Sorrento venduta Villa Tritone a una russa di vent’anni per trentacinque milioni di euro

(ANTEPRIMA) A dir poco sconcertante, a Sorrento venduta Villa Tritone ad una russa di vent’anni per trentacinque milioni di euro. L’armatore Mariano Pane ha ceduto ad una misteriosa ragazza della Russia, ma residente a Parigi, Kamilla Dzhanashiya, un gioiello della storia della penisola sorrentina. Venerdì consiglio comunale infuocato perchè il comune ha diritto di prelazione che Cuomo sembra non voler esercitare. “Faremo battaglia in consiglio comunale venerdì – dice Rosario Fiorentino a Positanonews – perchè Sorrento non può perdere questo bene che è un pezzo di storia, quello che molti non sanno è che l’atto di vendita è stato già fatto per cui si dovrebbe intervenire per annullarlo.”

Nella Terra delle Sirene, a Sorrento, a picco sul mare, affacciata sul golfo di Napoli, c’é Villa Tritone, sospesa sulla scogliera tra il mito e la leggenda. Il mito é quello letterario che parla di visitatori illustri come Ovidio in quella che era, nel I secolo d. C., la residenza di Agrippa Postumo, nipote di Augusto. La leggenda é quella raccontata da Plinio e da Stazio secondo cui le Sirene in queste terre avevano dimora. Il maremoto che seguì all’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. ricoprì il luogo prima d’acqua, poi d’oblio, fino al Medioevo. Dopo un millenario letargo, sulle rovine dell’antica dimora, fu costruito nel 1200 un convento per monache di clausura dell’ordine di Santa Chiara, che passò poi alla regola di San Benedetto. Nel 1558 il convento, che aveva preso il nome di San Vincenzo, fu invaso dai Saraceni che fecero scempio dell’edificio e della virtù delle sue abitanti. Il convento distrutto fu ricostruito un decennio più tardi dai Domenicani che ripresero a coltivare gli orti dove, fra ulivi ed erbe officinali, arrivarono i primi agrumi portati forse da qualche frate dal Medio Oriente. Il convento restaurato divenne luogo di pellegrinaggio per Torquato Tasso che lì si recò più volte per confidare le sue pene a frate Fabiano, priore del convento, quando venne a Sorrento nel 1577 per visitare la sorella. Quando, nel 1799, i monasteri furono soppressi, il convento fu lasciato dai frati e adibito ad altri usi. Divenne, nel 1809, ospedale civile. Nel 1835 fu concesso ai Gesuiti che vi rimasero fino al 1860, anno in cui l’antico monastero fu venduto a un privato che conservò al giardino quell’aura di mistero e di incanto. Nel 1888 la proprietà fu acquistata dal barone calabrese Labonia che, sulle rovine dell’antica villa romana, costruì la sua dimora e, in omaggio al ceruleo sperone di tufo che la sosteneva la chiamò “Aux roches grises”. Al giro del secolo, in piena Belle Epoque, lo stravagante William Waldorf Astor, landlord e magnate dell’editoria, comprò la villa, demolì senza alcun turbamento il convento, e creò un superbo giardino, aggiungendo percorsi romantici e una collezione di piante esotiche che non tardarono ad acclimatarsi. Ai resti della villa romana si adattarono a meraviglia, e ancora oggi sono in sintonia con il contesto, palme rare, cicadacee, centenarie Beaucarneae, monumentali Strelitziae Augusta, un antico esemplare di Encephalartos, mescolati ai vetusti olivi del convento. Dal 1943 al 1945 la casa ospitò Benedetto Croce che diresse abilmente la ricucitura della Nazione martoriata dalla guerra e ricordò quegli anni in un diario che titolò “Quando l’Italia era tagliata in due”. Dai primi anni Settanta gli attuali proprietari, Rita e Mariano Pane, custodiscono con amore questo straordinario patrimonio di storia, arte, natura.

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