Pagani risveglio amaro dopo il terremoto del commissariamento

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Fabio Jouakim INVIATO DE ll Mattino Pagani. Il sabato le porte del municipio sono sbarrate anche di primo mattino. Ma per dirla con le parole di un conoscitore delle cose municipali, che preferisce rimanere anonimo, «oggi sono più chiuse del solito». A giudicare dalla finestra aperta subito sopra, qualche inquilino c’è. Ma non è certamente questo il sabato indicato per aprire agli spifferi velenosi, il giorno successivo al secondo scioglimento per camorra della storia di Pagani. Chissà cosa avrebbe pensato oggi Bernardo D’Arezzo, politico paganese sei volte al Parlamento e ministro nel governo Cossiga, se non fosse scomparso ventisette anni fa, risparmiandosi anche il primo scioglimento del comune, che si affaccia sulla piazza a lui intitolata. Di fronte al municipio ci sono pochi capannelli. Ma camminando tra le vie della città le riunioni spontanee sono tantissime. Piccoli gruppi che discutono animatamente, e l’argomento è sempre lo stesso. Impossibile far finta di niente e godersi la giornata di sole: a ricordare quello che è successo, casomai ce ne fosse bisogno, sono le decine di locandine, che da ogni edicola gridano la notizia dello scioglimento. Ma per i paganesi non c’è bisogno di immergersi nella lettura dei giornali, per conoscere i fatti che da mesi attraversano e condizionano la vita della città alfonsiana. Un anziano ed elegante signore si abbassa verso un’auto, per salutare un amico, ed esordisce amaro: «Stamattina mi sono svegliato con la tristezza». La stessa amarezza di un altro paganese che racconta, chissà perché sempre con la garanzia dell’anonimato, «che questa cosa non fa bene alla città, è un marchio che non meritiamo di avere addosso». Il sentimento della gente sembra diviso tra la speranza solare di un futuro migliore e una sorta di scura rassegnazione, come se questo terremoto fosse annunciato da tempo e si trattasse di aspettare solo il momento della scossa. Innocenti e colpevolisti, mentre, curiosamente, da alcuni muri occhieggia la locandina di un libro, «Il casalese», che proprio oggi pomeriggio viene presentato in una galleria d’arte di Pagani. Un’insospettabile signora di mezza età, con carrello della spesa, discutendo con un’amica, quasi urla: «Colpa di quel Panico…». Ce l’ha con Amerigo Panico, proprietario del centro commerciale Pegaso e grande accusatore dell’ex sindaco Alberico Gambino nel processo «Linea d’ombra». Poco lontano, un cliente di un bar di corso Padovano racconta che questa invece è l’occasione per ripartire: «A Pagani ci sono decine e decine di persone per bene, di giovani che vogliono cambiare le cose. Questo è il segno che è arrivato il momento di rimboccarsi le maniche». Annamaria Torre è la figlia di Marcello, avvocato e sindaco paganese ucciso dalla camorra l’11 dicembre del 1980. Referente a Salerno di «Libera», l’associazione contro le mafie, oggi vive in costiera, ma non è mai andata via da Pagani. E adesso dice amara: «Lo scioglimento del Comune? Un cerchio che si chiude, visto quello che è accaduto in città dallo scorso 15 luglio. Ma non perdo la speranza, come penso non la perdano i cittadini di Pagani onesti». E la risposta della città? «L’aspetto da trentuno anni. Oggi per i cittadini paganesi è umano avere un momento di sconforto. Ma è compito di tutti non fare spallucce e girarsi dall’altra parte, ma decidere da che parte stare. Altrimenti gli onesti si sentono lasciati soli».

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