Di Giovanni, vedova di Enrico De Pedis ha commentato le operazioni effettuate a Sant’Apollinare. “Tutta l’ispezione è stata condotta con grande correttezza – aggiunge il legale – e con senso di rispetto per il defunto”. Quando l’iter si sarà chiuso, “i resti di De Pedis saranno o tumulati nella cappella di famiglia al Verano o cremati. La signora Di Giovanni non ha ancora deciso”.

    “Ora l’ispezione della tomba di De Pedis – commenta Walter Veltroni, che alcune setimane fa aveva presentato un’interrogazione aprlamentare sull’argomento – è il segnale di grande sensibilità e attenzione da parte della Procura alla ricerca della verità giudiziaria per il rapimento di Emanuela Orlandi. Ora è necessario andare avanti per eliminare l’anomalia della sepoltura del boss della banda della Magliana in un luogo sacro, anomalia che offende i cattolici e tutti i cittadini onesti. E andare avanti per cancellare i dubbi e il buio che sinora ha circondato il rapimento e la sorte della giovanissima Emanuela: lo dobbiamo a lei, alla sua famiglia, al nostro Paese. Per questo l’impegno della Procura e degli inquirenti è un buon segno”.

    (14 maggio 2012)

     

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